Lauro Rodoni e quella cassetta misteriosa

La Val Pontirone è casa sua e quassù fa il pastore più o meno da quando ha imparato a camminare.

Di Lorenzo Erroi

Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, allegato a laRegione

Un luogo comune vuole la gente di valle fatta a immagine e somiglianza delle sue montagne: aspre e spigolose, nel caso della Val Pontirone, estrema e nascosta appendice dei monti sopra Malvaglia. Però non è sempre vero. Prendi uno come Lauro, per esempio, che adesso gli manca solo un paio d’anni per la pensione. Certo, neanche lui, come molti altri qua intorno, è di troppe parole, e i suoi modi sono quelli di chi deve star dietro al lavoro su questi pendii scoscesi, mica roba da fighetti.

Il Lauro è anche socievole e bonario, i ‘tunarett’ che tira su lo adorano, e in ognuno dei piccoli villaggi che punteggiano la montagna, qualcuno che lo invita per un piatto di gnocchi o una birra lo trova sempre. Col suo vecchio cappellino liso, la canottiera arancione – altre volte rossa – ormai slavata sui calzoni da lavoro blu, gli scarponi grossi come scaldabagno e il forcone d’ordinanza, scambia due battute con tutti perché “a me non piace mica tanto, la solitudine. A star da solo rischi che ti fai male”. Lo dice in quel dialetto un po’ nasale e strascicato che è tipico delle zone attorno a Biasca, dove abita d’inverno, mentre d’estate sale qui e da giugno a settembre porta le sue novanta pecore su all’alpe Biasagno, “una zona isolata, dove senti proprio l’aria e il silenzio” (ha anche una ventina di mucche nutrici e sedici galline “per le uova”, e insomma, “almeno non devo fare l’operaio sotto padrone”).


© L. E.

Contadini si nasce

Quando gli domando come è diventato contadino, Lauro mi fissa con i suoi occhi azzurri, la faccia stupita di uno che in fin dei conti non ha mai avuto bisogno di chiederselo: contadini si nasce. “Sono arrivato a Pontirone che ero in culla, e mio papà lavorava in ferrovia, ma aveva già le bestie”. Alla sua morte, avvenuta quando il figlio aveva solo 17 anni, proseguire l’attività agricola è parsa la scelta più naturale. Anche perché a scuola Lauro non brillava: “Lasciamo perdere, dai”, mi dice con un sorriso dispettoso, “ho fatto la scuola maggiore, ma a fatica. Il maestro delle elementari mi picchiava col righello sulle mani, e mi ricordo che una volta l’ho rivisto e gli ho detto che mi sarebbe piaciuto dargliele indietro. Io poi ho sempre pensato che ero meno degli altri”, osserva abbassando lo sguardo, con una punta di rammarico nella voce.
Sarà anche per quello che si raccomanda subito, quasi a scusarsi: “Adesso non mi fare passare per quello che lavora tutto il giorno e ha fatto chissà cosa e sembra che ha inventato il vapore, mi raccomando”. A sentirlo pare quasi semplice, addirittura ovvio, quel lavoro di allevamento e fienagione che le gambe e le spalle d’un cittadino le stronca in mezza giornata: “Alla fine per avviare un’azienda agricola servono solo tre cose, la salute, la buona volontà e un forcone”. Poi per fortuna c’è chi l’aiuta, “come l’Andrea Bernasconi e il Loris Raffaini, che ormai saranno vent’anni che vengono sempre su a darmi una mano, e s’impegnano, altroché. Cosa facevo io, senza di loro?”. O ancora i tanti apprendisti che ha tirato su, che lo seguono come papere e magari lo prendono anche un po’ in giro, così per ridere, ma si vede che lo ammirano. A ognuno Lauro insegna con l’esempio, “non c’è poi da spiegare chissà che cosa. Anche se adesso quando escono da Mezzana vogliono guadagnare subito, e molti mollano presto. Però il posto è dei giovani, e di bravi ce ne sono. Bisogna crederci”. Lo dice mentre fa una carezza al suo cane, il pacifico border collie che chiama Lady, che adora buttarsi nei mucchi di fieno, ma non si tira indietro quando c’è da dare una zampa al lavoro.


© Ti-Press / Samuel Golay

Sostenibilità e nuove leve

Nel mezzo secolo che lo ha visto tra i custodi della valle – andrà ricordato che senza figure come lui ci si troverebbe i noccioli fin dentro in cascina – di cambiamenti ce ne sono stati tanti. “Sono arrivati i Vip, come li chiamo io, quelli che si lamentano di tutto… pensa che una volta ho preso una multa di cinquecento franchi perché le mie mucche sono scese giù coi campanacci a Fontana” , la frazione che con le sue antiche cascine di legno e sasso precede Biborgo, e apre la strada ai sentieri verso Mazzorino e le cime nude dai cui piedi arrivava una volta il legno per i moli del porto di Genova, o almeno così si racconta. Però, anche se dice che “a volte mi fido più della volpe che delle persone”, Lauro non cede al fascino delle contrapposizioni facili, e aggiunge subito: “Naturalmente non sono tutti così, scrivilo, che c’è anche gente in ordine”. Resta il fatto che “vedo tanta gente arrabbiata con se stessa e con gli altri. Quando li incontro penso che non avere niente è dura, ma anche avere tutto non è così facile”.
La sostenibilità del suo lavoro dipende da una serie di fattori, quali la vendita della carne – e della lana, in misura molto minore – e i sussidi pubblici per la cura del paesaggio, che poi significa aiutare i contadini con certi lavoracci che altrimenti non farebbe più nessuno. Va anche detto che “per venire a segar fieno quassù non trovi una gran concorrenza, anche se quel profumo per me è quello dell’estate”. D’inverno arrotonda spalando la neve e spargendo sale.
Il problema, semmai, è trovare un successore: come il giovane ‘Sprügascett’, all’anagrafe Eric Sprugasci, che si direbbe intenzionato a rilevare l’azienda agricola Rodoni (“Ma Eric lo devo scrivere con la ci o con la kappa, Lauro?”. “Ah, a me lo chiedi?”). Quando parla dei ragazzi, Lauro, che non ha famiglia ma di gente ne ha vista passare e se n’è anche preso cura, si illumina. Anche se a volte sono proprio loro a fargli venire qualche colpo al cuore: “Come la volta che un ragazzino si è ribaltato col trattore, quello è stato lo spavento più grosso che ho preso in vita mia. Fortuna che non si è fatto niente”. Il momento più difficile, invece, “è quando ti muore una bestia: ti rendi conto di cosa vuol dire stare tanti anni con un cane o una vacca? Anche portare le pecore più vecchie al macello a Malvaglia… ormai perché è un mestiere così e bisogna farlo, due più due fa quattro, ma non è facile”.
Tornando alla famiglia, Lauro ricorda che accanto al padre Quinto c’era la mamma Silvana, “che aiutava tutti, tutti quelli che avevano bisogno passavano da casa nostra, parenti e amici, quando qui in Pontirone c’erano ancora molte famiglie e una ventina di ragazzini. Ne ha fatti di caffè, la mia mamma!”. E poi c’è la sorella Enrica, che ancora oggi lo aiuta con la burocrazia, “perché ormai per ogni cosa devi far su un classeur alto inscì, devi essere più imprenditore che contadino, se non fosse per lei e mio cognato…”.


© Ti-Press / Samuel Golay

Tanto poi gli passa…

Burocrazia a parte, capita pure di “prender rabbia”. Come qualche tempo fa, quando si è trovato a passare con le pecore davanti a una casa anziani e il direttore ha chiamato la polizia perché non aveva il permesso, “pensa, quei vecchietti magari erano tutti contenti che vedevano le bestie e io ho dovuto litigare coi gendarmi” (dice proprio così, “i gendarmi”, termine antico che in questo caso, però, non presuppone un particolare rispetto per la divisa). Una volta c’è stato anche qualcuno che per dispetto gli ha squarciato le gomme del trattore: “Non so chi era, ma poi non voglio mica stare qui a ripensarci. Io sono uno che ogni tanto s’incazza, ma gli passa subito”.
Prima di lasciarlo tornare ai prati gli chiedo un ultimo aneddoto, qualcosa che si racconta in valle e che valga la pena ricordare. Mi saluta con la storia di quello che una volta, tornato dall’America, portò con sé una misteriosa cassetta di legno spergiurando che col suo contenuto, di cui prendere possesso solo dopo la propria morte, la famiglia avrebbe avuto un futuro di lusso e agi. Quando il tizio esalò effettivamente l’ultimo respiro, si scoprì il misterioso contenuto: un ‘bofitt’ – un mantice da camino, insomma – “e un biglietto con scritto sopra ‘Bofidom, bofidom, bofidom in dro cü!”. Ma ora il Lauro si sistema il cappellino sui capelli tagliati cortissimi, prende il forcone e se ne va, mentre io vi risparmio la traduzione. Una volta che salite su, casomai, ve la spiega lui.


© Ti-Press / Samuel Golay

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