I panchinari delle colonne sonore horror italiane
Dieci film per dieci raccolte di brani che raccontano, in musica, massacri, demoni, terrore, cannibalismo e altri brividi lungo la schiena (se avete il coraggio)
Di Di Sandro ‘Tondo’ Bassanini e Mario Fasciano
Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, allegato a laRegione.
Era la metà degli anni Settanta e in uno scantinato romano quattro pischelli rimasero alzati fino a tardi, decidendo nel giro d’una notte di cambiare il nome del loro gruppo da Oliver a Goblin. Quella stessa notte composero quello che si sarebbe rivelato uno dei più memorabili, riconoscibili riff nella storia del cinema horror. Il tempo in 7/4 rimanda agli intervalli variabili di Stravinskij e Mussorgskij, resi celebri dai Beatles di ‘All You Need Is Love’ e più tardi riutilizzati alla grande da Genesis, Soft Machine, Yes, Gentle Giant. E dai Pink Floyd, naturalmente. Dopo quella nottata Claudio Simonetti e i Goblin si trovarono catapultati tra le stelle, vendendo oltre un milione di copie solo in Italia e restando in cima all’hit parade per 52 settimane consecutive. Fu allora che dal nulla le colonne sonore dei film horror italiani sfondarono nell’immaginario collettivo, col risultato che ora sono ricercate con bramosia dai collezionisti di vinili di tutto il mondo.
La voce di chi ‘ha visto (sentito e suonato) cose’
Oggi mi trovo qui col maestro, musicista e compositore Mario Fasciano in una località segreta Covid-free, manteniamo le distanze sociali e naturalmente NON ci stiamo scolando tutta la birra a portata di mano. Batterista napoletano, Mario si trasferisce a Londra nel 1971 e lì, per i successivi tre anni, fa esperimenti alchemici mescolando il Prog britannico con sonorità e strumenti tradizionali della sua città. Tornato in Italia si mette a comporre e arrangiare colonne sonore per la tivù, il teatro e i dischi e collabora coi fratelli Giuffré, i Platters ed Enzo Cerusico. La carriera lo porterà a registrazioni e tournée con personaggi del calibro di Irio De Paula, Rick Wakeman (Yes), Steve Morse, Ian Paice e Don Airey (Deep Purple), Francesco di Giacomo (Banco del Mutuo Soccorso) e Brian Auger.
Tra un sorso e l’altro ci mettiamo a parlare di lati B nelle colonne sonore horror. Mario è un vero esperto e sa cosa ci vuole per realizzare un riff satanico, il momento giusto per inserire un organo stridente, insomma tutti gli ingredienti per mandare il pubblico in fibrillazione e fargli dimenticare che davanti agli occhi hanno una scenografia da 250mila lire a star larghi. Cominciamo con una domanda: “La cucina migliore, dall’India al Libano all’Italia che fu, è quella di chi ha imparato a ovviare alla povertà mescolando spezie e ingredienti semplici. È così che un piatto di pasta o di riso diventano un capolavoro. Vale la stessa cosa per le colonne sonore degli horror italiani?”. E il Maestro risponde: “Tondo, sei vissuto troppo lungo in America, dove il 95% delle canzoni scritte negli ultimi 35 anni si possono suonare usando solo tre corde. In Italia abbiamo una lunga tradizione di musicisti professionisti. Io stesso sono stato accompagnato alla musica da mio padre, primo violino nell’orchestra del Maestro Anepeta, a sua volta primo violino al San Carlo di Napoli. A differenza degli americani che riescono sì e no a leggere la musica, la nostra è stata una formazione professionale. Ci siamo messi a sperimentare negli anni della ribellione giovanile, ma a partire da basi solide. Poi aggiungiamoci una certa passionalità, un po’ di inventiva e di temperamento, ed ecco che si può trasformare un horror di serie B in qualcosa che tiene incollate le orecchie degli spettatori”.
Mario Fasciano.
Ok, ma adesso fuori i nomi…
Ricondotto severamente all’ordine, lascio perdere la birra da supermercato e tiro fuori le bottiglie più esotiche e artigianali dei birrifici locali. Chiedo umilmente: “Mario, io e te apparteniamo a un’epoca nella quale gli uomini mantenevano le promesse. Ma sei sicuro di sapermi fornire la lista dei 10 panchinari delle colonne sonore horror italiane?”. Il Maestro: “Tondo, mannaggia ’o suricillo e pezza ’nfosa*! Il problema semmai è fermarsi a dieci! Allacciati le cinture e andiamo oltre Goblin, Ortolani, Fidenco, Savina, Morricone, Piccioni
e compagnia bella. La partita è andata ai supplementari, ora lascia che i Panchinari la risolvano!”.
* Antica espressione napoletana di arcana origine. Secondo il portale vesuviolive.it, “un’analisi superficiale porta a una traduzione letterale, cioè mannaggia al topolino e alla pezza bagnata”. In questo caso il detto si rifarebbe all’usanza di introdurre pezze bagnate fra la porta e il pavimento per impedire a piccoli roditori di entrare in casa attraverso la fessura. Quindi si fa riferimento ad un problema di poco conto, un topolino, a cui già è stata trovata la soluzione, la pezza bagnata. Eppure, il significato potrebbe essere molto meno innocente. Un tempo, infatti, l’imprecazione era “mannaggia ’o piripillo e ’a pippilosa”, dove i due termini sono vezzeggiativi per nominare il pene e la vagina. Evidentemente, nella tradizione un’imprecazione tanto esplicita è stata censurata con “suricillo” e “pezza ’nfosa”.
LA CLASSIFICA
10. Daniele Patucchi
ʻDimensione violenzaʼ (1984)
Un documentario dell’orrore diretto da Mario Morra che alla quarta traccia propone “Bella Blue”, già abbastanza orrore di per sé. Patucchi aveva già sfiorato il pantheon della musica horror nel 1978 con Eutanasia di un amore, che però alcuni critici non ritengono appartenere al genere horror. Inquietante.
9. Walter Martino
ʻParano aka Nervi a pezziʼ (1980)
Nato a Milano, Walter Martino è figlio d’arte come me, ed è un gran bravo batterista. Questo è l’unico pezzo per il quale si è avventurato nell’horror, tirando fuori una gemma prog/jazz/fusion. Senza tempo.
8. Manuel De Sica / Carlo Maria Cordio
ʻSette scialli di seta giallaʼ (1972)
Figlio del famoso regista Vittorio, Manuel De Sica ha scritto oltre cento colonne sonore, in particolare quella per Il giardino dei Finzi Contini. In questa particolare occasione Manuel lascia la sua formazione classica per cesellare un capolavoro funk. Poison Claw, in particolare, riesce a mantenere la sua leggerezza Funky mentre allo stesso tempo ritiene una struttura musicale esigente. Possessivo.
7. Piero Montanari
ʻLa casa 3ʼ (1988)
Bassista di mestiere, qui Montanari spreme fuori tutto il suo repertorio più sinistro in un crescendo di tracce spiritate. Horror d’ambiente per antonomasia. Spettrale.
6. Nora Orlandi
ʻIl dolce corpo di Deborahʼ (1968)
La prima compositrice del cinema italiano, è nota per l’imperitura colonna sonora de Lo strano vizio della signora Wardh, giallo erotico del 1971 dominato da Edwige Fenech. Ma già tre anni prima, sul lato B di questo disco troviamo I Robot, che si lascia alle spalle le trasognate tracce iniziali per confezionare una sorta di salsiccione acquitrinoso, destinato a diventare uno standard per gialli e horror di quei tempi. Saporito.
5. Alessandro Alessandroni
ʻLa terrificante notte del demonioʼ (1974)
Rimasta inedita e riesumata solo nel 2014 da qualche fissato giapponese, questa colonna sonora include classici istantanei quali Demon Arise e Devil’s Nightmare, mix perfetti di suoni spettrali e voci femminili. Ancora una volta dobbiamo ringraziare i giapponesi, tra i fan più sfegatati della musica italiana prog/alternativa/elettronica/horror. Inquietante.
4. Gianni Ferrio
ʻUna sull’altra aka Perversion Storyʼ (1969)
Free jazz e psichedelia si scontrano in questa colonna sonora rarissima, la cui edizione originale del 1969 si vende oggi a oltre 500 franchi. Ostico a tratti, ma esempio perfetto di come far bollire lo spettatore in un brodo di follia musicale e angoscia, prima del climax finale. Prezioso.
3. Walter Rizzati
ʻQuella villa accanto al cimiteroʼ (1982)
Un’accozzaglia di organi, sintetizzatori e strumenti elettronici per una delle colonne sonore più inquietanti mai realizzate. Vi farà venire l’ansia e disturberà i vostri sogni. Minacciosa.
2. Carlo Rustichelli
ʻLa frusta e il corpoʼ (1965)
Qui ci avviciniamo alla vetta con una composizione eccezionale che va ben oltre l’orrore. Melodie suadenti vengono improvvisamente interrotte da tonalità violente e instabili, così da indurre lo spettatore alla paura. Abbiamo a che fare con un campione d’una certa taglia, una specie di Muhammad Ali della musica horror. Olimpionico.
1. Roberto Donati
ʻDie Rache Der Kannibalen aka Cannibal Feroxʼ (1981)
Un doveroso tributo alla Svizzera che ne pubblicò la musicassetta – solo formato reso disponibile – nel 1989, dopo che per anni nessuno aveva osato. Brava Svizzera! Il film si presentava come “il più violento di tutti i tempi”, censurato per questo in 31 Paesi (secondo un’affermazione di marketing mai confermata). Il tema centrale presenta delle specie di tamburi Apache circondati da una sapiente tessitura di sonorità cupe e voci tenebrose. Selvaggio.
→ Eccoci qui insomma, anche se potrei andare avanti ancora tutto il giorno. Tondo? Tondooooo? Dove ti sei cacciato? Ehiiiiiii?