Madonna di Re, un sogno che dura dal 1972
Intervista a Michele Andina, presidente del CdF: ‘Trovo che l’incontro di due mondi apparentemente distanti possa dare nuove possibilità’
Di Natascia Bandecchi
Pubblichiamo un contributo apparso su ticino7, allegato a laRegione
A Claro, incontriamo Michele Andina, presidente del Consiglio di Fondazione Madonna di Re, realtà nata una cinquantina di anni fa dalla visione di Don Giovanni Maria Colombo, artefice del primo laboratorio protetto con possibilità abitativa del Canton Ticino. Oggi le sedi della fondazione sono quattro e la missione intrapresa da Don Colombo continua tutt’ora con l’intento di far interagire gli utenti portatori di handicap con ‘il mondo là fuori’.
“Io la sera mi addormento e qualche volta sogno perché voglio sognare”, questi i versi de I treni a vapore, una poesia in musica scritta da Ivano Fossati per Fiorella Mannoia. Di chimere se ne intendeva Don Giovanni Maria Colombo che affermava risoluto: “Ho sempre sognato e non voglio smettere”. Ed è proprio grazie alla sua visione, alla sua determinazione e alla sua capacità di realizzare ciò che sembrava utopico in un’epoca apparentemente impreparata ad andare oltre le apparenze dell’handicap, che vide la luce il primo laboratorio protetto con offerta abitativa nel Canton Ticino. Da allora, la Fondazione Madonna di Re ha aperto quattro sedi: due a Bellinzona, una a Piotta e una Claro. Ed è nella verdeggiante frazione di Bellinzona che mi ospita Michele Andina, presidente del Consiglio di Fondazione.
Anzi, a dirla tutta, prima vengo calorosamente accolta dai padroni di casa: gli utenti della struttura con cui prima pranzo e, dopo il caffè, gioco a rubamazzetto. Ed è di un’altra consistenza il filo che collega Michele Andina a Madonna di Re: “Inizialmente sono arrivato in Fondazione quasi per caso una decina di anni fa. Da bellinzonese conoscevo Don Colombo, lo si incontrava tutti i sabati al mercato cittadino insieme ai suoi ragazzi – come amava chiamarli lui – dove vendevano le loro opere (oggetti di legno, vimini…). Una volta parte di questo universo, mi sono reso conto che il filo rosso di Madonna di Re sono loro: le persone che vivono e frequentano le 4 sedi”. Michele comprende con il tempo che non è lui a fornire un servizio agli utenti, ma sono loro a donargli qualcosa di impalpabile e prezioso.
Carisma
Si parla spesso di personalità carismatiche, ma, quando si pensa a Don Colombo, Michele aggiunge che lui non era semplicemente carismatico. “Credo abbia ricevuto un carisma che gli abbia permesso di creare delle strutture affinché le persone con abilità diverse potessero esprimere la loro unicità. Mai come oggi – continua – la Fondazione desidera far fiorire ancor di più la parte artistica degli utenti attraverso gli atelier nei nostri centri, proprio come anelava Don Colombo”.
Distanza apparente
In passato la persona considerata diversa spesso veniva segregata, emarginata dalla società, perché considerata inetta e per certi versi pure di intralcio alle faccende del quotidiano. Dagli albori, Madonna di Re ha scelto, grazie alla scintilla divina e alla caparbietà di Don Colombo, di includere nella società, considerata “normale”, il “diverso”. “L’intenzione è quella di far interagire gli utenti della Fondazione con “il mondo là fuori” e far comprendere alla popolazione che non c’è nulla di cui temere, sono esseri umani, come tutti noi”. Il filosofo Lévinas affermava che l’incontro con l’altro è l’incontro con l’infinito, quindi perché ergere barriere davanti a un’ipotetica Terra Promessa? Michele aggiunge: “Trovo che l’incontro di due mondi apparentemente distanti possa dare nuove possibilità”.
© Ti-Press / Ely Riva
Don Giovanni Maria Colombo
Realtà ridimensionata
Michele Andina entra nel Consiglio di Fondazione per le sue capacità in ambito finanziario, ma la vita si sa è imprevedibile… “Grazie all’esperienza a Madonna di Re, ho integrato nuovi valori e punti di vista sociali e umani che ho portato nel mio lavoro in banca. In alcuni passaggi critici della mia carriera ciò che mi ha salvato sono stati l’affetto e la presenza degli utenti”. Nonostante attraversasse momenti di sconforto andava a far loro visita e, sulla via del ritorno, la sua visione della realtà era totalmente ridimensionata. “Lungi da me l’idea di etichettarli come poverini, anzi, guarda che forza mi stanno trasmettendo”.
Accoglienza
Perché mettersi su un piedistallo e giudicare chi sia migliore dell’altro o non lo sia? Eppure ogni tanto capita, forse inconsapevolmente. La società da un lato ambisce a essere inclusiva, ma dall’altro ci sono profondi retaggi che affondano le loro radici in condizionamenti sociali e quindi si può inciampare – anche solo con il pensiero – nei pietismi.
“Non dirò nulla di nuovo, ma alla base c’è la paura. L’unico consiglio che posso dare è di confrontarsi, interagire con persone che apparentemente sono diverse. Che si parli di disabilità o di qualsiasi altro ambito che consideriamo diverso da noi. Non dobbiamo ergerci a modello per nessuno, basta essere più accoglienti. Se ci pensiamo, anche ‘loro’ potrebbero dire che a essere diversi in realtà siamo ‘noi’”.
Claro
Non è un periodo semplice per le realtà senza scopo di lucro che operano per esempio nel settore sociale. La coperta, come si suol dire, diventa sempre più corta e contesti come la Fondazione Madonna di Re, riconosciuta di pubblico interesse dallo Stato del Canton Ticino, si affidano alla generosità di chi sostiene la loro filosofia. “Tra i progetti più ambiziosi che bollono in pentola c’è il rifacimento completo della sede di Claro, che oggi non è più adeguata agli standard richiesti. È in atto un concorso internazionale di architettura che designerà il vincitore per la fine di questo dicembre, che permetterà di ricostruire la nuova sede”. Michele aggiunge che, fortunatamente, il Cantone parteciperà alla realizzazione del progetto grazie al mandato di prestazione in essere, ma ci sarà più della metà della spesa a carico della Fondazione. “Speriamo di raccogliere i fondi necessari grazie alla generosità di molte persone che vorranno sostenere la nostra visione”.
© Ti-Press / Pablo Gianinazzi
Presidente del Consiglio di Fondazione Madonna di Re da una decina di anni
L’incontro
Stupore quotidiano
Erano i primi anni Novanta, Roberta faceva la decoratrice a Zurigo, ma l’universo del sociale l’ha sempre attirata. “Don Colombo mi diede la possibilità di fare uno stage di due settimane a Claro. Dopo il primo colloquio mi disse: ‘T’à guardat föra ben’”. Da 32 anni Roberta Giani ha la stessa passione dell’inizio. Negli anni ha professionalizzato il mestiere diventando educatrice e oggi è la responsabile della sede di Claro. “Ogni giorno torno a casa arricchita di qualcosa in più. Bisogna lasciarsi stupire quando si varca la soglia del centro: ognuno di loro ha un non so che, con il potere di donare meraviglie”.
Ulteriori informazioni: www.mdr-enoi.ch.