Hans Kammermann e la poetica cromatica

‘L’obiettivo del mio dipingere è di entrare negli aspetti più reconditi delle cose, delle situazioni che vive l’uomo e dei sentimenti che lo attraversano’

Di Keri Gonzato

Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, allegato del sabato a laRegione

Nato a Lucerna nel 1948, da giovane scopre di avere tre sogni: pittura, poesia, fotografia. Nel ’68 inizia il periodo del viaggio che lo porta in Africa e poi in Grecia e lungo il Mediterraneo. Per due anni si immerge nell’arte e nei monumenti di altre culture, incontra molte persone e amplia la sua conoscenza del mondo. Nel 1975 torna in Svizzera e si trasferisce con la moglie in Ticino, trovando qui un compromesso culturale tra Nord e Sud. Entrambi iniziano un periodo in cui si dedicano alla pittura, dialogando con la natura e coi paesaggi interiori della mente. Tutt’oggi Hans e Anna condividono vita e lavoro nel loro atelier di Sessa.

Aprendo il catalogo con le ultime opere pittoriche di Hans Kammermann ritrovo l’emozione di Emily Dickinson. La poetessa statunitense – affascinata dai segreti di natura, amore e morte – è la sua autrice preferita. I versi sono seguiti dai colori dell’artista che scorrono come un fiume. Il suo linguaggio pittorico fa pensare alla tecnica narrativa del flusso di coscienza che consiste nella libera rappresentazione dei pensieri di una persona così come compaiono nella mente, tramite un monologo interiore ricco di emozioni e sentimenti, passioni e sensazioni, prima di essere riorganizzati logicamente in frasi. Kammermann esperisce il proprio monologo interiore attraverso pennelli e colori. La figura, in una continuità organica, emerge dalla natura che per l’artista è sempre il principio di tutto. A volte si staglia più nitida, altre volte sparisce in un tutto multiforme. Il suo desiderio di entrare nel profondo delle cose lo porta dapprima a indagare il mondo naturale. Poi, nel corso del tempo, il suo interesse si dirige verso la forma umana, i paesaggi del subconscio e la cromatica dell’essere. “Capita spesso che io rivisiti più e più volte la medesima tela, anche a distanza di mesi, a manifestare l’evoluzione del mio processo interiore con nuove tracce”. Ne risulta una morbidezza cromatica che calma a cui si unisce una profondità senza fine che conturba: “La creazione di un’opera d’arte è un processo aperto, un continuo trasformare in cui bisogna lasciare andare la forma precedente per accogliere il mistero del nuovo” riflette, “forse il punto di arrivo di questa trasformazione è quando il quadro viene acquistato, ma in fondo anche lì continua a evolvere attraverso gli occhi di chi lo guarda”.


© Gregorio Esposito

Rincorrendo la natura

Sensibile, gentile, aperto all’altro, Kammermann incontra la realtà con la curiosità di chi ama conoscere cosa si cela sotto alla superficie. “La scelta di vivere in modo semplice, vicino alla natura e ai suoi ritmi, ha accompagnato la mia vita”, dice il ricercatore dell’essenza. La semplicità gli permette di sentire, vedere, ascoltare meglio. “L’obiettivo del mio dipingere è di entrare negli aspetti più reconditi delle cose, delle situazioni che vive l’uomo e dei sentimenti che lo attraversano”. La natura è una presenza costante sin dai primi anni. Cresce ad Emmenbrücke, vicino a Lucerna, dove passa la fanciullezza tra boschi e prati. D’estate, con il padre, fugge dalle case sussidiate dove vive la famiglia per raggiungere le montagne. “Un amore, quello per le camminate in montagna, che continua a vivere in me portandomi in giro per i sentieri malcantonesi”, racconta il pittore che 50 anni fa ha scelto il Ticino come casa.
“I miei vent’anni sono stati nomadi, liberi, spinto dallo spirito degli anni Sessanta, ho passato lunghi mesi in Africa, in India per poi approdare sulle coste del Mediterraneo, dove mi sono innamorato della Grecia. Lì la civiltà pare essersi fermata su ritmi arcaici: immersione nella natura, incontri coinvolgenti, grandi discussioni, un sentimento di pace mentre iniziavo a lavorare con l’arte”. Lavora come contabile in Sudafrica, poi risale da Città del Capo verso Durban, Port Elizabeth, l’allora Rodesia, Zambia, Tanzania, un’ascensione sul Kilimangiaro, Uganda, Ruanda, Burundi, poi da Mombasa si imbarca per l’India, catturato da monumenti, arte, cultura. “Mi interessava il versante naturale della vita, quello che noi stavamo perdendo: le vecchie culture, le radici della civiltà, il rapporto con la natura. Sono rimasto affascinato dalla loro vita naturale e abbondante, per colori, emozioni, tradizioni, sentimenti. Non avrei più voluto tornare”.
Ma prima o poi il richiamo di casa si fa sempre sentire… Torna a Zurigo, insegna per qualche tempo in una scuola privata poi riparte, quasi fugge verso l’Africa dell’Ovest, il Sahara, verso altre esperienze indimenticabili. Durante un viaggio a Firenze, entrando per la prima volta nell’atelier di un artista, sente la chiamata definitiva alla pittura… “In quel momento ho realizzato che fare arte è immergersi nel lavoro della ricerca, che dall’idea porta all’opera, sporcandosi le mani: pennelli, spatole, tele, pigmenti, pensieri ed emozioni. Quella folgorante visita mi ha aperto la strada, lì ho iniziato a dipingere con continuità”.


“Sogno e ricordi – In the Flow”

Una continua scoperta

L’anima vagabonda trova un approdo nell’amore per la giovane artista Anna, che conosce a Zurigo a 26 anni, con cui avrà 3 figli. “Lei stava completando gli studi artistici, mentre io dipingevo da autodidatta. Avevamo bisogno di un luogo dove vivere e creare liberamente e abbiamo scelto il Ticino per il suo calore, l’accoglienza e la minor rigidità”. Inizialmente vivono a Magliaso, in una casa antica vicino al fiume. “Un luogo grezzo, perfetto per impostare una vita semplice, con le prime luci del giorno mi alzavo occupandomi degli animali e dell’orto, poi andavo a Lugano dove avevo un impiego come commercialista e la sera cercavo di ritagliarmi un momento per l’arte” ricorda, “qualche anno dopo, quando ci siamo spostati in Malcantone, ho tagliato le distrazioni, realizzando che l’arte richiedeva la mia totale attenzione affinché potessi sviluppare appieno le mie capacità espressive”. Da allora condivide con la moglie l’Atelier-Galleria Santa Maria di Sessa, una casa antica con un giardino fiorito. Qui sono accadute molte cose. Oltre all’evoluzione artistica personale dei due, queste mura hanno visto passare molti amici, creativi e intellettuali, come la compagnia teatrale Mummenschanz, per delle residenze creative. “Fin dagli anni Sessanta il Malcantone attira liberi pensatori e anime creative e noi, in modo naturale, abbiamo semplicemente continuato questa tradizione. A un certo punto eravamo prossimi dal fare il passo di ufficializzare l’Atelier come progetto per residenze artistiche, ma poi, per una serie di motivi, il salto istituzionale non è avvenuto, cosa che ci ha permesso di continuare sulla strada della semplicità”. Una vita semplice che, attraverso l’indagine pittorica e filosofica, penetra la complessità della vita. Un viaggio di scoperta – nell’estasi da indovinare – che non finisce mai.


© Gregorio Esposito


‘Quartetto giocoso’

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