Ritorno al passato

Prima chiusi in casa. Poi ci siamo abituati a lavarci le mani (da non credere), evitando di toccare tutto e tutti. Ma col quasi ‘liberi tutti’ si torna dove eravamo rimasti; perché, pensavate forse dovessimo cambiare?

Di Giancarlo Fornasier

Pubblichiamo l’editoriale apparso in Ticino7, allegato del sabato nelle pagine de laRegione.

La ricerca della normalità passa, soprattutto, dalla voglia di socializzare e condividere. Che tradotto significa andare lì dove c’è un po’ di vita (e molta speranza). La sabbia da cantiere di un lago, le casse del supermercato, il centro del giardinaggio, un caffè al tavolino “per vedere chi passa”. 
Gli svedesi stanno ancora rincorrendo la loro immunità di gregge; i brasiliani sono arrivati per ultimi e non se la passano benone, ma “prova tu il distanziamento sociale in una favela”; Trump è orgoglioso di avere tanti contagiati e tanti morti – ah ok, ma allora era tutta una gara al tampone? Ecco perché vincono sempre gli yankee –. I francesi in giro ci sono sempre andati; i tedeschi non vedevano l’ora di far partire il campionato di calcio; gli olandesi sono pronti da settimane, chiusi nelle roulotte in attesa del Grand Tour balneare; dei russi, al contrario, si sa poco o nulla. E in Italia (ahinoi), nonostante i morti, tutti sparano contro tutti: perché “prima o poi al voto ci dovremo tornare!”.
Qui, nel nostro piccolo, si cerca un grotto aperto, due sassi per il primo tuffo, magari una pizzetta senza plexiglas attorno, o dormire in santa pace sui duemila del Quarnei. Che sulle sponde del Ciani l’altro giorno ci fosse un po’ di movimento fa ben sperare: pensa se con una giornata da 30 gradi in giro avessi trovato solo gatti e uccellini che cantavano. Potevi pensare che qualcosa di strano stesse colpendo il pianeta. Per dire, un’insolita pandemia fatta di ondate, senza patria e senza una briciola di vaccino…

 

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