Geocaching: e adesso trovami, se ci riesci

Montagne, luoghi storici e abbandonati, città, paesi, campagne, castelli. Tutti ottimi nascondigli per la più grande caccia al tesoro a livello mondiale.

Di Lorena Scettrini

Pubblichiamo un contributo apparso in Ticino7, questa settimana allegato del venerdì (vista la festività) a laRegione.

Se non sapete di cosa stiamo parlando potreste essere definiti dei “babbani”, termine evidentemente preso in prestito dalla serie di Harry Potter. Ma noi vogliamo farvi passare dall’altra parte della barricata. Come e dove nasce il geocaching? Siamo nel 2000: Bill Clinton rimuove il segnale che disturba i Gps civili, portando la possibilità d’errore da 100 a 10 metri. Dave Ulmer decide di verificare questo importante cambiamento, nascondendo su una collina un contenitore con al suo interno un taccuino
e una penna. Utilizzando una pagina internet comunica le coordinate Gps a un gruppo di persone e chiede a tutti gli utenti di provare a stanare il tesoro. L’idea piace talmente tanto che inizia a espandersi a macchia d’olio. Poco tempo dopo vengono definitivamente coniati i termini cache – per indicare i contenitori nascosti – e geocaching. L’idea in realtà non è nuova: già gli esploratori nascondevano delle scatolette con al loro interno cibo e rifornimenti, in modo da poterle ritrovare al loro rientro. Alcuni di questi nascondigli divennero anche pubblici e servivano per la sopravvivenza, rispettando il principio del prendere solo ciò di cui si necessita, lasciando ciò che potrebbe servire ad altri. Nel settembre del 2000 viene registrato il dominio geocaching.com, un sito dedicato esclusivamente a quest’attività. 

Come e dove si gioca?

Il geocaching è come una grande caccia al tesoro. I geocacher (i giocatori) nascondono o trovano dei contenitori (cache) attraverso un ricevitore Gps. Le cache possono avere forme e dimensioni diverse. L’importante è che al loro interno ci sia un logbook, ossia un piccolo bloc-notes dove il giocatore lascia un segno del suo passaggio apponendovi una firma. Il tesoro può assumere sembianze diverse: scatolette di plastica (quelle usate in cucina sono le più comuni) oppure oggetti più difficili da scovare come viti, bulloni, calamite, sassi mimetizzati, gusci di lumaca, rami forati e rimessi esattamente al loro posto. La fantasia di camuffamento non ha limiti e serve anche per evitare un ritrovamento casuale del tesoro.
Il geocaching si pratica in parte su internet e in parte all’aperto. Quindi una condizione fondamentale è che ci sia accesso alla rete, in modo da potersi registrare sul sito che fornisce le informazioni necessarie per iniziare la ricerca. I partecipanti che nascondono le cache pubblicano le coordinate (longitudine e latitudine) in cui si trova il contenitore, descrivono la sua grandezza (molto importante per capire cosa dobbiamo cercare e in quale punto potrebbe essere stato nascosto), la difficoltà di recupero, il tipo di terreno sul quale si gioca. Prima di partire con la ricerca si consiglia di leggere anche gli attributi. Attraverso queste informazioni possiamo capire se la ‘caccia’ può essere indicata a delle famiglie, quanti siano i chilometri da percorrere, se vi sia il rischio di imbattersi in rovi o animali pericolosi. Spesso troviamo anche qualche indizio, che non fa mai male.
Una volta scovato il tesoro bisogna aprirlo, scrivere il proprio nome sul logbook con la data del ritrovamento, chiudere e rimettere tutto esattamente nel luogo e nella posizione in cui lo si è trovato. In seguito si accederà al sito per notificare il risultato, aggiungere commenti, indicazioni, foto o segnalare qualcosa che non funziona, in modo che il proprietario possa intervenire e rimettere in gioco la postazione. Incrementerete così il numero di ritrovamenti personali: i geocacher più appassionati superano il migliaio.

Dove possiamo trovare una ‘cache’?

Le cache si trovano ovunque e in Ticino ce ne sono più di 1’400. L’unica cosa che viene richiesta è che sia un luogo piacevole da visitare, di interesse turistico, naturalistico o storico. Al Colosseo di Roma ci sono cache, come presso le Piramidi in Egitto e sul Monte Fuji. Ma potete anche trovarne in luoghi abbandonati come manicomi, hotel o scuole. Basta aprire la cartina sul sito e cercare.

Non solo scatolette

Ci sono diverse tipologie di cache. Con le Multi si porta il giocatore a curiosare in più punti, utilizzando il geocaching come guida turistica. Per raggiungere il punto finale bisogna prima trovare diversi indizi, passando da postazioni diverse. Nel Mistery/Puzzle è invece necessario risolvere dei quiz o dei rompicapi. Le Earthcache sono tesori di tipo educativo: ci si reca sul posto e si deve rispondere a una domanda legata a una particolarità geologica. Il Wherigo è invece l’ultimo nato nella famiglia: le domande compaiono solamente quando si raggiungono le varie coordinate e si procede verso la prossima tappa solo con la risposta corretta. E poi ci sono gli eventi Cito (Cache In Trash Out): in questo caso le coordinate sono accompagnate da una data e da un orario nei quali ci si ritrova per pulire dall’immondizia un’area selezionata. Sin dal 2002, infatti, i geocacher si sono dedicati alla pulizia di parchi e altri luoghi in tutto il mondo. 

Ultima indicazione prima di iniziare

Ricordatevi che il fatto di cercare insistentemente qualcosa in un luogo e aggirarsi in modo furtivo potrebbe far pensare a un’attività di spionaggio agli occhi di chi non sa cosa state facendo. Negli Stati Uniti vi sono stati casi in cui alcuni geocacher sono stati fermati dalle forze dell’ordine in quanto sospettati
di essere terroristi nell’atto di piazzare esplosivi sotto i ponti. A Padova una cache è stata fatta brillare in quanto scambiata per una bomba. Un consiglio da mettere sempre in pratica è quello di non farvi vedere da occhi indiscreti. Solitamente chi nasconde le cache lo fa con questa consapevolezza e sceglie posti non particolarmente affollati. Oppure avvisa su quanto creato.

 

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