Incanto e disincanto: versi (inediti) di Alberto Nessi
“(…) Si accorgerà della mia assenza / questo carpino bianco, senza foglie / nella stagione dell’abbandono?”
Di Alberto Nessi
Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, allegato a laRegione.
Si veda anche l’articolo di Cristina Pinho apparso venerdì 23 dicembre.
*
Fusaggine, fuggiamo insieme dal buio.
Da soli, senza uomini e cani
andiamo nel regno dove tace l’odio
e la sofferenza cambia segno,
s’invola come il martin pescatore
che ho visto una sola volta da ragazzo
un pomeriggio di vagabondaggio
lungo la Breggia.
Tu, fusaggine, conosci
la voce del vento e parli sottovoce
non gridi mai.
*
Cosma, sono qui
in questa camera verdolina
davanti ai biscotti al cioccolato
che ti piacciono tanto
e sto decifrando il tuo geroglifico
– albero foglia codirosso
NONO. Giù in Cafeteria
ho incontrato uno che mi ha detto ciao
ma non l’ho riconosciuto subito, così gonfio.
Giocava con me nella DYNAMO di Vacallo
– non quella di Mosca. Avevamo
una maglia azzurra a righe
comprata d’occasione. Allora
potevo essere questo e quello
maestro e giocatore, albero e farfalla,
attore. Allora
giocare a calcio era una questione
di vita o di morte. Come oggi.
*
Albeggia in clinica, la mente
torna a vorticare. Forse è fiorito
l’elleboro sui balconi, il denaro
nelle banche si sbianca,
avido il luccio naviga sul fondo.
Albeggia in clinica
l’infermiera di Cadorago
prepara la piantana dei liquidi,
dormiva all’Hôtel Federale
durante la prima ondata Covid, suo padre
coltivava riso nella pianura pavese.
Albeggia in clinica, ma attenti
qualcuno vuole ficcarci un chip nel cervello
per farci adorare il nuovo dio.
La meteo prevede tempo nebbioso.
*
Mi sfiora il rametto di calicanto
che mi hai portato, sottile di pelle
come la piccola Dora
che ha appena compiuto un anno.
È scarno, il rametto, un uccello di neve
e mi sembra contento
quando sa la buona notizia.
*
La cima del monte
nel cielo senza vento
una spina punge
dentro.
*
Abbiamo vissuto in tono minore
all’ombra di monumenti e discorsi
con desiderio e paura di grandi gesti.
Il mondo intorno a noi
era meteora impazzita:
qualcuno ha visto l’urogallo, qualcuno
contrabbandato armi sui sentieri alti
qualcuno s’è tolto la vita.
Ma presto l’incendio s’è spento
e ci siamo nascosti sulle colline
lontano dalle città. Solo la fuga ci restava
anche da noi stessi e dalla nostra
mediocrità. Trascurati dalla storia
continuamente in cerca di ragioni per vivere
ora ascoltiamo il rimbombo del mondo
nascosti in tane dorate
mentre fuori si muore.
*
Bontà, come si stenta a pronunciarla
questa parola
appare come un bagliore
nel temporale…
*
Si accorgerà della mia assenza
questo carpino bianco, senza foglie
nella stagione dell’abbandono? I miei pensieri
avranno lasciato un po’ di polline
sulle sue gemme ? E la cincia
si ricorderà della voce umana? Le nuvole lassù
del mio passaggio? Eh no!
pretendi forse d’essere immortale?