Possiamo davvero permetterci di ‘cancellare’ i classici?
In un’epoca di ‘cancel culture’, sovente il passato finisce sotto accusa e c’è chi invoca la censura. Un’operazione assai pericolosa secondo altri…
Di Roberto Roveda
Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, allegato a laRegione
Oggi il fenomeno socio-culturale noto con la locuzione cancel culture (cultura della cancellazione o del boicottaggio) punta spesso il dito contro gli antichi, Greci e soprattutto Romani, accusandoli di complicità nei crimini perpetrati dall’Occidente: dal colonialismo all’emarginazione femminile fino alla supremazia dei “bianchi”. Il risultato è che non mancano voci che chiedono la rimozione dei testi greci e latini dai programmi di scuole e università, dai cataloghi delle case editrici, dall’immaginario stesso delle nostre società. Eppure, chi conosce la storia sa che i Romani hanno sottomesso popoli, sradicato culture e condotto guerre spesso spietate. Ma ci sono margini per considerarli razzisti, ispiratori del colonialismo europeo?
“L’imperialismo degli antichi è stato sicuramente un riferimento dei moderni colonialismi europei” ci risponde Mario Lentano (vedi più in basso, ndr), professore di Lingua e letteratura latina all’Università di Siena e autore del volume Classici alla gogna. “Altra questione è quella del razzismo. Greci e Romani hanno elaborato stereotipi negativi nei confronti dei popoli con i quali sono venuti a contatto ma non sono mai arrivati a elaborare l’idea che i membri di un determinato gruppo etnico dovessero essere discriminati, perseguitati o addirittura eliminati per la sola ragione di appartenere a quel gruppo”. Per i Romani, per esempio, in nessun momento della loro storia l’appartenenza etnica e il colore della pelle sono stati motivo di esclusione dai privilegi della cittadinanza, che vennero anzi estesi nel corso del tempo a tutti gli abitanti dell’impero.
Nuove forme di censura
Il discorso potrebbe chiudersi qui, ma forse vale la pena di ricordare cosa perdiamo “cancellando” i classici. Greci e Romani non hanno mai smesso di far parte della nostra cultura: i loro libri sono stati letti da tutte le generazioni che ci hanno preceduto e ne hanno modellato in profondità il pensiero e l’immaginario ben oltre la fine del mondo che li aveva prodotti. L’Eneide di Virgilio divenne un libro scolastico già all’indomani della morte del poeta e da allora non ha mai smesso di esserlo: un robusto filo rosso unisce dunque gli studenti di duemila anni fa e i loro coetanei di oggi.
Un filo rosso che sarebbe insano spezzare lasciando campo libero alla cancel culture, un fenomeno che, come ci spiega ancora Mario Lentano, nasce da due presupposti: “Il primo è che il presente abbia un diritto di ultima parola e che sia legittimo respingere ciò che del passato non si adegua ai valori e ai modelli dell’oggi, o tutt’al più che lo si possa lasciar circolare dopo averlo opportunamente epurato di quanto può risultare disturbante al lettore moderno. In secondo luogo, l’idea che l’umanità sia composta in larga parte da individui emotivamente fragili e culturalmente disarmati, incapaci di pensare in modo autonomo e inclini a lasciarsi manipolare dai libri che leggono, dalle immagini che vedono, dai monumenti che campeggiano nelle loro città e così via”.
Sull’élite dei sani e dei capaci incombe dunque il compito di proteggere tutti gli altri per evitare che vengano a contatto con contenuti culturali dai quali non saprebbero difendersi da soli. Il rischio che corriamo è dunque di dare corso a una nuova forma di censura, che secondo Lentano si supera in due modi: “Denunciandone i presupposti e gli effetti. Poi, promuovendo a partire dalla scuola un contatto più maturo e consapevole con il passato, che va certo considerato criticamente e del quale va rifiutato con forza ogni uso strumentale a fini di legittimazione del presente nei suoi aspetti più discutibili, ma che anzitutto va conosciuto e preservato per le generazioni a venire”.
Un libro per riflettere sui rischi dell’‘oblio’
L’idea di espellere ciò che di scomodo c’è nel passato è una deriva pericolosa e inquietante come testimonia il recente Classici alla gogna, un saggio edito da Salerno editrice (2023), l’ultimo libro di Mario Lentano. Un volume che evidenzia come si stia correndo il rischio di eliminare uno degli interlocutori fondamentali della nostra tradizione culturale e di promuovere un nuovo conformismo, fondato sulla censura di qualsiasi opinione dissenziente. Gli studiosi di comunicazione parlano di echo-chamber per indicare la tendenza, tipica dei social network, a creare gruppi chiusi e ideologicamente omogenei, nei quali si sente rimbalzare solo la propria opinione, mentre le posizioni divergenti tendono a essere marginalizzate o senz’altro escluse. Nel caso della “cancel culture” è come se l’effetto echo-chamber si fosse esteso a un’intera cultura, che sembra incapace di stabilire un dialogo con quella particolare terra straniera che è il passato, in quanto altro e diverso dal presente. Un rifiuto dell’alterità e della differenza che risulta paradossale, da parte di uno schieramento che si pretende portatore di istanze egualitarie e inclusive.