Live in Ticino. Voci da ‘strani’ concerti del secolo scorso

Una musica ‘fatta apposta per causare la sovreccitazione di cervelli ancora in formazione (…) meno resistenti a vibrazioni ritmate’? Ok, è solo r’n’roll

Di Mauro Stanga

Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, allegato a laRegione

Le esibizioni dal vivo per molte persone sono una sorta di rituale laico, che comunica sensazioni di condivisione e senso d’appartenenza. Ce ne siamo resi conto un po’ tutti, nel periodo in cui questa forma d’intrattenimento, di socializzazione e di fruizione culturale era stata per cause di forza maggiore sospesa. Il Ticino ha un legame particolare coi concerti, come già emerso in passato in questa rubrica, quando ricordavamo due controverse esibizioni avvenute negli anni Ottanta in Piazza Grande a Locarno, con protagonisti Vasco Rossi e l’accoppiata Roberto Benigni ed Enzo Jannacci (si veda Ticino7 n. 3/2022 del 22 gennaio e n. 6/2022 del 12 febbraio). In questo nuovo contributo rievocheremo altri episodi significativi o particolari, pescando, come è abitudine ormai consolidata, tra le pagine della stampa cantonale del Ventesimo secolo.

Siamo nel 1964, anno in cui sulle coste del Verbano sbarcano gli Yardbirds, supergruppo che di lì a pochi anni, dopo diversi cambiamenti di formazione, evolverà fino a dare vita ai Led Zeppelin. L’evento più mediatizzato (oggi diremmo così) di questa avventura è stato un’incredibile esibizione del quintetto – Eric Clapton compreso – nel reparto giocattoli di un grande magazzino locarnese.
L’onda lunga di frastuono e riverberi sfociò inevitabilmente sulla stampa locale, suscitando stupore e scalpore soprattutto su quella di area conservatrice (acqua fresca rispetto al “senso di ribrezzo” di cui ci è toccato leggere in questo anno domini 2022, va detto…).
Il Giornale del Popolo, dopo aver notato con soddisfazione che il Ticino risulta “fortunatissimamente escluso” dagli “isterismi” suscitati tra i giovani di tutto il mondo dai “Beattles” (sic), descrive in termini pittoreschi la band esibitasi nel grande magazzino, concentrandosi in particolare sul cantante, che si dimenava “magari pestandosi in testa il tamburello che noi si usava per la ginnastica”. La performance viene descritta sbrigativamente come “un baccano d’inferno”, caratterizzato dal “rumore fatto uscire più forte dagli altoparlanti” e dalle “mosse scimmiesche impiegate durante l’esibizione”.
Anche Popolo e Libertà descrive l’evento evocando biblicamente il “fracasso proveniente dal piano superiore, dove pareva si fossero aperte le cateratte del cielo”, per poi lanciarsi nel seguente pistolotto apocalittico che parte dalla musica per raggiungere per direttissima sociologia e antropologia:
“La loro non è musica nel vero senso della parola: è un insieme di suoni ritmati, che propagati in una sala chiusa ti offrono solo due possibilità: o tapparti le orecchie se non hai i timpani corazzati, o impazzire. Ci sono naturalmente varie forme di pazzia – individuale o collettiva – che vanno dallo scatenamento di un riflesso che annebbia il cervello e agita il corpo, per arrivare alla furia incontrollata. Essa ricorda l’effetto che l’ossessionante rullo di tamburi e tam-tam fa su certe tribù primitive dell’Africa. Una pazzia che ti prende per gradi, fino a esplodere in atti inconsulti. Tanto più pericolosa perché alimentata da scimmiesco spirito di emulazione di certa gioventù moderna la quale, presa singolarmente è formata da individui innocui e normalmente ‘senza spina dorsale’, ma che in gruppo si fa minacciosa e ha delle reazioni incontrollabili, selvagge. E la ‘musica’ degli Yardbirds è fatta apposta per causare la sovraeccitazione di cervelli ancora in formazione e quindi meno resistenti a vibrazioni ritmate di tal fatta che, per la loro potenza hanno, bisogna riconoscerlo, un misterioso potere che scuote fino alle viscere”.


1967: “Libera Stampa” riferisce dei vandalismi successi a margine del “Torneo Beat” di Lugano.

Gente strana questi ‘beat’

Prendiamo atto di queste oscure constatazioni e passiamo al 1967, anno in cui i semi lasciati in Ticino dagli Yardbirds iniziano a germogliare, dando vita addirittura a un “torneo di musica beat” per band locali, tenutosi al Padiglione Conza di Lugano. I timori espressi dal giornale Popolo e Libertà sembrano trovare fondamento, stando al resoconto dell’Eco di Locarno, che parla di “scene collettive di isterismo”, di cui fanno le spese “un centinaio di sedie del Padiglione Conza, una finestra della toilette che è stata sfondata e centinaia di bottiglie di birra lanciate in tutte le direzioni”.
La strada ormai è tracciata; quando un fenomeno dirompente come la musica rock inizia a prendere piede, chi lo ferma più… fu così che nel 1976 sulla stampa ticinese si annuncia un evento che solo a pronunciarlo gira un po’ la testa: “Frank Zappa in concerto a Mezzovico”. Il nome altisonante (non solo per effetto dei già evocati “amplificatori”) generò grande curiosità e attesa.
Il Dovere, per esempio, nelle settimane precedenti all’evento favoleggiava in questi termini: “Zappa, pare, riempirà il Palazzetto dello Sport di Mezzovico di palloncini, coriandoli e piume colorate”. Con l’avvicinarsi della data del concerto, si cominciò a parlare di possibili azioni di contestazione legate al prezzo dei biglietti (20 franchi…), paventate attraverso volantini distribuiti nelle scuole superiori del cantone. Ma nulla fu lasciato al caso; il co-organizzatore Jacky Marti, in un’intervista rilasciata al Corriere del Ticino puntualizzava che per garantire il corretto svolgimento della serata sarebbero stati impiegati “dieci cani lupo e boxer della società cinofila”. Dopo il concerto la stampa diede risalto a qualche vandalismo – 13 gomme bucate alle automobili parcheggiate – e al ritrovamento di una possibile e rudimentale “bomba incendiaria” nei pressi del Palazzetto. Non proprio un buon segnale, se si considera che cinque anni prima il Casinò di Montreux fu totalmente distrutto dal fuoco proprio durante un concerto di Frank Zappa. Ricordiamo che all’episodio è ispirata l’inossidabile hit dei Deep Purple ‘Smoke On the Water’ (1972): “We all came out to Montreux / (…) Frank Zappa and the Mothers / Were at the best place around / But some stupid with a flare gun / burned the place to the ground / Smoke on the water, a fire in the sky“). “Bomba o non bomba”, filò tutto liscio. Ma il destino del Palaghiaccio di Mezzovico doveva già essere segnato: crollerà solo due anni dopo, sotto il peso di una copiosa nevicata…


1967: “A Chiasso tutto bene”, dice l’”Eco di Locarno”. Grazie anche a un notevole dispiegamento di forze?

Arriva Enzo (forse in Lambretta)

Per concludere, ci concentriamo sui particolari esordi ticinesi di due grandi artisti milanesi, ai quali il nostro cantone doveva sembrare un comodo sbocco verso un mercato in qualche modo “internazionale”.
Il primo è Giorgio Gaber, che si esibì più e più volte, fin dal 1959, in terra ticinese. Tra le più curiose scorribande vanno senz’altro ricordate un’apparizione nel 1961 a una serata musicale nell’ambito del Carnevale Rabadan e un’esibizione del 1962 su un battello durante una crociera notturna sul Ceresio, denominata “Show boat” (il Corriere del Ticino parlerà in toni poco entusiasti del “repertorio twist” da lui proposto, in un contesto probabilmente poco consono alla sua indole).
Dal decennio successivo Gaber tornò più volte in Ticino con i suoi celeberrimi spettacoli del “teatro canzone”. A margine della sua prima esibizione di questo filone, al Cinema Excelsior di Chiasso nel 1971, il Giornale del Popolo ebbe modo di esprimersi, pur ammettendo il pieno successo della serata, in questi severi termini:
“Il Signor G ha sparato un po’ su tutto e su tutti senza troppi peli (e censura…) sulla lingua. (…) Lasciamo perdere il fatto che, in ultima analisi, è una società che all’artista torna molto comoda quando si tratta di firmare contratti, di intascare una bella manciata di biglietti da mille per una serata. Facilissimo e comodo contestare la società del benessere; molto più bello e comodo poi viverci dentro e lautamente, da nababbi. (…) Possibile che siano tutti contestatori della società d’oggi la maggior fetta degli artisti i quali proprio dalla società vituperata e condannata hanno fatto e continuano a spillare soldi a palate?”.
Infine, l’altro artista milanese generosamente acclamato in Ticino fin dalla metà degli anni Sessanta è Enzo Jannacci. Di lui si può certamente ricordare una strana esibizione del 1969 a Balerna, in occasione dei festeggiamenti per la locale filarmonica. Negli annunci pubblicati sulla stampa, il nome di Jannacci compariva timidamente come “spalla” dell’orchestra danzereccia Uccio e i Solitari, ma dove non arriva la stampa, possiamo ricorrere a un’altra valida fonte storica: le testimonianze orali. Nelle rinomate bettole di Balerna c’è ancora qualcuno che ricorda, previa assunzione di innumerevoli bicchieri, come Jannacci arrivò da Milano in Lambretta, ma senza chitarra. A salvare la situazione ci pensò un tale “Franchin pituur“, personaggio del luogo, che prestò la sua chitarra all’Enzino, che ringraziò fornendo un concerto di notevole fattura. Verità o leggenda balernitana? A noi piace pensare che le cose siano andate effettivamente così, anche se sui giornali dell’epoca non si trova traccia di cotanta bellezza.

Nota: come di consueto, per le ricerche ci si è avvalsi dell’ottimo Archivio digitale dei quotidiani e periodici del Sistema bibliotecario ticinese: www.sbt.ti.ch/AQP.


1976: il “Giornale del Popolo” comunica dove acquistare i biglietti, e segnala le polemiche, proprio sul prezzo (20 franchi)


1976: “Libera Stampa” dà la grande notizia: Frank Zappa live a Mezzovico!


1969: il “Giornale del Popolo” annuncia, in sordina, l’arrivo di Enzo Jannacci a Balerna


1964: gli Yardbirds suonano nel reparto giocattoli di un grande magazzino locarnese. Il titolo è del “Giornale del Popolo”, la rara testimonianza fotografica proviene dal sito sams-collection.ch


1961: i “giovanissimi” Giorgio Gaber e Maria Monti al Rabadan (da “Popolo e Libertà”)

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