Una donna da record mondiale al Giro d’Italia

La storia di Paola Gianotti, detentrice di tre Guinness World Record, in questi giorni sulle strade del Giro a favore della sicurezza dei ciclisti

Di laRegione

Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, disponibile anche nelle cassette di 20 Minuti per tutto il fine settimana.

Dai suoi quasi 30mila chilometri pedalati facendo il giro del mondo in 144 giorni ha portato a casa due cartoline indelebili. «I tramonti nel deserto di Atacama, con il cielo che continuava a cambiare colore, e l’incontro con un signore giapponese. Stavo pedalando nel deserto australiano di Nullarbor e faceva caldissimo. Quando ho visto quella macchietta non ho potuto non fermarmi. Comunicavamo a gesti e mi ha fatto firmare la sua bandiera. Non dimenticherò mai l’espressione dei suoi occhi: vedevo la libertà derivata dalla sua scelta di vita, di semplicità, di non essere legato alle apparenze, fuori da qualsiasi contesto sociale. È stato un bello scambio di energie». 
Ma al di là di questi ricordi che ancora la fanno emozionare, il giro del mondo iniziato l’8 marzo 2014 – che le è valso un record mondiale per essere stata la donna che l’ha portato a termine in meno tempo – ha segnato anche un nuovo inizio per Paola Gianotti. «Ho preso questa decisione coraggiosa di cambiare la mia vita», ci racconta la 38enne originaria di Ivrea, in Piemonte. Il coraggio è proprio il perno attorno a cui è ruotata la decisione di dare una svolta durante un periodo difficile, tant’è vero che il suo inseparabile motto è «Keep brave», traducibile in «Sii coraggioso».

Sulla propria strada
La vita professionale di Paola ha inizio, dopo la laurea in Economia e commercio, nella sede milanese di un’importante società di consulenza finanziaria. «Mi sono fatta influenzare dalla mia famiglia sulla scelta della facoltà. Poi al lavoro mi ero convinta che le ambizioni della società fossero anche le mie: avevo la sicurezza di un ottimo stipendio e un ruolo da manager. Ma ben presto mi sono accorta di essere incastrata in un mondo che non mi apparteneva». 
È così che Paola nel 2008 lascia il suo impiego sicuro per tornare in Piemonte e mettersi in proprio aprendo una società attiva nell’organizzazione di eventi e di teambuilding per le aziende. «Ho iniziato ad avvicinarmi a un mondo che sentivo più mio, ma dopo 3 anni e mezzo ho deciso di chiuderla perché non riuscivamo a stare in piedi». In questo momento di crisi in cui Paola spiega di aver toccato il fondo e di aver rimesso in discussione sé stessa, arriva il desiderio di dare una forte sterzata alla sua vita. «Sapevo che solo compiendo un’impresa particolarmente impegnativa avrei potuto ricrearmi un lavoro», spiega, aggiungendo che l’ispirazione del viaggio attorno al mondo in bicicletta le è venuta mentre stava facendo canoa con un’amica a Napoli. Sì, i viaggi e lo sport sono sempre stati due grandi passioni, al punto che fin da piccola sognava di fare l’atleta professionista. Ma la preparazione per il giro del mondo con l’obiettivo di portarsi a casa il record ha richiesto un grande impegno a livello organizzativo, fisico e mentale, durata più di un anno. Ciononostante, Paola è convinta: «Assolutamente sì, lo potrebbero fare tutti – risponde senza esitazioni quando le chiediamo se chiunque potrebbe imbarcarsi in un’impresa di tale portata – a patto di crederci fino in fondo. Io quando ho avuto quest’idea, nella mia testa era come se l’avessi già concretizzata». «All’inizio mi sono sentita molto sola in questa scelta», racconta. «L’unico che ci credeva era il mio compagno. Gli altri mi davano della pazza, compresi i miei genitori. C’era incredulità e poca fiducia. Sono stata io a far cambiare loro idea, hanno capito che era quello che dovevo fare». 

Sognando l’infinito (e oltre)
Il giro del mondo è stato portato a termine non senza momenti difficili, raccontati con sincerità assieme alle emozioni più belle nel libro ’Sognando l’infinito’. Basti pensare che durante la traversata degli Stati Uniti Paola è stata investita riportando la frattura della quinta vertebra cervicale. Ha però potuto mettere in stand-by il tentativo di record e, una volta tornata in sella, ha continuato con altrettanta grinta. In generale quest’esperienza le ha insegnato che il fisico è importante, ma non prevale. «La preparazione mentale fa la differenza. Se non ci fosse la mente a supporto della fatica, il corpo non andrebbe oltre i suoi limiti», spiega la ciclista che ora di professione fa la mental coach e la speaker motivazionale. «Mi chiamano nelle aziende per raccontare la mia storia, quale esempio di determinazione e resilienza. Vado anche nelle scuole a fare sensibilizzazione sulla sicurezza e per far passare il messaggio che ognuno è protagonista della propria vita».
Paola non ha smesso di pedalare nemmeno in seguito. A luglio 2015 è stata l’unica donna a partecipare alla gara di ultracycling considerata la più dura al mondo che prevede l’attraversamento di tutta la Russia, a gennaio 2016 ha pedalato da Milano a Oslo per consegnare la candidatura della bicicletta al Nobel per la pace, a maggio 2016 si è aggiudicata il secondo Guinness World Record per aver attraversato i 48 Stati americani in 48 giorni, a cui l’anno successivo si è aggiunto il terzo record mondiale per aver attraversato il Giappone in 9 giorni. Parallelamente a queste due imprese, Paola ha anche portato avanti un progetto umanitario per l’Africa riuscendo a donare assieme ad Africa Mission Cooperazione e Sviluppo 74 biciclette ad altrettante donne dell’Uganda e in seguito creare una piccola officina meccanica. «Se il giro del mondo è la mia impresa più grande, questa è quella di cui vado più fiera», sottolinea.

Io rispetto il ciclista
Accompagnata da un team di cinque persone e due camper, dal 10 maggio Paola è impegnata in una versione alternativa del Giro d’Italia: le tappe sono le stesse, ma vengono percorse un giorno prima, con l’obiettivo di promuovere la sicurezza sulle strade con il motto «Io rispetto il ciclista». Una campagna già messa in pratica lo scorso anno, accompagnata da Marco Cavorso, il cui figlio Tommaso è morto a 14 anni mentre si stava allenando in bici. «Quella che si verifica ogni giorno sulle strade italiane è una strage silenziosa», spiega Paola, che ha fatto sua la volontà di riuscire a modificare il codice stradale imponendo una distanza minima di 1,5 metri durante il sorpasso di un ciclista. Una proposta esposta anche in parlamento a Roma. 
Il Giro si concluderà il 31 maggio, dopo che Paola avrà pedalato tanti chilometri ma anche partecipato a molti eventi con l’intento di sensibilizzare. E poi cosa sogna? «Al momento non sto pianificando nulla, mi dedico agli aspetti più sociali del mio lavoro. Mi piacerebbe continuare il Giro d’Italia per diversi anni e, prima o poi, pedalare da Venezia a Pechino e anche dal Cairo a Cape Town per chiudere il cerchio del mondo».

Per strade più sicure (anche in Svizzera)
La sensibilizzazione si fa sentire anche in Svizzera: si è svolta a fine aprile a Berna un’azione organizzata da Pro Velo per chiedere il rispetto di una distanza laterale sufficiente quando si sorpassa un ciclista, alla luce del fatto che il 10% di incidenti che coinvolgono automobili e bici è causato da manovre di sorpasso azzardate. Attualmente nel nostro paese la distanza minima non è definita dalla legge, a differenza di altre nazioni tra cui Irlanda, Spagna, Portogallo e Germania (almeno 1,5 metri). E sempre in materia di sicurezza è proprio la sezione Ticino di Pro Velo che qualche anno fa ha lanciato l’app ’Punti critici‘, uno strumento molto utile per chi si sposta in bicicletta nella Svizzera italiana. Scaricando l’applicazione sul proprio telefono è infatti possibile sia segnalare situazioni ritenute insidiose per i ciclisti, sia scorrere una mappa interattiva che raccoglie quanto indicato dagli altri utenti per un totale di 221 segnalazioni. Si va dall’asfalto rovinato alle immissioni pericolose sulla ciclopista. Ciascuna indicazione sarà analizzata e segnalata alle autorità cantonali o comunali competenti.

Ultim’ora
L’impegno di Paola e dei suoi amici non è passato inosservato e ha portato i primi frutti. Finalmente infatti è arrivata nella vicina Italia la legge che introduce nel Codice Stradale il limite di sicurezza di 1,5 metri di distanza in caso di  sorpasso del ciclista da parte di un veicolo. Se questa legge è stata inserita nella bozza del nuovo Codice il merito è dunque anche della nostra Paola. Brava e complimenti!

CURIOSITÀ
I numeri del giro del mondo di Paola. Ovvero 29’595 chilometri e non poche difficoltà:
– 175’430 metri di dislivello;
– 536 panini, 405 banane e 270 barrette di cioccolata consumati; 
– 32 forature;
– 24 dogane e 3 deserti attraversati;
– 2 caschi rotti;
– 14 km in autostrada;
– 110 giorni di vento;
– 16 attacchi di cani randagi. 

Articoli simili