L’empatia secondo Assunta Ranieri Bernasconi

Ha aperto nel Luganese uno spazio dove mamme e papà possono condividere professione e cura dei figli. Un’idea che racconta molto di lei e del suo vissuto

Di Natascia Bandecchi

Pubblichiamo un articolo apparso sabato su Ticino7, allegato a laRegione.

È nata a Roma (e si sente dal suo irresistibile accento) il 9 novembre 1974. Adora cucinare e il suo grande amore è la figlia: Adele. Un altro amore indelebile che si porta dentro è sua mamma: Antonietta, dalla quale ha preso forza e determinazione. È sposata con Nicola, galeotto fu un set cinematografico. In tasca ha un diploma di operatrice turistica, ma intuisce al volo che quella non è la sua rotta. Scappa da Roma direzione Torino e capisce – grazie a una zia lungimirante – che il suo dono è quello di occuparsi dell’immagine delle persone. Milano la aspetta, lì comincia la formazione in trucco. Si definisce una truccatrice atipica, non ama lustrini e paillettes. Da poco ha dato vita – con grande impegno e infinita gioia – a ʻ8Hz family coworkingʼ. 

È una regola che vale in tutto l’universo. Chi non lotta per qualcosa ha già comunque perso”. Queste le parole di ‘Combattente’, canzone di Fiorella Mannoia che ben si addice alla personalità di Assunta Ranieri Bernasconi. La quale, nella vita, cerca sempre quello che la fa vibrare dentro, seguendo la frequenza della vibrazione della terra. “Era il 1998, scrissi una lettera a Diego Dalla Palma (truccatore italiano famosissimo a livello internazionale). Dopo tre mesi mi arrivò la sua risposta dove mi mostrò la via: una scuola di trucco cinematografico a Milano. Non ci ho pensato due volte e mi sono fiondata lì, mollando un lavoro fisso che mi aspettava – che tutti avrebbero acchiappato – ma non io”.
Per Assunta, l’arte del trucco significa mettersi in ascolto, comprendere quali sono le idee del regista. Qui non si parla “solo” di immagine, ma soprattutto di far trasparire uno stato d’animo. “Su un set cinematografico di Torino, l’attrice doveva essere disperata: le ho fatto le labbra secche, quasi tagliate. In video l’effetto era pazzesco. Ecco, io amo fare questo: andare oltre”. Spesso si pensa che il trucco è un vezzo, qualcosa di superficiale. “Secondo me è un dono, bisogna ascoltare, entrare in empatia. Può capitare di opporsi a decisioni che non ti risuonano”. Andare contro ciò che non si sente fa parte di Assunta, lei che avrebbe dovuto fare l’operatrice turistica ma che ha mollato la sicurezza per acchiappare ciò che la animava dentro. “Avrei dovuto sedermi e accendere il computer ogni giorno. Sedermi non fa per me. Ho rischiato tutto: ho lasciato famiglia, amici. Quando sono partita dalla stazione di Roma – erano le sei del mattino – c’erano 25 persone ad accompagnarmi. Lì c’era tutta la mia vita. È stato doloroso salutarli da dietro il finestrino del vagone”. 

Milano

Assunta non è una ragazzina quando approda nella città della Madonnina, ha 24 anni. Le si illumina il viso mentre parla di quel periodo. “È stato bellissimo. C’erano dei giorni in cui uscivamo da scuola truccati da effetti speciali: sangue, ferite, volti mostruosi, ci guardavano tutti”. A Milano
le si apre la prima sliding door della vita e incontra “lo svizzero” e se ne innamora. “Nicola Bernasconi – più svizzero di così – l’ho conosciuto durante le riprese del film ‘Forza cani’ di Marina Spada. Eravamo la barzelletta del set: la romana con lo svizzero. Due mondi completamente diversi che continuano a orbitare sulla stessa frequenza da più di 20 anni”. Nel 2006 Assunta sale su un altro treno che la porta a Lugano e, dopo due anni, la romana e lo svizzero si sposano.


© Ti-Press / Alessandro Crinari

Adele

Nonostante Assunta sia una combattente ammette che uno dei momenti di vita più forti che ha vissuto è l’arrivo della figlia: Adele. “Sono sempre stata una truccatrice freelance: orari di lavoro assurdi, nomade un giorno sì, e pure l’altro”. Anche il marito, Nicola, lavora nel mondo del cinema seguendo ritmi non canonici. “Ci siamo fatti mille domande pensando a un figlio. Prima di rimanere incinta di Adele, ho subito un terribile aborto. Le domande poi – più degli altri che le mie – erano tante: l’età, la paura, i dubbi. A 41 anni non sei mica decrepita, tutto sembrava impossibile. Mi sono detta: basta, si vede che non deve arrivare. Dopo poco sono rimasta incinta: è stata una gioia”. Grazie alla parentesi un po’ oscura prima dell’arrivo di Adele, Assunta vede ancora di più il giudizio che spesso aleggia intorno a una donna. “Dobbiamo sempre essere performanti. Se hai un figlio, l’hai voluto, perché ti lamenti? Non ce l’hai, pazienza. Perché lavori? Non basta tuo marito? Non si va mai oltre. C’è spesso un dito puntato, come se ci fosse una colpa latente”. Assunta in quel periodo guardava sua figlia dicendole: “Adele, così non funziona, bella de’ mamma”. 


© Ti-Press / Alessandro Crinari

8Hz (la frequenza del cuore)

Il punto di arrivo e di ripartenza. Questo è quello che rappresenta il progetto 8Hz family coworking di Pambio Noranco – dove incontro Assunta: un centro luminoso, intriso della passione di chi l’ha creato, con fatica e tenacia. “Adele era nella pancia quando ho iniziato a pensare a questo posto. Quando è nata c’era una luna piena enorme, l’ho guardata e mi sono detta che 8Hz sarebbe partito”. Di tempo ne è passato ma Assunta – grazie a tutte le persone che hanno creduto in lei – ce l’ha fatta dando vita a un sogno. “È un luogo dove sostenere le famiglie al lavoro. Qui si può lavorare e avere a due passi l’asilo nido – riconosciuto dal Cantone – per permettere a mamma, papà e a chi lo desidera di sentirsi più sereno senza aver paura di esprimere le proprie emozioni”. 

Empatia

Il sentimento che ha illuminato Assunta nei momenti fulcro della sua vita è sempre lo stesso, che sia stato a bordo di un vagone da Roma a Torino oppure nel momento di dire “no” a una direzione che non corrispondeva a un sentire profondo. “È una parola super inflazionata ma per me l’empatia è alla base di tutto, mettermi in risonanza con gli altri significa mettermi in contatto con me stessa e desiderare di non vivere in un mondo senza l’altro”.

 

 

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