Francesco Ros e le immagini in movimento

Dalle Belle Arti al teatro con Dario Fo. Cinefilo e viaggiatore, oggi è docente alle scuole medie e al prossimo Locarno Festival presenterà un film tutto suo

Di Marco Jeitziner

Pubblichiamo un articolo apparso sabato su Ticino7, allegato a laRegione.

Ha 42 anni e vive a Monteggio. È docente di Educazione visiva e arti plastiche alle scuole medie, si è diplomato all’Accademia di belle arti a Brera come scenografo. Alla fine degli anni Novanta si è immerso nel teatro sperimentale col maestro Dario Fo e con la compagnia TeatroBlu di Trento. Per sbarcare il lunario faceva il fotografo di eventi sportivi. Grande cinefilo, viaggiatore e produttore cinematografico, è il cinema il suo grande sogno. Questʼanno candiderà al Locarno Festival ʻMaking the Dayʼ, il suo film indipendente co-prodotto negli Stati Uniti. 

Per produrre un film non poteva non essere anche un cinefilo, soprattutto al Locarno Festival. “Arrivavo alle prime interviste del mattino e giravo come una trottola tutto il giorno, alternando cortometraggi a film in lingua originale”, ricorda Ros. Ancora studiava e portava con sé decine di curriculum arrotolati in tasca, con la speranza di conoscere qualche giovane regista o produttore. Perché se Ros è un insegnante, non ha mai smesso di imparare: “È quello che in ogni occasione tento di fare, quando viaggio e quando sono con i ragazzi a scuola, o quando mi tuffo in un nuovo progetto”. Ed è ciò che accadrà con l’attore italoamericano Steven Randazzo, popolare per esempio per il film Jungle Fever di Spike Lee. Cosa si prova a candidare un proprio film alla kermesse locarnese? “Una grande emozione, comunque vadano le cose, che mi ricorda quando facevo il liceo artistico, avevo i capelli lunghi e non mangiavo nemmeno un panino per fare indigestione di opere cinematografiche”, ci dice. 

Rincorrere la vita

Nel 2012 prese un congedo da scuola e partì per un anno attraverso due continenti. “Ero a casa con l’influenza quando ho deciso di fare un dipinto di un planisfero: finiti gli oceani e passato alle terre emerse, mentre stavo stendendo il verde della foresta amazzonica, mi sono fermato. Una fantastica idea aveva preso forma e colore nella mia testa: partire per il giro del mondo”, racconta. Lo stesso giorno avvisò la direzione della scuola del suo congedo. “Non volevo entrare in punta di piedi nelle dinamiche culturali e artistiche di un altro paese, volevo partire senza fermarmi e fare il giro del globo. Avevo un anno a disposizione, il mio coltellino svizzero, tante idee e sogni per la testa, una macchina fotografica digitale a telemetro e soprattutto niente telefonino in tasca”. Nessuna fuga dalla sua vita ticinese, precisa, ma il bisogno di… rincorrerla! È così che partì in autostop verso nord dall’imbocco dell’autostrada a Lugano.


© Ti-Press / Alessandro Crinari

Tra cinema e culture

Il cinema ovviamente fece capolino anche nel viaggio. “Con un paio di voli ho raggiunto la Groenlandia, dove ho montato la mia tenda, da lì al Canada, poi la costa ovest fino all’Argentina, dove ho frequentato festival di teatro e di cinema, avvicinandomi ad alcune popolazioni native”, spiega. In seguito Filippine, Cina e la Mongolia, ospitato nei “gir” (o “yurt”) di umili famiglie di pastori. Come comunicava? “In Asia non potevo attingere allo spagnolo o al mio maccheronico inglese: tutto avveniva su un piano diverso,
da un lato più arcaico, dall’altro più profondo e sensibile”, ricorda. Fece la via della seta da Samarcanda al Turkmenistan, poi su navi cargo il Mar Caspio e il Mar Nero, fino a Odessa dove capitò al Festival internazionale del cinema. A quel punto, con un taccuino pieno di nomi, luoghi, disegni e spunti, iniziò a cercare la strada di casa. Tornò in Ticino estraniato, ma “portavo con me una pace e calma interiore – che non so quanto sia poi durata – e una nuova energia creativa”, dice. Infatti, presto sarebbe cominciata la sua vera avventura cinematografica. 

I progetti americani

Quanto gli accadde già nel 2008 a New York lo avrebbe portato fino a oggi. Accompagnò un suo vecchio amico per un breve soggiorno nella metropoli. “Il secondo giorno mi è stato presentato Randazzo, che mi era sempre piaciuto” , racconta. Un paio di anni dopo, l’attore gli inviò il copione del film Cagney Cried: iniziarono a lavorarci su e Ros si propose anche come produttore. “Avevo investito i pochi risparmi che avevo, tenendo da parte qualche soldo per un nuovo viaggio in Centro America, infatti dal Guatemala raggiunsi Steve a New York per parlare delle prime riprese”, ricorda. Per racimolare i soldi lanciarono il trailer, infatti “il regista e produttore statunitense Michael Canzoniero si era legato alla cordata per cercare fondi, ma questo lungometraggio richiedeva un investimento molto alto”. Così il regista propose un nuovo film più semplice, Making the Day, cioè “la storia di come avevamo cercato di realizzare Cagney Cried, la parodia di quello che era successo”. 

Diventare produttore

Nel 2015 iniziano le riprese, il film è stato completato a metà 2020: “Mi sono ritrovato in questa avventura come produttore cinematografico, con l’incarico e l’onore di promuovere la pellicola” , spiega Ros. Protagonista è Randazzo nel ruolo di “Nick Fazzio” con la regia di Canzoniero, che “è sempre stato affascinato dal neorealismo italiano e ama lavorare anche con attori non professionisti, ‘gente normale’. Il suo mentore è il regista Abel Ferrara, il quale ha fatto anche un cameo in un suo film precedente”, dice. Che prodotto sarà? “Si tratta di un film ‘organico’, dove non esiste un copione ma solo un’idea, un punto di partenza e uno di arrivo. È stato dato dunque un certo spazio all’improvvisazione degli attori” , spiega. E dove tentare di presentarlo se non al suo amato Locarno Festival? I colleghi statunitensi, conclude Ros, “si sono subito dimostrati entusiasti, consapevoli dell’importanza di questo storico festival, la cui eco arriva anche negli Stati Uniti”. 

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