Manuela Meier non ha paura di sporcarsi le mani

Ha scelto di seguire le orme di famiglia, quelle che hanno lasciato suo papà, nonno e addirittura bisnonno: coltivare ortaggi con infinita passione.

Di Natascia Bandecchi

Pubblichiamo un contributo apparso in Ticino7, allegato del sabato a laRegione.

36 anni, di Quartino, è ingegnere agronomo e ogni volta che parla della natura si illumina. Nel suo tempo libero – poco – ama leggere, cucinare e stare con gli amici. Si augura di trasmettere il suo entusiasmo per ciò che fa, e per come lo fa, anche alle generazioni future. È strano ma non ha un ortaggio preferito, le piace tutto quello che è fuori dagli schemi e colorato, come la melanzana rotonda o la zucchina gialla: ama tantissimo ciò che è lontano dal ‘normale’.

Lo schermo del cellulare di Manuela è tappezzato da una distesa di lattughe e la sua suoneria è un concerto di grilli che spara a tutto volume quando il telefono squilla: piuttosto lampante il legame che ha con la natura. “Penso che fosse già nel mio Dna, sono nata in una ‘famiglia orticola’. Ricordo che gattonavo nella terra tra il formentino, sono cresciuta immersa nella natura. Durante le vacanze estive aiutavo a imballare i pomodori, raccoglievamo gli cherry, facevamo addirittura le battaglie lanciandoceli addosso. Col tempo mi sono resa conto che mi piaceva profondamente questo mondo e ho voluto percorrere questa strada senza mai pormi limiti. Era chiarissimo: volevo fare l’orticoltrice e un giorno avrei rilevato l’azienda di famiglia”.
Non è da tutti avere la possibilità di ascoltarsi sin da piccoli e sentire qual è la propria direzione professionale, ma Manuela ha seguito il suo istinto. E ce l’ha fatta. “La paura è fatta per far riflettere e per darti la possibilità di fermarti, analizzare la situazione e poi scegliere se andare avanti. Se rimani in stallo, secondo me, hai perso una preziosa opportunità di crescita”. Manuela aggiunge di non aver mai avuto rimpianti, e giura che non si stancherà mai di “maneggiare” ortaggi con impegno e passione.

Campi diversi

L’unihockey è l’altro grande amore di Manuela, che ha imbracciato il primo bastone a 10 anni e da allora non l’ha più mollato. “Giocavo già in Serie B quando avevo 16 anni e sono riuscita a conciliare sport e scuola. A 17 anni sono andata in Svizzera interna a giocare in Serie A e ho trasferito il mio posto di apprendistato Oltralpe, dove, nell’ambito dell’agronomia, ci sono molte più possibilità che in Ticino”. Un’opportunità per crescere sia sul piano professionale, sia su quello umano. 

Ritorno in Ticino

“I sacrifici sono stati molti, in 8 anni di trasferta a ‘nord’: o lavoravo, o giocavo a unihockey. Vita sociale e privata pari a zero… ma ne è valsa la pena”. Manuela poteva scegliere se andare all’estero vivendo nuove esperienze oppure tornare a Quartino e “lanciarsi” nell’azienda di famiglia. “Ho scelto di tornare per donare qualcosa a casa mia. Ho voluto mettere in pratica le conoscenze apprese in Svizzera interna e portare avanti la ditta di papà”.

Papà Werner

Lavorare con i propri genitori, figli o parenti non è sempre una passeggiata, ma Manuela e suo padre Werner ce l’hanno fatta in maniera naturale, costruttiva, senza nessun tipo di contraccolpo per gli equilibri familiari. “Ho la fortuna di aver sempre avuto un rapporto armonioso con i miei genitori. Nel 2010 ho ritirato una parte dell’azienda agricola. La nostra filosofia è sempre stata basata sul rispetto e sull’ascolto. Non c’è mai stato qualcuno che prevaleva sull’altro, tutto è stato molto fluido fino al 2017, anno in cui ho rilevato l’intera azienda. Mio padre continua a lavorare con me, non per me. Ognuno ha i suoi compiti. Basta uno sguardo e ci capiamo”. Papà Werner ha sempre dato libertà alla figlia, e soprattutto le ha trasmesso il coraggio di osare e di essere umile.

Sporcarsi le mani

“Secondo me non cambia l’essere donna o uomo in questo mestiere. L’importante è fare ciò che ti piace ed essere libero di farlo. Non mi sono mai fatta troppe paranoie chiedendomi cosa pensava la gente sulle mie scelte di vita
o professionali”. Manuela ha sempre ascoltato quel che, dentro di lei, suonava giusto in ciascun momento. “È chiaro, sono una donna che lavora in un ramo prevalentemente maschile, ma so di avere competenze e sono sempre stata rispettata da tutti. Non ho mai ricevuto commenti sessisti. Credo che la differenza la faccia come ti poni: se sei autentico riceverai di riflesso la stessa energia”. 
D’altronde “è una parte di me, io amo sporcarmi. La sera, quando faccio la doccia, l’acqua dev’essere marrone altrimenti significa che qualcosa non va”. Lavorare con la terra aiuta Manuela a trovare il suo equilibrio, le dà energia. “In mezzo alla natura si ha la possibilità di osservare come tutto cambia, cresce, si trasforma. Vero, arrivo a casa la sera stanchissima, ma felice, e la mattina dopo mi sveglio con una carica e una motivazione pazzesche. È così da quando ero piccola, e spero vada avanti per tutta la vita”. 

Terra e sudore

“Se dovessi dare un consiglio ai giovani che desiderano intraprendere questa carriera direi loro di guardarsi dentro e di non aver paura di ascoltare quello che sentono. Non è il nome della professione che determina chi si è, e nemmeno i soldi in banca. Chiaro, nessuno ti regala niente e bisogna sudarselo, ma sudare significa anche essere soddisfatti e fieri di quello che si è conquistato”.

 

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