Tecnologia, spazzatura e sostenibilità

Nel mondo la quantità di rifiuti elettronici continua a crescere e oggi solo un quinto viene riciclato correttamente. E in Svizzera, come siamo messi?

Di Stefano Castelanelli

Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, allegato del sabato a laRegione.

Agbogbloshie è uno dei luoghi più tossici al mondo. Un pezzo di terra lungo il fiume Odaw, vicino al centro di Accra (capitale del Ghana), dove sono ammassate tonnellate di rifiuti elettronici o E-waste per dirla in inglese. Agbogbloshie è infatti il deposito di rottami più grande al mondo. Migliaia di persone vivono in questo lembo di terra tra fumi tossici e flussi di poltiglia nera: si guadagnano da vivere bruciando ogni tipo di rifiuto elettronico per estrarre i materiali di valore. Lavorano in condizioni igieniche e sanitarie terribili, per guadagnare 2-3 dollari al giorno. Ma Agbogbloshie non è un’eccezione quando si parla di smaltimento di rifiuti elettronici. 

Secondo il rapporto The Global E-waste Monitor 2020 pubblicato lo scorso luglio con la partecipazione del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP), nel 2019 sono stati prodotti globalmente 53,6 milioni di tonnellate di E-waste, ma solo il 18% è stato raccolto e riciclato in modo corretto. Per il restante 82% il destino è incerto. “Nei Paesi sviluppati ci sono tre possibili perdite – afferma Heinz Böni dell’EMPA –. Gli apparecchi elettronici vengono esportati (spesso nei paesi in via di sviluppo), finiscono tra i rottami metallici, oppure – soprattutto i dispositivi più piccoli – vengono smaltiti nel sacco della spazzatura”. Nei Paesi del terzo mondo il discorso è diverso: “Nei Paesi in via di sviluppo – continua Böni – i rifiuti elettronici sono di solito preda del settore informale, che raccoglie i rifiuti porta a porta e poi li rivende o recupera i materiali di valore attraverso processi rudimentali”. Come ad Agbogbloshie per esempio, dove i rifiuti elettronici vengono bruciati all’aria aperta.


Agbogbloshie, © Wikimedia

Merce usata o rifiuto?

Problematici sono soprattutto i rifiuti elettronici esportati dai Paesi industrializzati nei Paesi in via di sviluppo. Eppure, l’E-waste dei Paesi sviluppati non dovrebbe nemmeno finire nelle discariche del terzo mondo. In molti paesi tra cui la Svizzera l’esportazione di rifiuti elettronici in paesi poveri è illegale. Ma il diavolo è nei dettagli, e così capita che una parte degli E-waste venga dichiarata come riutilizzabile e può venire esportata nei Paesi del terzo mondo come prodotto di seconda mano. Secondo il rapporto, tra il 7 e il 20% dei rifiuti elettronici viene esportato nei Paesi in via di sviluppo come prodotto di seconda mano. Una quantità non trascurabile. 
Il nocciolo della questione è la distinzione tra merce usata e rifiuto. Secondo l’Ufficio Federale dell’Ambiente (UFAM) un apparecchio elettrico o elettronico è da considerare merce usata se è ancora funzionante e viene esportato per essere riutilizzato. Ma controllare se i dispositivi esportati sono ancora funzionanti è una sfida impossibile. I doganieri svizzeri effettuano solo controlli a campione e lavorano con profili di rischio. Pertanto, il controllo funziona solo in misura limitata e alcuni rifiuti elettronici possono comunque lasciare la Svizzera sotto le vesti di prodotti di seconda mano.


© Global E-waste Key Statistics 2020

I vantaggi del riciclaggio

Eppure, favorire il riciclaggio dell’E-waste in Svizzera offre un grande vantaggio: il recupero di sostanze preziose. Sì, perché i rifiuti elettronici hanno un grande valore: fino a 69 elementi della tavola periodica sono presenti negli apparecchi elettrici ed elettronici e la loro concentrazione è rilevante. “Se confrontiamo un metro cubo di cellulari con un metro cubo di materiale da miniera per l’estrazione dell’oro – dice Böni – allora i cellulari contengono da 10 a 20 volte più oro. Vale quindi la pena riciclarli”. Il riciclaggio dei rifiuti elettronici è positivo in quanto consente di soddisfare parte della crescente domanda di materie prime, garantisce una fonte di risorse sicura e sostenibile e riduce l’impatto ambientale del settore minerario. “Oggi tramite vari processi industriali si possono recuperare fino a 20 differenti metalli” , continua Böni. E si potrebbero recuperare ancora più elementi. Il limite non è la tecnologia. “Esistono già processi di laboratorio o pilota per il recupero di materie prime essenziali come l’indio – conclude Böni -, ma a livello industriale non vale la pena recuperarle dal punto di vista economico”.
Il recupero di materiali preziosi sarà ancora più importante in futuro, perché la montagna di rifiuti elettronici non farà che aumentare. Oggi i dispositivi elettronici sono sempre più usati in settori come il trasporto, la sanità, la sicurezza, la produzione di energia. Inoltre città, case e prodotti tradizionali come le automobili, i vestiti o i mobili sono sempre più intelligenti e quindi pieni di sensori e componenti elettroniche. Secondo il rapporto, nel 2030 verranno prodotti globalmente 75 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici. Ma la Svizzera può contare su un buon sistema di riciclaggio per far fronte alle sfide future. 


© Global E-waste Key Statistics 2020

Tra certezze e discussioni

“La Svizzera è un pioniere nel campo del riciclaggio dei rifiuti elettronici – afferma Böni –. Da oltre 20 anni raccogliamo l’E-waste e la ricicliamo”. Tre associazioni private si occupano di organizzare la raccolta e lo smaltimento. Il sistema si finanzia tramite una tassa di riciclaggio anticipata volontaria pagata dai consumatori al momento dell’acquisto degli apparecchi. Un sistema che funziona bene, ma che non rende tutti contenti. Da anni si discute a Berna sulla revisione dell’ordinanza relativa ai rifiuti elettrici ed elettronici. I punti di discussione sono molti. I centri di raccolta comunali e le imprese di smaltimento richiedono indennizzi più elevati, mentre le tre associazioni private si lamentano perché alcune ditte non partecipano al loro sistema volontario, oppure perché altre aziende effettuano acquisti diretti o online all’estero senza pagare la tassa. Inoltre, il governo vuole promuovere il riutilizzo e il riciclaggio di materie prime essenziali. La nuova ordinanza, che è stata in consultazione fino al 20 agosto, dovrebbe risolvere tutti questi punti. Il nuovo disegno di legge prevede di introdurre un obbligo parziale: tutti i commercianti devono pagare la tassa di smaltimento anticipata, ma se partecipano già volontariamente a un sistema privato possono essere esentati dal pagamento della tassa. Che questo nuovo obbligo parziale sia la soluzione a tutti i problemi, è discutibile. È possibile tuttavia che ciò possa significare la lenta scomparsa delle tre organizzazioni private attive oggi a scapito di un’unica soluzione pubblica.

Riutilizzo e aiuto allo sviluppo

Benché il sistema di riciclaggio degli E-waste in Svizzera funzioni bene, gli svizzeri producono una grande quantità di rifiuti elettronici: 128mila tonnellate o 15 chilogrammi per persona. Un modo per produrre meno rifiuti elettronici è quello di incentivare il riutilizzo. Ma, come sottolinea uno studio dell’UFAM del 2018, non sempre il riutilizzo è ecologicamente sensato. Secondo lo studio, il riutilizzo è solo sensato per gli apparecchi che durante l’utilizzo non consumano molte risorse come computer e cellulari. Mentre, nel caso di apparecchi che consumano molte risorse durante l’uso come frigoriferi e lavatrice, esiste un limite oltre il quale il riutilizzo è svantaggioso dal punto di vista ecologico. In questo caso conviene comprare un nuovo apparecchio più ecologico. Neanche il riutilizzo quindi è la soluzione a tutti i problemi. Sarebbe più sensato sostenere i Paesi in via di sviluppo aiutandoli a migliorare il loro sistema di riciclaggio dei rifiuti. A questo scopo è stata lanciata l’iniziativa Sustainable Recycling Industries.
“Nei Paesi in via di sviluppo il riciclaggio viene effettuato principalmente da migliaia di lavoratori non professionisti, il cosiddetto settore ‘informale’ – dice Böni -. Ciò comporta numerosi rischi, come l’inquinamento ambientale, i pericoli per la salute e la contaminazione con sostanze pericolose, per esempio della plastica riciclata”. L’iniziativa, finanziata dalla Segreteria di Stato dell’economia (SECO) e realizzata congiuntamente dall’EMPA e dal World Resources Forum (WRF), mira a integrare le piccole e medie imprese dei Paesi in via di sviluppo nel settore formale di riciclaggio degli E-waste. “Negli ultimi anni abbiamo sostenuto diversi Paesi nei loro sforzi per migliorare i loro sistemi di gestione dei rifiuti elettronici – dice Böni -. In quasi tutti i Paesi partner sono state emanate norme adeguate”. 
Un giorno, forse, grazie anche all’esperienza dei professionisti svizzeri, posti come Agbogbloshie potrebbero diventare solo un brutto ricordo. 


Agbogbloshie, © Wikimedia

IL RICICLAGGIO DELLA TECNOLOGIA IN TICINO

Nel 2018 nel Canton Ticino sono state raccolte separatamente 4’643 tonnellate di rifiuti elettrici ed elettronici. Una buona parte di questi rifiuti finisce a Pollegio nel centro di raccolta di Caritas Ticino. “A Pollegio da 25 anni Caritas Ticino raccoglie e fraziona rifiuti elettrici ed elettronici”, racconta il direttore Marco Fantoni. L’attività di raccolta e frazionamento, per la quale è necessaria un’autorizzazione cantonale, prevede la raccolta di prodotti dell’intrattenimento e della burotica (computer, televisori, stampanti) e grandi e piccoli elettrodomestici (frigoriferi, lavastoviglie, lavatrici). “Nel nostro centro di Pollegio le apparecchiature vengono poi smontate manualmente – spiega Fantoni –. Alcune frazioni come plastica e ferro vengono consegnate a imprese locali, altre frazioni invece, come per esempio le schede dei computer contenenti metalli preziosi, finiscono oltre Gottardo presso la ditta Immark AG di Regensdorf, che continua il processo di riciclaggio dei materiali”. Nel 2019 il centro di Pollegio ha raccolto e frazionato 2’671 tonnellate di rifiuti elettrici ed elettronici. Ciò significa che circa il 60% dell’E-waste raccolta separatamente in Ticino passa da Pollegio. Un progetto, quello di Caritas Ticino, con un fine sociale. “L’attività di smontaggio degli apparecchi crea 15-20 posti di lavoro che vengono offerti a persone in disoccupazione,
in assistenza o richiedenti asilo – dice Fantoni –.  L’obiettivo principale del progetto è proprio accompagnare le persone nel loro percorso verso un posto di lavoro fisso”. Per questo motivo, nel 2012 Caritas Ticino ha lanciato un secondo progetto occupazionale incentrato su raccolta e frazionamento dei rifiuti elettrici ed elettronici nel Mendrisiotto.

 

 

 

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