Covid-19. Il valzer delle statistiche

Mentre secondo alcuni dovremo tornare a fare i conti con la pandemia, la questione dei ricoveri e dei decessi ‘con’ o ‘per’ il virus rimane irrisolta

Di Marco Jeitziner

Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, allegato a laRegione

Che succede in Ticino (e in Svizzera) coi dati sui ricoveri e soprattutto i decessi ‘con’ (cioè in presenza di altre malattie o comorbidità anche gravi) o ‘per’ Covid-19 (unica causa attribuita)? La domanda è lecita e – malgrado i contagi al momento siano stabili – ancora attuale; considerando il dibattito scientifico tuttora in corso, i dati svizzeri che non combaciano e persino le più recenti prese di posizione del Governo ticinese. E se a Berna i numeri non coincidono, in Ticino la distinzione pare contare poco: ma senza autopsie come si fa?

Benché la pratica medica insegni che solo l’autopsia può stabilire con certezza una causa di morte, apprendiamo che in Ticino, ci conferma l’Istituto cantonale di patologia dell’Ente Ospedaliero Cantonale (EOC), esami autoptici non sono stati fatti durante la pandemia. Anche se la Legge sanitaria cantonale (art. 16) per cui è possibile farli in caso di “malattie trasmissibili” (come il Covid-19) e se ci sono “dubbi sulla causa della morte”… E pensare che pure la Società svizzera di patologia (SSPath) ancora il 19 aprile 2020, sosteneva che: “Le autopsie dovrebbero essere effettuate sui pazienti Covid-19 se possibile”. Di più; se gli esami post-mortem sui pazienti Covid non fossero consigliati dalla normale pratica medica, nel marzo 2020 la Società svizzera di medicina legale (SMLL) non avrebbe diffuso delle “raccomandazioni per la gestione del Sars-CoV-2 per l’esame di persone decedute (ispezione legale, imaging post-mortem e autopsia) e per gli esami clinici”. Anche per lo stesso EOC si tratta di un “esame insostituibile” come “accertamento della causa di morte”, si legge nel suo sito. Ma allora perché durante la pandemia non sono state fatte autopsie? Alcuni medici legali hanno gridato alla scandalo: “Mancata opportunità” e “lockdown della scienza”, così in uno studio italiano pubblicato sul Journal of Clinical Medicine già nel maggio 2020, ma reso noto dalle agenzie italiane soltanto lo scorso agosto. È emerso che su ben 9’709 articoli scientifici pubblicati sul tema, solo 7 contenevano indagini istologiche, di cui solo due complete e il decesso ‘di’ Covid riguardava solo una di esse: “La mancanza di indagini post-mortem non ha permesso di definire l’esatta causa di morte per determinare i percorsi di questa infezione”, concludevano gli autori.

Decidono i medici

Siccome, quantomeno in Ticino, i medici legali non sono stati interpellati, a decidere quale fosse la principale causa del decesso sono stati i singoli medici negli ospedali o nelle case di cura. “E qui sta il problema”, osservava per esempio ancora lo scorso 22 marzo il sito britannico specializzato MedicalNewsToday, le cui notizie sono verificate da fact-checkers indipendenti e nel 2019 era il terzo sito sulla salute più visitato negli Stati Uniti (PR Newswire, 2019). Infatti, è noto che la malattia “può portare a problemi multipli – polmonite, insufficienza respiratoria, coaguli di sangue, ictus e infarto -, ognuno dei quali può causare la morte. E la maggior parte di coloro che muoiono dopo aver contratto il Covid-19 ha una o più comorbidità”, si legge. Viene citato poi l’esempio di un grande anziano in casa di cura affetto da demenza avanzata e malattia coronarica (CAD). Contrae il Covid ma ha pochi sintomi, poi muore: “Qual è stata la causa primaria della morte?”, ci si chiede. Siccome solo i medici clinici possono stabilire la causa di morte, “un medico potrebbe registrare la demenza come causa primaria, con CAD e Covid-19 come fattori contribuenti” continua il sito, mentre “un altro potrebbe decidere che il Covid-19 è stato la causa primaria perché, senza aver contratto il virus Sars CoV-2, l’uomo avrebbe potuto vivere per qualche settimana in più con le altre due condizioni”. Del resto anche il Governo ticinese la pensa così, quando dice che “ogni analisi avrebbe una componente soggettiva” e perciò la distinzione ‘con’ o ‘per’ Covid-19 “va relativizzata”. Lo si legge nella sua risposta del 2 febbraio scorso al gruppo UDC in Gran Consiglio (vedi anche riquadro in basso, ndr).


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Dati affidabili?

Giustamente MedicalNewsToday fa notare che “anche se potremmo dire che tutte queste persone sono morte ‘con’ Covid-19 e non ‘di’ Covid-19, la malattia ha quasi certamente giocato un ruolo”. Ecco perché “i decessi sono, in un certo senso, imprecisi”, dice il dottor William Schaffner, professore di malattie infettive al Vanderbilt University Medical Center di Nashville (USA), e autore di oltre 400 pubblicazioni scientifiche. “All’inizio non c’erano test diffusi, quindi abbiamo sottostimato i decessi. Ora i dati sui decessi sono più affidabili”, ha aggiunto. Non in Svizzera però, dove da mesi l’Ufficio federale di statistica (Ufs) e l’Ufficio federale della sanità pubblica (Ufsp) bisticciano coi dati. Che i conti non tornassero a Berna è emerso lo scorso mese di febbraio. L’Ufs per la prima ondata pandemica (primavera 2020) contava 2’130 decessi imputabili al Covid-19, ovvero “circa 400 in più” rispetto ai dati dell’Ufsp, riporta rsi.ch. Lo scorso agosto, per le cause di morte nel 2020, l’Ufs contava 9’305 casi rispetto ai 6’907 dell’Ufsp, riporta laRegione. Il motivo? La “diversità dei due sistemi di raccolta dei dati”, è stato spiegato. I dati dell’Ufs sarebbero “più affidabili” di quelli dell’Ufsp, perché si basano sugli uffici di stato civile che archiviano gli atti di morte con le cause del decesso, mentre i secondi utilizzano il sistema di segnalazione degli studi medici. Ma sempre di decisioni soggettive si tratta, e non del risultato di rigorosi esami autoptici. Ecco perché secondo MedicalNewsToday un decesso ‘di’ o ‘con’ Covid “è aperto all’interpretazione” e per questo “alcuni contestano le cifre ufficiali”. Resta il fatto che statistiche se possibile esatte, unitamente ai dati demografici, dovrebbero essere alla base dell’epidemiologia, che serve per capire la natura di una pandemia e come poterla gestire.


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A BERNA SI DISTINGUE, IN TICINO INVECE NO

Oltre alla divergenza dei dati raccolti e comunicati al pubblico (vedi sopra), dalla fine del 2021 l’Ufficio federale di statistica (Ufs) afferma che “si opera una distinzione tra i casi per cui (il Covid-19, ndr) è stato indicato come causa di morte principale e quelli per cui figura come malattia concomitante”. L’ha voluto l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms; si veda anche l’ammissione che i dati erano da rivedere), introducendo nel marzo 2020 dei nuovi codici “per la classificazione dei decessi con Covid-19”, spiega l’Ufs. Esiste quindi una chiara distinzione a discrezione dei medici. Lo dimostrerebbero i dati dell’Ufs dello scorso agosto relativi al 2020 e riportati dall’agenzia Keystone-ATS: il 95,7% dei “morti per il Covid (…) soffriva di almeno una malattia concomitante che non è però stata la causa del decesso”. Insomma, la distinzione è chiara. Tuttavia, rimane il problema di fondo: come si fa a stabilire l’esatta causa del decesso senza un’autopsia? Un po’ di confusione c’è anche in Ticino. Il 2 febbraio scorso il Consiglio di Stato risponde al gruppo UDC in Gran Consiglio: si legge che poiché “non vi è una categorizzazione chiara e univoca condivisa a livello nazionale sulle caratteristiche dei pazienti ricoverati per o con Covid”, la distinzione ‘con’ o ‘per’ Covid-19 “va relativizzata”, dato che “ogni analisi avrebbe una componente soggettiva” e risulterebbe “di limitato valore statistico”. Insomma, a Berna l’Ufs distingue mentre in Ticino non è importante farlo? Non è tutto. Il 22 aprile lo stesso Governo, tramite la Cancelleria, in risposta alla consultazione di Berna sulla prossima gestione dell’epidemia, afferma che sarebbe “opportuno” fare una “precisazione statistica (…) a cominciare dalla distinzione tra ‘con Covid’ e ‘per Covid’ nelle ospedalizzazioni e nei decessi”. Insomma, non si capisce.
Il Servizio dell’informazione e della comunicazione (Sic) della Cancelleria dello Stato ci risponde così: siccome le ospedalizzazioni ‘con’ o ‘per’ Covid generano “lo stesso carico di lavoro” la distinzione “non è quindi rilevante”, anzi, è persino “superflua, poiché il virus rappresenta sempre almeno una concausa”. Quale sia la sua incidenza nei casi di patologie pregresse non sembra quindi interessare, oltre a non tenere conto delle persone resistenti al virus (vedi Ticino7 n. 14 del 9.4.22). I decessi, continua il Sic, “sono sempre stati ritenuti quelli a causa di Covid”, quindi come presunta causa principale, in totale assenza di autopsie (vedi sopra, ndr). In Ticino, spiega sempre il Sic, un caso di Covid-19 è “trattato come tale fino alla fine dell’isolamento” e “non al momento della dimissione” dall’ospedale, “succede quindi che casi ricoverati ‘per’ Covid non siano più calcolati come tali, anche se il motivo era Covid”. Infine, conclude, “i casi di ricoveri per altri motivi, che risultano Covid positivi, corrispondono semplicemente alla prevalenza e alla circolazione del virus nella popolazione”.

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