Vasco Rossi a Locarno. Cosa succede(va) nel 1985?

A pochi giorni dal 70esimo compleanno di Vasco Rossi, ricordiamo attraverso la lettura dei giornali dell’epoca l’incredibile controversia di Piazza Grande

Di Mauro Stanga

Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, allegato settimanale de laRegione

“Conta, sì, il denaro / Altro che no / Me ne accorgo soprattutto quando / Quando non ne ho / Conta, sì, il denaro / Altro che / Altro che chiacchiere
Cosa succede / Cosa succede in città? / C’è qualche cosa / Qualcosa che non va / Guarda lì, guarda là / Che confusione / Guarda lì, guarda là / Che maleducazione
Egoista, certo / Perché no? / Perché non dovrei esserlo? / Quando c’ho il mal di stomaco / Con chi potrei condividerlo?
Cosa succede / Cosa succede in città? / C’è qualche cosa, sì / Qualcosa che non va / Siamo noi, siamo noi / Quelli più stanchi / Siamo noi, siamo noi / Che dovremo andare avanti
Egoista, certo / Perché no? / Perché non dovrei esserlo? / Quando c’ho il mal di stomaco / Ce l’ho io, mica te, o no? / Ce l’ho io, mica te, o no?
Cosa succede? / Non succede nulla / C’è confusione, sì / Ma in fondo è sempre quella / Non c’è più, non c’è più religione
Guarda lì, guarda là / Anche in televisione / Non c’è più religione / Anche in televisione / Non c’è più religione”

In Ticino Vasco Rossi si era già esibito quattro volte, a partire dal 1982, in locali, palestre e palazzetti tra Ascona, Bellinzona e Chiasso. Il concerto precedente, al Palapenz di Chiasso, rischiò di saltare e iniziò in ritardo, causa il fermo in dogana di due membri dello staff, trovati in possesso di sostanze che non figuravano tra le merci con cui si poteva passare agevolmente la frontiera con uno sbrigativo cenno d’intesa ai finanzieri. Tant’è; la critica musicale di Libera stampa si lagnò per il “disimpegno assoluto” mostrato dal pubblico “in ovina e passiva adorazione rituale dell’idoletto di moda” ma la cosa finì lì, pure piuttosto in gloria. Il riferimento ai guai doganali del 1984 non è casuale: quello della tossicodipendenza era un fenomeno molto presente nella società ticinese di allora, difficile da gestire e prima ancora da capire, in primo luogo all’interno delle famiglie che ne venivano toccate e travolte (sul tema c’è perfino una buona pièce dialettale prodotta dalla RTSI nel 1980: “E gh’è dananz doman”, a volte la ritrasmettono, in caso non perdetevela).


© RSI
Un fotogramma tratto da unʼintervista di Gianni Delli Ponti del settembre 1985 per la trasmissione ʻil Quotidianoʼ. Il prossimo 7 febbraio il cantautore emiliano compirà 70 anni.

Il ruolo della stampa

Ricostruiti contesto e antefatti, possiamo ora addentrarci nella polemica, con gli strumenti giusti per inserirla nello spirito e nelle preoccupazioni dell’epoca. A inizio estate 1985, la Quattrini Spettacoli – che già aveva organizzato le esibizioni precedenti del rocker di Zocca in terra ticinese – annuncia l’intenzione di portarlo in Piazza Grande a Locarno, ancora rovente dopo le vibranti polemiche seguite a un’esibizione di Roberto Benigni, ritenuta da alcuni volgare e blasfema (in prima fila il deputato Armando Dadò, che scomodò pure il Consiglio di Stato con un’interrogazione in merito). Insomma, se pochi mesi prima Il Dovere ebbe modo di presentare un altro concerto in questi rassicuranti termini: “Finalmente dal vivo Eros Ramazzotti. Il nuovo idolo di ragazzine e mamme”, quella che stiamo per ricostruire è tutta un’altra storia, e val la pena ripercorrerla. La stampa ticinese riprende subito la notizia della possibile esibizione di Vasco Rossi ma – si specifica – rimane un nodo da sciogliere, se non addirittura un ostacolo da superare: manca infatti il nullaosta del Municipio cittadino.
L’allora testata locale, l’Eco di Locarno contribuisce non poco ad alzare la pressione sulle autorità, titolando: “Migliaia di giovani guardano a Palazzo Marcacci. Municipio permettendo Vasco Rossi a Locarno” e proseguendo con l’incipit: “Mai come in questi giorni, migliaia di giovani hanno guardato e guardano tuttora, con speciale attenzione a Palazzo Marcacci, sede del Municipio cittadino. Si è infatti diffusa la voce che l’autorità esecutiva intenda negare alla Quattrini Spettacoli la possibilità di usare Piazza Grande”. Per poi piazzare l’affondo: “C’è chi sostiene che all’interno del Municipio vi siano forti perplessità legate alla figura di Vasco Rossi e, in particolare, alle sue vicissitudini con la magistratura italiana in relazione a presunto consumo di stupefacenti”.
Esattamente una settimana dopo, la stessa testata permette alle “migliaia di giovani” di tirare un sospiro di sollievo con l’articolo “Il Municipio ha dato il permesso. Vasco Rossi potrà cantare a Locarno”, in cui si menziona però che la data proposta dovrà essere per forza di cose cambiata perché “quella sera, nella chiesa di San Francesco, si tiene un concerto delle Settimane musicali di Ascona e una ‘contemporanea’ in piazza, come mostra l’esperienza, finisce col disturbare il concerto all’interno della chiesa (è noto infatti che in piazza vengono usati potenti amplificatori)”. Pazienza, verrà presto trovata una nuova data per il concerto in piazza; d’altra parte: “Tra demonio e santità è lo stesso / basta che ci sia posto”.


ʻEco di Locarnoʼ, agosto 1985.


ʻEco di Locarnoʼ, agosto 1985.

Dio salvi città e giovani

Tutto risolto e in gloria verso il concerto? Assolutamente no. Già nel numero successivo dell’Eco di Locarno trova posto una lettera di Claudio Rossi di Gordola, che entra nel dibattito a gamba tesissima, e al grido di “Vasco Rossi in piazza proprio non lo voglio” espone (tra le altre) le seguenti velenosissime argomentazioni: “Vasco Rossi: un uomo che porta sulle spalle un pesante fardello di debiti con la giustizia italiana, che porta dentro la propria coscienza, se forse ne ha una, la responsabilità di aver acconsentito al consumo, allo spaccio, alla réclame di stupefacenti, che nel mondo moderno che lo ascolta e lo sostiene, causa ogni giorno migliaia di vittime. Dar spazio a un simile elemento, sulla cui personalità nessuno, o pochi imbecilli scommetterebbero, sulla pubblica piazza di una bella città è azzardato e ignobile. (…) Se la città di Locarno permetterà ad un inquilino delle carceri italiane, ad un finanziatore e sponsorizzatore di droga, di venire a turbare la quiete delle coscienze di tanti genitori, qui a Locarno, verrà calpestata la volontà di migliorare questa società, per indirizzarla verso orizzonti che trovano sul cammino soltanto nuvole oscure”.
Insomma, la sola eventualità del concerto viene definita come “uno sgarbo e una pugnalata alla società ticinese”. Assolutamente degno di nota è poi il paragrafo conclusivo della missiva rossiana (nel senso del polemista Claudio, non del cantante Vasco…): “Se ciò vien accettato dal Municipio di Locarno, allora Iddio salvi la città sul Lago Maggiore, la sua gioventù ed il suo progresso”. La testata locarnese tenta di raffreddare gli animi, affiancando alla missiva del lettore un invito a “non creare un caso Vasco”, alla luce di questa considerazione: “Non ci pare giusto fare di Vasco Rossi il capro espiatorio di certi mali che affliggono la società”.

Arriva la Chiesa

Troppo tardi. Anzi: il vero carico da novanta deve ancora arrivare, e a sganciarlo, nei giorni seguenti, ci pensa un tanto insospettabile (almeno con il senno di poi) quanto agguerrito Don Gianfranco Feliciani. L’allora vicario di Minusio scrive una lettera tonante e la manda praticamente a tutti i quotidiani e periodici ticinesi (che all’epoca non erano affatto pochi). Significativo il titolo apposto alla missiva dal Giornale del Popolo: “La prevista esibizione locarnese di Vasco Rossi. Possibile esaltare in piazza certa degradazione umana?”.
Riportiamo paro paro alcuni passaggi significativi vergati in quell’occasione da Feliciani: “Lo dico con tutta franchezza: la decisione della pubblica autorità di Locarno di concedere il permesso a Vasco Rossi di tenere il suo concerto in Piazza Grande mi ha vivamente sorpreso, oserei dire quasi sconvolto. (…) Ma lo conoscono poi bene questo squallido e infelice interprete del decadentismo moderno? Sanno esattamente cosa canta? Quale messaggio annuncia? Hanno adeguatamente considerato, non è esagerazione, la gravità del caso? Quale amico della musica moderna e discreto conoscitore dei cantautori italiani vorrei essere ancora più preciso: hanno già ascoltato le seguenti canzoni: ‘Deviazioni’, ‘Siamo solo noi’ o ‘Fegato spappolato’? Sanno con quali espressioni volgari sono ricamati i suoi concerti? Ed infine sanno veramente quale influsso deleterio esercitano sulla psicologia dei nostri ragazzi e giovani? Qui non siamo più nell’ambito della differenza dei gusti, ma siamo decisamente nell’ambito della degradazione umana. (…) Anche chi non è molto informato su queste cose non può non avvertire l’intollerabile sproporzione tra quanto si è detto sul binomio giovani e valori umani e il lasciapassare a questo poveretto della canzone”.


ʻGiornale del Popoloʼ, agosto 1985.

Bum! La polemica è servita

Nei giorni seguenti sulla stampa ticinese fioriscono le reazioni a queste vigorose prese di posizione. Sorprendentemente saranno i giovani “fan” di Vasco a invitare chi si oppone al concerto a far uso della ragione e del senso della misura. E quando mai si erano visti, i fan di un artista uscire dal ruolo del tipo urlante con la fascia tergisudore per invitare i detrattori alla calma, con parole anche gentili… Uno studente liceale di Sorengo interviene su Gazzetta ticinese usando per i detrattori l’elegante giro di parole “persone di generazioni antecedenti la mia”, mentre la sedicenne Cinzia Agosta di Lamone chiude il suo scritto a Don Feliciani in questo modo: “Spero non se la prenda troppo con me per la mia sincerità e per essermi permessa di giudicarla… il fatto è che lei mi ha fatto davvero tanta rabbia!”. Lory e Danny di Ascona chiudono la loro lettera andando perfino oltre, imbastendo una sorta di assoluzione per la parte avversa: “Vogliamo perciò scusare gli autori delle lettere apparse su questo giornale contenenti quelle “condanne troppo gratuite” pensando che siano state dettate dalla mente in un momento di esagerata critica”.
Altre lettere si susseguono, a formare il più classico dei “fiumi di inchiostro”, finché – il 29 settembre 1985 – il concerto ha infine luogo. In Piazza Grande. Per darne conto ci affidiamo alla penna di Michele De Lauretis, che recensisce il concerto per l’Eco di Locarno, sotto il significativo titolo di: “L’uragano Vasco, passato senza danni e la ‘morale cittadina’ è… salva”; “L’evento che per qualcuno sembrava dovesse assumere i toni dell’apocalittico, non ha disturbato più di quel tanto chi si trovava fuori dalla piazza e non ha particolarmente sconvolto i giovani che invece erano al suo interno. (…) Il concerto ha grossomodo registrato gli stessi problemi che avrebbe posto un appuntamento con Orietta Berti. In definitiva dunque concerto di ottima fattura e verginità salva per la morale cittadina: non si registrano più giovani traviati di quanti ve ne fossero prima”.
Si conclude così – con un tripudio di piazza – questa vicenda, e all’epilogo firmato De Lauretis possiamo aggiungerne un altro che – per “un gioco di quei tanti che fa la vita” – ci riporta ai giorni nostri: – Cosa succede in città? (questo il titolo dell’album promosso in quel tour) – Succede che il sindaco di Locarno – oggi – è a capo di una cover band. Di Vasco Rossi, ça va sans dire…


© RSI
Compreso nel suo tour del 1985 che promuoveva lʼalbum ʻCosa succede in cittàʼ, la sera del 29 settembre il pubblico non si fece attendere. Inizialmente il concerto (organizzato da Luca Quattrini) era stato programmato il 13 settembre, poi posticipato. Nel fotogramma un momento dellʼesibizione.


ʻEco di Locarnoʼ, ottobre 1985.

Nota: gli articoli e le lettere su questa vicenda sono stati pubblicati tra il 15 agosto e il 12 ottobre 1985 su varie testate ticinesi e sono reperibili grazie all’Archivio digitale dei quotidiani e periodici del Sistema bibliotecario ticinese (www.sbt.ti.ch/AQP). Nella pagina della RSI dedicata agli archivi (rsi.ch/archivi) è inoltre possibile – inserendo “Vasco Rossi” come chiave di ricerca – visionare un’intervista fatta a Vasco Rossi proprio in occasione di quel concerto, incentrata in particolare su quelli che allora erano “i suoi guai”.

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