Discriminazioni: un problema di colore

A volte ci si illude che il razzismo possa estinguersi da solo, come certi personaggi malmostosi con le loro pantofole sfondate. E invece.

Di Lorenzo Erroi

Pubblichiamo l’editoriale apparso in Ticino7, allegato del sabato a laRegione.

“Lots of them are troublemakers. Niggers, mostly”. Washington, DC, primi d’autunno 2008. Una bella strada residenziale, di quelle con le case a schiera di mattoni rossi, un viale d’alberi che virano allo stesso colore. Fermo sul marciapiede, con addosso una vestaglia color vomito e due pantofole sfondate, l’anziano vicino di casa punta il dito verso l’altro lato dell’incrocio, per spiegare al nuovo arrivato chi ci abiti: “casinisti”, “negri”. Come se le due parole fossero quasi un sinonimo. Come se con me – non solo bianco, ma anche europeo – il vecchio volesse confidarsi senza veli, senza quei riguardi che per lui sono solo fisime politically correct. Poco dopo i miei compagni di studi scenderanno in piazza per festeggiare l’elezione del primo presidente afroamericano.
Sembra ieri, perché è ieri. Oggi, invece, alla Casa Bianca c’è un tizio preciso sputato al mio ex vicino. 

 

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