Lenin contro Elton, e altri epici ricordi
Gira una strana nostalgia per la cultura pop che penetrava gli ultimi decenni di un agonizzante regime sovietico. Ricordi d’infanzia, voyeurismo o insensibilità?
Di Lorenzo Erroi
L’infanzia nei primi anni Ottanta era pervasa da un’euforia generalizzata: un po’ perché l’infanzia è sempre così, o almeno dovrebbe; e un po’ perché erano gli anni di un edonismo reaganiano tutto di plastica, d’accordo, ma che avremmo presto rimpianto. Un immenso parco giochi fatto di puntate dei Robinson e Milano da bere, disegnato dagli stessi imbonitori che ci ammannivano i Pan di Stelle e il Crystal Ball.
Eppure sono le immagini della morente Guerra Fredda che ci fecero intuire per prime cosa fosse la storia, tra una partita al Nintendo e una replica di Grandi magazzini. Dai ricordi di quel periodo emerge un collage surreale: i faccioni di Massimo Boldi e di Gorbaciov, di sua moglie Raissa e di Yoko Ono (un incontro che Beppe Donadio ci ricorda da par suo in questo numero), Mike Bongiorno che fa le televendite e i ragazzi a cavalcioni sul Muro di Berlino. Noi fortunati bimbetti occidentali l’abbiamo lasciata così, quella guerra senza spari: senza il ricordo del gelo nucleare, delle sue vittime. Sarà per quello che ora – con buona pace dei Grossman, Kis e Kuznecov pur letti e amati – mi trastullo con un bislacco bric-à-brac iconografico: volumi fotografici come ‘Vacanze nei sanatori sovietici’ e ‘Fermate dell’autobus sovietiche’, vecchi video della tivù d’oltrecortina affollata da cantanti pop improbabili. Non so se sia insensibilità o voyeurismo, memoria o rimozione. Potrebbe esserci perfino qualcosa di morboso, in “questa tua passione per tutto quello che puzza di vodka e minestra di cavoli”, come mi ha detto una volta una cara collega. Chissà.
Ascolta una versione più lunga di questo sproloquio sul podcast ‘Generi di conforto’ di venerdì 24 aprile: laregione.ch/generidiconforto