Libere associazioni (ma decliniamo ogni responsabilità)
Dalla saggezza di Nino Frassica alle liriche di Clem Sacco. Il resto vi conviene leggerlo e ascoltarlo
Di Lorenzo Erroi
Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, disponibile anche nelle cassette di 20 Minuti per tutto il fine settimana.
A metà degli anni Ottanta, la seconda serata Rai non esisteva ancora: da quelle parti, figlio mio, era tutta campagna. Poi arrivarono Quelli della notte di Renzo Arbore, capaci di mettere d’accordo Umberto Eco e il pensionato del piano di sotto. Perfino i più inamidati travet affezionati al Pentapartito attendevano l’Epifania di fra’ Antonino da Scasazza, sbilenco cantastorie del vitamortemiracoli di Sani Gesualdi, che «nabbe nel 1111 e morve nel 1777. Nabbe da Sgallatta Alfredo, soprannominato Scandurra Gaetano, e da Scamarda Agata, vista da destra, o Agata Scamarda, vista da sinistra».Facciamo dunque come Nino Frassica: «Mettiamo le puntine sulle i», «apriamo una parente (io ho una zia a Trapani, chiudo la parente)», «mettiamoci il fuoco sulla mano».
E saltiamo indietro a uno dei maestri dimenticati del nonsense italiano: Clem Sacco, come dire l’Elvis Presley del demenziale, roba di quando ancora gli Skiantos erano all’asilo e gli Elii (con annesse Storie Tese) aspettavano la cicogna che ce li portasse. Clem ebbe trentasei secondi di successo con O mama, voglio l’uovo à la coque, ma il suo meglio lo diede nella misconosciuta Baciami la vena varicosa, del 1963. Un cruciverba del Bartezzaghi definirebbe la canzone «suggerimento a un’amante scontenta». Soluzione: «Baciami la vena varicosa / succhiami il dente del giudizio / strappami il pelo del neo». Non provatelo a casa. Oppure sì, ma sia chiaro che la redazione declina «ogni responsabilità».
«Un ginocchio per te. Non son indegno di te. C’era quel racazzo che amava i bites e compottaneamente i rol stons»
(dal libro Sani Gesualdi Superstar di Nino Frassica)
«Strappami il pelo del neo / strappami l’unghia incarnata»
(dal brano Baciami la vena varicosa di Clem Sacco)