Non lancette ma fiori, molti fiori

Nel Paese degli orologi non poteva mancare il “modello” che scandisce il passare delle ore con petali colorati. Ecco la storia di questo segnatempo naturale.

Di Alba Minadeo

Pubblichiamo un contributo apparso in Ticino7, questa settimana allegato del venerdì (vista la festività) a laRegione.

Nel 1678 Andrew Marvell descrisse un orologio floreale nella sua poesia “Il giardino”. Settant’anni dopo, Il famoso botanico Carlo Linneo ebbe l’idea dell’Horologium Florae, un orologio che sfruttava le differenti aperture e chiusure dei fiori durante la giornata. Nel 1751, lo descrisse nella sua Philosophia Botanica. Egli individuò tre categorie di fiori: meteorici, che si aprono e chiudono in base al tempo atmosferico, tropici, che seguono le mutevoli ore di luce del giorno, ed equinoziali che, scrisse Linneo, “si aprono precisamente a una certa ora del giorno e generalmente si chiudono ogni giorno a un’ora determinata”. All’inizio del XIX secolo, molti giardinieri provarono a progettare un orologio di Flora sulla base delle osservazioni del naturalista svedese, ma l’esperimento non funzionò poiché Linneo fece il suo studio alla latitudine di Uppsala, dunque l’orologio non corrispondeva alle condizioni di luce, intensità, umidità e temperatura specifiche dei vari luoghi. Nel XX secolo, l’orologio floreale si trasformò in una grande opera d’arte meccanica, e oggi possiamo ammirarne molti modelli nelle aiuole dei parchi pubblici di tutto il mondo. Le piante e i fiori che compongono il quadrante cambiano con le stagioni. Un grande meccanismo nascosto fa girare le lancette, sfiorando i profumati tappeti floreali. 


L’orologio di Linneo

I movimenti dei fiori

Il primo a notare che le foglie del tamarindo tropicale si sollevavano durante il giorno e scendevano durante la notte fu Androstene di Taso, un ufficiale di Alessandro Magno. Nel 1729, l’astronomo Jean-Jacques d’Ortous de Mairan fece il primo esperimento cronobiologico, osservando il nascere e il cadere delle foglie di mimosa pudica in un armadio nel buio, pensando che la pianta avesse la capacità di percepire il sole senza esserne esposta, mentre in realtà il fenomeno è regolato da una sorta di orologio interno. Nel 1759, Duhamel du Monceau e Zinn lo ripeterono. Linneo spostò invece l’attenzione dalle foglie ai fiori, chiamando il fenomeno “sonno delle piante”. Il botanico tedesco Pfeffer ipotizzò l’influenza esterna sui movimenti delle piante, ma gli esperimenti di Darwin confermarono l’ipotesi di generazione interna dell’andamento ritmico quotidiano. All’inizio del XXI secolo, Erwin Bunning studiò i ritmi circadiani delle piante, molto importanti per creare un orologio floreale: occorre osservare con attenzione e a lungo la fioritura delle varie specie. Nei giorni freschi e piovosi, molti fiori rimangono chiusi. Gli insetti influenzano il tempo di apertura dei fiori e se un fiore è già stato impollinato si chiude prima del solito, in caso contrario, rimane aperto più a lungo. Per saperne di più, vi consigliamo L’orologio di Flora, di Daniela Ladiè ed Enrico Donati (Asclepio). Il vero difetto di questo orologio è che d’inverno non funziona.


Orologio floreale a Ginevra.

 

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