Correre e non mollare mai

La lunga strada per la ricerca della speranza passa da ognuno di noi, soprattutto oggi che lì fuori c’è ’sto maledetto virus.

Di Cristina Pinho

Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, allegato del sabato a laRegione.

È in certe zone accidentate del lessico che si trovano le parole per indicare la condizione di chi viene privato di una parte del proprio corpo; hanno un suono cupo e la loro radice affonda nella mancanza. Non esiste invece in italiano un termine per definire lo stato di un genitore che perde un figlio; di fronte a tale sottrazione perfino nel linguaggio si apre una voragine. A Chiara Devittori e Malù Cortesi il cancro ha portato via un pezzo di mondo – una gamba a lei, una giovane figlia a lui – eppure si rimane affascinati dall’energia vitale che sprigionano. Ad accomunarli è una forma di gentile tenacia che li ha rimessi in piedi e portati lontano, lungo sentieri fertili di parole e incontri rinsaldanti.

Fin dagli esordi, nel 2006, Chiara e Malù assieme ad altri volontari si occupano dell’organizzazione della Corsa della speranza, manifestazione non competitiva pensata per raccogliere fondi a sostegno della ricerca contro il cancro. “Nel 1994 – racconta Chiara – a seguito della diagnosi di sarcoma, un tipo di tumore molto aggressivo, ho subito l’amputazione di una gamba. Il periodo immediatamente successivo è stato il più difficile, perché ho dovuto rimettermi in gioco e i dolori erano forti. Ma lo sport è stata la mia cura: ho partecipato quattro volte alle Paralimpiadi nello sci di fondo e ricordo quelle esperienze con grande piacere. Quando mi hanno parlato del progetto della Corsa della speranza in Ticino ho subito aderito alla causa”.
L’idea delle Corse è nata alla fine degli anni Ottanta in Canada dove il 23enne Terry Fox, con una protesi al posto di una gamba persa a causa di un tumore osseo, ha deciso di attraversare tutto il Paese per sensibilizzare sulla malattia e raccogliere fondi. È morto prima di riuscire a concludere l’impresa ma è stato di ispirazione per molteplici iniziative in tutto il mondo. “La storia di Terry ha molto in comune con la mia – dice Chiara – e sono felice di essere diventata la madrina della Corsa reincarnando in qualche modo il suo spirito. Si tratta di una manifestazione gioiosa ed emozionante, ogni volta quasi ci commoviamo dalla felicità quando vediamo che tutto funziona e la gente è contenta. È una grande celebrazione della vita, nonostante alla base ci sia il dolore. Da un anno all’altro c’è sempre qualcuno che viene a mancare, ma la forza sta nel ritrovarsi ognuno con la propria storia, vedere che non si è soli, e ricordare chi sta lottando e chi non c’è più”.


Malù Cortesi, © Reza Khatir

2020: una corsa lunga 2 mesi

A ogni edizione il disegno e il colore delle magliette sono una sorpresa da scoprire sul posto. Quest’anno però, a causa del pericolo sanitario, l’evento che alle porte dell’autunno ridipingeva il centro di Lugano con migliaia di partecipanti ha dovuto assumere una forma diversa. Ma nulla si è fermato, anzi: sotto lo slogan “La speranza in movimento – infiniti chilometri per la ricerca sul cancro” la manifestazione è già in atto da inizio agosto e si estenderà per tutto settembre. La partecipazione prevede l’acquisto di una bandana creata per l’occasione disponibile in diversi punti vendita del cantone, e l’invito è di portarla in giro lungo i propri percorsi – città, montagna, lago, lavoro, scuola – e postare le foto sui propri canali social e la pagina corsadellasperanza.ch. La bandana è di un verde acceso e su di essa è riprodotto il simbolo della Corsa, un mandala variopinto. Ricorda Malù: “Vista la mia formazione di decoratore e artista, fin dall’inizio mi sono stati chiesti consigli per le magliette. Ho dunque pensato di mettere a disposizione i mandala realizzati con mia figlia. Sono nati un po’ per caso quando lei era ammalata e seguiva le cure di chemioterapia: per passare il tempo avevamo inventato il gioco di costruirli facendo un giro io e uno lei”.


Chiara Devittori, © Ti-Press

Incontro alla vita

Malù, anticipando lo spirito di questa 15esima edizione, dopo quel “maledetto 9 luglio” di 18 anni fa ha intrapreso diversi viaggi portando con sé, come un talismano, quel diagramma carico di ricordi e tradizionalmente simbolo della vita. Le ultime rotte lo hanno condotto in bicicletta attraverso la Via della seta, e dall’esperienza più recente è nato il libro-diario Un filo d’Iran pieno dei suoi mille e un incontri (si veda anche Ticino7 n. 47/2019, ndr.). “Avevo già programmato la terza tappa – dice Malù –, da Teheran a Samarcanda, però la pandemia non mi ha permesso di partire. Mi è dispiaciuto, ma il fatto di non poter varcare i confini non è stato solo negativo, ho riscoperto il Ticino in maniera differente, viaggiando in bici e fotografando. Ho percorso gli stessi chilometri, però qui. E grazie alla forma alternativa che ha preso la Corsa sto comunque facendo molti incontri, da persone famose e non, a cari amici, ed è sempre un piacere”. E poi nota: “Come ci stiamo tutti impegnando per contrastare il Covid, lo stesso possiamo fare per il cancro. Nonostante sembri così fuori dalla portata comune, ognuno può contribuire alla lotta anche solo con un piccolo gesto, una donazione, l’acquisto di una bandana. Serve ad alimentare la speranza di chi si trova in difficoltà, per non abbassare le braccia e andare avanti con coraggio. Perché la vita può prendere ma anche continuare a dare tanto”. Lo dimostrano i sorrisi incorniciati di verde che quotidianamente riempiono nuove foto e gli animi di chi le riceve.

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