Nella terra che fu di Tito (con Battisti e Cutugno)

Di Red.Ticino7

Sono rari i dischi di cui, a distanza di decenni, ancora si parla e che, soprattutto, ancora si ascoltano. Il mio canto libero di Lucio Battisti è l’album che ha coinvolto decine di generazioni, protagonista assoluto di tutto il 1973, con vendite record in ogni formato: vinile, musicassetta, stereo8, per non parlare delle selezioni dei juke-box. Se si entrava in un negozio di dischi era quasi sempre per acquistare questo disco, che è poi risultato il più regalato del decennio. Sergio Mancinelli ci racconta la storia e l’importanza di questo disco.
Finire in Jugoslavia, per calcolo o per caso, può ancora accadere a oltre trent’anni dalla sua dolorosa e scomposta dissoluzione. Ma questo non vuole essere un manuale di storia che distribuisce patenti e colpe, né una guida esaustiva di città, musei e ristoranti imperdibili, piuttosto un viaggio parziale negli anni del Maresciallo Tito, della stella rossa sulla bandiera, dell’estetica brutalista in cui il socialismo si faceva carne e cemento e dei poster minimalisti con colori acidi, che ti facevano subito capire che sì, c’erano i comunisti, ma erano comunisti a modo loro, con gusti loro, diversi dai sovietici.
Nei quarant’anni dalla sua uscita, il 4 febbraio del 1983, ‘L’italiano’ di Toto Cutugno ha superato tutte le tappe d’obbligo per diventare un classico. ‘Lasciatemi cantare’ ha attraversato gli anni con lo stesso imprevedibile destino di un’autoradio rubata, con buona pace del protagonista che per sicurezza se la portava “sempre nella mano destra”: prima successone pop; poi malinconica reliquia d’un passato di cui vergognarsi un po’, come di certe Polaroid del matrimonio; infine opera che racchiude come nell’ambra non solo un’epoca, ma appunti per un’identità di popolo, per quanto confusa e contraddittoria.
Tutto il resto (ed è sempre “tantaroba”), come sempre, lo trovate tutti i sabati con laRegione. Ma solo su Ticino7. Buona lettura.

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