Sahara Occidentale. Una storia di impegno e di diritti

Aminatou Haidar e la sua lotta pacifica per l’indipendenza e la libertà.

Di Lucia Tramèr

Pubblichiamo un contributo apparso in Ticino7, questa settimana allegato del venerdì (vista la festività) a laRegione.

Lo scorso mese di dicembre, la fondazione Right Livelihood ha consegnato ad Aminatou Haidar, attivista saharawi per il rispetto dei diritti umani nel Sahara Occidentale, il Premio Nobel Alternativo, in riconoscimento della sua lotta pacifica per la giustizia e l’autodeterminazione del popolo saharawi. 
Il Sahara Occidentale, antica colonia spagnola dal 1975 in gran parte occupata dal Regno del Marocco, attende infatti dagli anni Sessanta la messa in atto del processo di decolonizzazione, ovvero l’organizzazione di un referendum che permetta alla popolazione indigena di esercitare liberamente il suo diritto all’autodeterminazione.
La signora Haidar vive nella parte del Sahara Occidentale occupata illegalmente dal Marocco, ovvero la parte che dà sulla costa atlantica (territori occupati); la parte liberata dal Fronte Polisario confina invece con la Mauritania e non ha accesso al mare. Fra i due territori si erge un muro lungo 2’700 chilometri fatto costruire negli anni Ottanta dall’esercito marocchino; milioni sono le mine antipersona disseminate lungo il muro, che hanno causato centinaia di morti e feriti.
Come moltissimi attivisti saharawi, la signora Haidar è stata più volte picchiata, imprigionata senza una procedura formale e torturata in prigioni segrete, privata di ogni contatto con il mondo esterno. Il Relatore speciale del Consiglio dei diritti umani dell’ONU sulla tortura e altre punizioni crudeli, disumane e degradanti ha reso noto di aver ricevuto numerose denunce riguardanti l’uso eccessivo della forza da parte delle autorità marocchine al fine di disperdere le manifestazioni in favore del diritto all’autodeterminazione, come pure testimonianze di attivisti saharawi abbandonati in luoghi sperduti dopo essere stati violentemente picchiati.
Aminatou Haidar ha fondato il movimento saharawi per i diritti umani, è presidente e cofondatrice del Collettivo dei difensori saharawi dei diritti umani (CODESA) e organizza manifestazioni, raccoglie prove nei casi di tortura e ha fatto diversi scioperi della fame, per denunciare la violazione dei diritti umani nei territori occupati del Sahara Occidentale e richiamare l’attenzione del mondo sulla situazione del suo popolo negletto dalle Nazioni Unite e dall’Unione Europea.
È recente la notizia secondo cui le autorità marocchine hanno impedito di celebrare a El-Ayoun (territori occupati) il ricevimento del Premio Nobel Alternativo da parte della signora Haidar, ostacolando l’accesso al luogo e intervenendo con violenza sui presenti per far sgomberare il locale della manifestazione. In quell’occasione, l’attivista stessa è stata malmenata dalla polizia e ha riportato importanti lesioni al collo e alla schiena.
La violazione dei diritti umani del popolo Saharawi nei territori occupati è grave e sistematica. Ogni tipo di libera espressione da parte della popolazione, in merito al suo diritto all’autodeterminazione, è considerato dal Regno del Marocco come una violazione dell’integrità territoriale; di conseguenza i diritti d’opinione e d’espressione, la libertà di riunirsi pacificamente e la libertà d’associazione vengono sistematicamente violati dalla Potenza occupante.
Il Regno del Marocco ha aderito e ratificato le Convenzioni di Ginevra nel lontano 1956; malgrado ciò continua a occupare illegalmente gran parte del Sahara Occidentale e a rendersi colpevole di ripetute e gravissime violazioni dei diritti umani nei confronti della popolazione saharawi che vive nei territori occupati. 
L’ONU e l’Unione Europea hanno finora dimostrato di non volere di fatto applicare il diritto internazionale e di non volersi attenere alle decisioni delle istanze giudiziarie internazionali, contravvenendo alla Carta delle Nazioni Unite, che promuove segnatamente la pace tra i popoli, lo sviluppo di relazioni amichevoli tra le nazioni e lo sviluppo economico e sociale dei popoli.
Alla luce di questa realtà, quale sarà l’impatto della lotta pacifica della signora Haidar e di centinaia di attivisti saharawi?


Aminatou Haidar

SAHARA OCCIDENTALE

Il Sahara Occidentale è oggi un territorio di 266mila km2 che confina con il Marocco a nord, con l’Algeria a nord-est, con la Mauritania a est e a sud, e con l’Oceano Atlantico a ovest. Anticamente il territorio sahariano era occupato da popolazioni berbere. Verso la fine del XIX secolo le due regioni, la Saguia el Hamra e il Wädï ad-Dahab (Rio de Oro), che costituirà in seguito il Sahara spagnolo, erano abitate da popolazioni nomadi. A partire dal 1479, quando Spagna e Portogallo definirono le rispettive zone d’influenza e la Spagna ottenne il controllo di una parte dell’attuale Sahara Occidentale, quest’ultimo divenne dapprima protettorato e in seguito colonia spagnola. Negli anni 1965/66, l’Assemblea Generale dell’ONU domandò al governo spagnolo di mettere in atto quanto necessario per liberare il territorio dal dominio coloniale e definire le procedure per organizzare un referendum per l’esercizio del diritto all’autodeterminazione da parte della popolazione indigena. Malgrado ciò il processo di decolonizzazione non ebbe mai luogo: il Regno del Marocco adottò tutte le strategie possibili per ostacolare il referendum e la Spagna, avente allora lo statuto di potenza amministrativa, su pressione del Regno del Marocco e della Mauritania sottoscrisse nel 1975 gli accordi tripartiti di Madrid (amministrazione tripartita, Mauritania-Marocco-Djemaa) e un anno più tardi si ritirò dal territorio. Tuttavia, siccome la Spagna non poteva trasferire né il diritto di sovranità né lo statuto di potenza amministrativa, l’accordo non ebbe alcuna validità e ne risultò un vuoto giuridico, che venne sfruttato dal Fronte Polisario (FP, Fronte di liberazione di Saguia el Hamra e Rio de Oro), nato come organo di resistenza contro la potenza coloniale spagnola. Il Fronte proclamò l’indipendenza del Sahara Occidentale e dunque la nascita della Repubblica Araba Saharawi Democratica. Contestualmente al ritiro della Spagna, la Mauritania (dal sud) e il Regno del Marocco (dal nord) invasero il territorio del Sahara Occidentale. In particolare, nell’ottobre del 1975 re Hassan II del Marocco organizzò l’invasione militare e in seguito la cosiddetta “marcia verde” in cui 350mila persone, in parte civili, in parte militari camuffati, marciarono verso il territorio del Sahara Occidentale. L’invasione e il conflitto armato che ne seguì costrinsero la popolazione civile saharawi a fuggire nella vicina Algeria, a Tinduf, dove si formarono dei campi profughi che oggi, a distanza di oltre 40 anni, ancora ospitano circa 170mila donne, uomini e bambini saharawi. Il conflitto armato tra FP e Regno del Marocco terminò con la sottoscrizione del cessate il fuoco nel 1991, a cui fece seguito la creazione della MINURSO, la Missione delle Nazioni Unite per il Referendum nel Sahara Occidentale, creata dal Consiglio di Sicurezza. Da allora, il territorio del Sahara Occidentale è riconosciuto come Territorio Non Autonomo che non dispone di una potenza amministrativa sancita dall’ONU.

NOTA SULL’AUTRICE: Lucia Tramèr è avvocata e segretaria dell’Associazione per lo sviluppo delle energie rinnovabili Sahara-Solare-Solidale.

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