Di tutto un pop: ballando con Bowie (40 anni di ‘Let’s Dance’)

Galeotta fu Montreux, galeotti furono i Queen, Nile Rodgers e quell’album che fece del visionario Bowie una popstar mondiale

Di Sergio Mancinelli

Podcast: sound design di Giuseppe Milano

Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, allegato a laRegione

“Under Pressure”. Fu con questo brano che nell’estate del 1982 iniziò la svolta musicale di David Bowie, a Montreux, sul lago di Ginevra, per registrare ‘Cat People’ in collaborazione con Giorgio Moroder. Con i Queen nella sala a fianco, nacque spontaneo il desiderio di fare qualcosa insieme, ma il micidiale giro di basso di ‘Under Pressure’, così vicino a quelli degli Chic, fece scattare in Bowie la voglia di andare oltre, di dare una dimensione nuova alla sua musica, che gli consentisse non solo di puntare al vertice delle classifiche mondiali ma di catturare una nuova generazione di ascoltatori che non erano cresciuti a pane e ‘Starman’, a pane e ‘Ziggy Stardust’. Il Duca Bianco sognava un disco con almeno quattro, cinque canzoni che ogni radio avrebbe messo in onda. Un disco in grado di arrivare al numero 1 in tutto il mondo. Un disco che si sarebbe chiamato ‘Let’s Dance’.

Tra groove e blues

Una volta innescata la miccia, fu impossibile tornare indietro, complice anche un lungo viaggio nelle Isole del Pacifico per le riprese del film ‘Merry Christmas Mr. Lawrence’, che lo vedevano impegnato come attore. Per trascorrere quelle settimane lontano da casa, Bowie si preparò delle cassette audio con dentro la musica dei suoi artisti preferiti, soprattutto rhythm and blues degli anni 60. Questo lo portò a riflettere su quanto quella musica ancora gli piacesse e lo facesse stare bene. Virò di 180 gradi rispetto a quanto prodotto fino a quel momento e chiamò il nuovo Re Mida delle produzioni discografiche, proprio quel Nile Rodgers inventore degli Chic e di tutta la disco music newyorkese.

Il disco partì con l’attacco micidiale di ‘Modern Love’, un suono forte e compatto con dentro i colori della dance e le tinte forti del rock, complice la chitarra di Stevie Ray Vaughan che Bowie aveva ascoltato dal vivo l’estate precedente proprio al Montreux Jazz Festival: aveva fatto di tutto per averlo, nel nuovo disco prima e nel tour successivo subito dopo, per quei novantasei concerti del Serious Moonlight Tour che lo avrebbero riportato sul palco dopo cinque anni di assenza.

Obiettivo: n. 1

In ‘Let’s Dance’, uscito il 19 gennaio del 1983, per la prima volta nella sua carriera, David Bowie non suonò nessuno strumento. Si affidò completamente a Nile Rodgers e al suo gruppo di musicisti, che in tre settimane riuscirono a portare a termine quell’album che fece di Bowie una popstar mondiale e non più lo sperimentatore visionario degli anni 70. Del resto, la sua casa discografica, la Rca, non aveva intenzione di investire ulteriormente su di lui dopo le scarse vendite degli album della trilogia berlinese. Non si lasciò sfuggire l’occasione la Emi, altra etichetta globale che propose all’artista un contratto in esclusiva per una cifra monstre: 20 milioni di dollari come anticipo per i successivi tre album, con l’intento di riportarlo in cima alle classifiche. Obiettivo centrato al primo colpo.

Come gli impiegati

La collaborazione dell’estate precedente con Giorgio Moroder fece maturare il nuovo corso con una svolta ritmica senza precedenti. Nile Rodgers organizzò tutta la nuova cornice con arrangiamenti perfetti per lo scopo. David Bowie fu solo l’interprete. Un nuovo inizio. Disintossicato da alcol e cocaina che avevano avuto il sopravvento negli anni precedenti, Bowie accettò anche il nuovo modo di lavorare di Nile Rodgers: non più registrazioni notturne fino all’alba, ma turni regolari dalle dieci del mattino alle sei del pomeriggio, poi tutti a casa per riprendere il giorno successivo. Per uno come lui abituato a non dormire mai e a vivere la notte nella più forte intensità, sembrò all’inizio un lavoro impiegatizio, ma nei suoi dischi successivi non rinunciò più a quell’organizzazione. ‘Let’s dance’ fu n. 1 contemporaneamente in Inghilterra e negli Stati Uniti, dove poi rimase per 198 settimane in classifica.

Mondo criminale

L’immagine della copertina così fisica e diretta, in quello scatto da boxeur con i capelli corti, lasciava ormai lontana l’ambiguità sessuale che era stata, negli anni precedenti, una delle chiavi del suo successo. Un’immagine e un’estetica androgina, elegante e decadente al tempo stesso; un’immagine che catturò tre giovani dandy londinesi chiamati Metro, che nel 1976 avevano scritto e inciso ‘Criminal World’ proprio ispirandosi a quell’immagine di Bowie. L’atmosfera tardoromantica inglese perfettamente glamour venne però censurata dalla Bbc perché ritenuta sessualmente troppo esplicita. “Lei è una ragazza estrema in questo mondo criminale, ma ti insegnerà a far sparare la tua pistola…”. David Bowie decise di riprenderla, con un arrangiamento più efficace, e con la splendida chitarra di Stevie Ray Vaughan.

Imperialismo e pantere

Qualcosa di quel Bowie sperimentatore introspettivo degli anni precedenti resta in un altro piccolo capolavoro dell’album Let’s Dance: ‘China Girl’, canzone scritta insieme a Iggy Pop a metà anni 70 durante il loro soggiorno berlinese. Dura, ruvida, rock quella incisa all’epoca da Iggy Pop; molto più patinata e avvolgente quella del 1983. ‘China Girl’ è una presa di coscienza del saccheggio culturale che l’Imperialismo inglese aveva attuato nelle colonie d’Oriente. Del resto, David Bowie era incantato dalla cultura orientale e, soprattutto, dalla magia del Teatro Kabuki. Non da meno Iggy Pop, che in quei giorni a Berlino s’innamorò di una ragazza vietnamita, Kvelan Nguyen, cui il pezzo è, naturalmente, dedicato.

A chiusura dell’album, David Bowie decise di reincidere ‘Cat People’, il brano scritto l’anno precedente con Giorgio Moroder per la colonna sonora del film ‘Il bacio della pantera’ di Paul Schrader. Il regista aveva chiesto esplicitamente a Bowie un suo pezzo da inserire tra le musiche alle quali Moroder stava lavorando. L’atmosfera cupa, gotica e ipnotica, con la sua voce profondamente baritonale, venne completamente trasformata in questa nuova versione, dando così al pezzo suoni e colori molto più immediati.

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