I robot non sono (solo) macchine

‘Siamo programmati per fare qualsiasi cosa / E quello che vuoi sarà fatto”. Ma nell’ultimo romanzo di Kazuo Ishiguro le cose sono più complesse, diciamo

Di Jacopo Scarinci

Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, allegato a laRegione.

‘Quando la Madre parlò di nuovo, risultò più ovvio che stesse dicendo a me.
– A volte deve essere bello non avere sentimenti. Ti invidio. 
Ci pensai e dissi: – Io credo di avere tanti sentimenti. Più cose osservo, e più acquisisco accesso a nuovi sentimenti.
Scoppiò a ridere, facendomi trasalire.
– In tal caso, – disse, – forse dovresti perdere un po’ la voglia di osservareʼ.
Kazuo Ishiguro, Klara e il sole (Einaudi, 2021)


Un romanzo per tre copertine (scegliete voi)

‘Siamo programmati per fare qualsiasi cosa /
E quello che vuoi sarà fatto /
Noi siamo i robot /
Noi siamo i robot /
Noi siamo i robot /

Noi siamo i robot /
Funzioniamo automaticamente /
Ora balliamo la meccanica /
Noi siamo i robot’.
Kraftwerk, “The Robots” (dall’album The Man-Machine, 1978) 

Klara è un’Amica artificiale, un’Aa, un robot umanoide. Josie è una ragazzina molto malata. E il lavoro di Klara, il motivo per cui lei e gli altri Aa vengono progettati e venduti in appositi negozi, è aiutare giovani che non se la passano bene. Si fermasse a questo, il nuovo romanzo del premio Nobel Kazuo Ishiguro, Klara e il sole, sarebbe una bella fiaba per bambini. Cioè il progetto originario dello scrittore inglese di origine giapponese. Per fortuna è diventato molto altro. L’incontro tra Klara e Josie, con la madre, il moroso-non moroso della ragazza e altri personaggi secondari ma che secondari non saranno mai, lo si potrebbe ridurre alla tecnologia che, sempre più evoluta, aiuta ogni giorno l’essere umano. Ma qui si rovescia tutto. Perché se oggi c’è la percezione di essere addirittura schiacciati da questo aiuto alle volte troppo invasivo della modernità, dalla rintracciabilità h24, dalle geolocalizzazioni, qui è l’essere umano a schiavizzare la tecnologia. Perché il disegno pensato per Klara non è semplicemente far compagnia a una giovane malata, bensì lo scoperchiamento di un vaso di Pandora di temi etici che sarebbe scortese spoilerare. Se è tutto tranne che una novità trattare in narrativa il rapporto tra uomo e macchina, Ishiguro lo fa in una forma originale e che si presta a parallelismi musicali che possono completare il quadro. Perché l’anima del robot che prova emozioni, i suoni metallici di The Man Machine o Computerlove dei Kraftwerk sono il battito di un cuore che non c’è, l’emozione di una macchina che dovrebbe far compagnia ma salva una vita. Con un’altra canzone che è bello ascoltare a ripetizione durante la lettura: Set the Controls for the Heart of the Sun dei Pink Floyd, quella ricerca del sole – benzina, nutrimento di Klara – che finisce col diventare un patto di sangue e legame definitivo con Josie. Ragazza debole che è comunque forte, ciò che noi vorremmo essere nel momento del bisogno. Ma che senza Klara non è niente, non sfruttandola ma semplicemente sapendo che c’è. Con Klara che smette di essere un’Aa e comincia a essere gli occhi che la guardano e l’amore che la circonda. Un amore che viene dato dalla macchina oltre che dalla famiglia, dal chip oltre che dall’abbraccio. E dal sole.

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