I territori di Stephen Kelly
Fotografo britannico trapiantato in Ticino, egli usa la fotografia “come strumento per comprendere meglio i luoghi in cui mi trovo a vivere”
Di Keri Gonzato
Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, inserto allegato a laRegione.
Stephen Kelly è nato in Cumbria, Inghilterra, nel 1983. Vive e lavora in Ticino dove attualmente sta sviluppando progetti a lungo termine sul confine italo-svizzero. In precedenza ha lavorato in Cina e Myanmar per oltre un decennio, realizzando progetti personali e lavorando su una serie di commissioni in tutta la regione, per clienti come il New York Times, l’UNHCR e il WWF. Ha vinto numerosi premi per il suo lavoro e le sue fotografie sono state esposte e pubblicate a livello internazionale. Ha conseguito una laurea in fotografia documentaria presso l’Università del Galles, Newport, e un Master in fotografia presso la Belfast School of Art, Ulster University.
L’amore per l’immagine di Stephen Kelly deriva da un bisogno precoce di comprendere meglio il mondo… “Nel corso del tempo, grazie ai luoghi in cui ho lavorato e alle storie legate a quei luoghi, l’uso dell’immagine come strumento di sfogo terapeutico è diventato più complesso e ricco di sfumature. Tuttavia, credo che il tentativo di usare la fotografia come strumento per comprendere meglio i luoghi in cui mi trovo a vivere persista”.
Incontro con l’ignoto
Britannico di nascita, il fotografo oggi chiama casa il territorio ticinese. Dopo una vita in movimento, ha messo le radici a Locarno dove vive con la moglie e i figli. I racconti nascosti tra i picchi e le valli locali oggi ispirano la sua ricerca artistica, come testimoniano le sue mostre più recenti. “Il lavoro di Stephen Kelly è improntato alla conoscenza e al rispetto. Questo atteggiamento si riflette nelle fotografie che propone: paesaggi più mentali che monumentali, scorci di interni che sanno di chiuso e di silenziosa eternità, ‘nature morte’ che lanciano forti segnali di vita” (estratto da ‘Due valli, due visioni’ , mostra dedicata alla Valle Onsernone e all’incontro folgorante di S.K. con le immagini d’archivio di Roberto Donetta, 2023). Da sempre è allenato all’incontro con l’ignoto, se ad alcuni un territorio sconosciuto incute timore, per l’artista rappresenta uno stimolo e un’ispirazione. Sondare un territorio straniero, aprendo una breccia perché possa esserci una comunicazione intima, è un filo conduttore della sua vita.
Dalle miniere in Inghilterra all’Oriente
“Sono nato in una piccola città portuale dell’Inghilterra nord-occidentale, Whitehaven. Una città operaia di estrazione del carbone che si affaccia sul mare d’Irlanda”, racconta, “trascorrevo molte estati lì con i miei nonni e questi periodi hanno avuto un impatto su di me. Per molti non sarebbe un luogo pittoresco, grigio e desolato, ma per me era un posto speciale. Nelle giornate limpide, dalla finestra della casa a schiera dei miei nonni, si poteva vedere l’Isola di Man all’orizzonte e, sulla destra, la costa meridionale della Scozia”. L’estrazione del carbone appartiene alla sua famiglia da generazioni e la miniera di Haig, in fondo alla strada dei suoi nonni, era un luogo importante per Stephen da bambino, e lo è ancora oggi. “Ho fotografato la miniera di carbone per la prima volta quando avevo 16 anni e l’ho rifotografata da una posizione simile all’inizio di quest’anno, 23 anni dopo. Sono sicuro che fino alla morte farò sempre delle foto lì. Ricordo mio nonno, Aaron, che quando ero bambino mi portava con sé lungo la strada che portava dalla loro casa alla mensa della miniera di carbone, dove incontrava i suoi amici per una tazza di tè; la stessa miniera in cui ha lavorato per 42 anni”.
Per l’artista essere britannico significa essere legato alle radici della classe operaia della Cumbria. “Una parte della società che non era benestante, ma che era amorevole, gentile e accogliente. Insieme alle tradizioni familiari che non sono solo britanniche, ma anche irlandesi, influenzate da canzoni, letteratura e cibo”. Con il tempo queste origini hanno assunto sempre più importanza nel suo mondo interiore. “L’affinità che ho con le classi lavoratrici e gli emarginati ha plasmato me, la mia fotografia e il mio modo di vedere il mondo. Della Gran Bretagna mi mancano… la campagna e la costa, l’umorismo, il cibo, la musica e la cultura popolare”.
Il lavoro del padre porta Stephen e la sua famiglia a vivere in Nigeria, Oman e a Hong Kong. Esperienze che forgiano la sensibilità e lo sguardo del giovane Stephen. “Avrò sempre un’affinità con l’Asia, in particolare con Hong Kong, dove ho trascorso dieci anni della mia infanzia e dove ho vissuto di nuovo per alcuni anni quando ho iniziato la mia carriera con i primi lavori formativi”. Mi racconta che vi è tornato spesso quando viveva in Myanmar con sua moglie Medea, insieme “abbiamo vissuto e lavorato in Myanmar per diversi anni, e questi legami e storie che ho con l’Asia saranno sempre importanti per me”.
Radicarsi
Ma torniamo al qui e ora in Svizzera. “Grazie a mia moglie e ai miei figli, che sono tutti nati e cresciuti qui, ho rapidamente sviluppato un forte legame con questo luogo”, condivide, “tuttavia, in Svizzera sarò sempre un estraneo, un aspetto che trasformo a mio vantaggio nel mio lavoro. È innegabile che io veda e fotografi questo luogo attraverso l’obiettivo di un estraneo, con una naturale disconnessione e distanza”. Nel tempo, grazie all’interesse per la storia locale, Stephen sta sviluppando anche una prospettiva da “insider” che si combina al suo sguardo da “outsider” per offrire un modo di vedere e contestualizzare la terra, le persone e la storia unico. L’apertura e l’empatia caratterizzano il suo modo di muoversi in un territorio… “Per me è fondamentale essere sempre aperto e cercare di imparare il più possibile su un luogo, soprattutto quando lo faccio diventare casa mia”.
Dal 2020 lavora al suo progetto ‘Crest’, nella Valle Onsernone. “Medea è nata lì, quindi mi è sembrato il punto di partenza più ovvio per iniziare a lavorare in questa regione. Ho scoperto molte cose su questa valle: la sua storia, come si svolgeva la vita qui, l’architettura del paesaggio. Ma con questo progetto sto anche usando la geografia di questa valle per parlare della solitudine e del tempo che passa”. All’inizio di quest’anno ha esposto una raccolta di queste fotografie insieme ad alcune di Roberto Donetta, nella mostra congiunta ‘Due valli, due visioni’ alla Fondazione Archivio Donetta. Nel marzo 2024 aprirà una mostra personale di ‘Crest’ al Museo Onsernonese a Loco. La mostra alla Casa Azul di Gordola è invece frutto di un progetto che ha iniziato nel settembre 2022, grazie a una borsa di studio per la creazione di arti visive che ha ricevuto dal Canton Ticino. “È la mia esplorazione visiva della storia del contrabbando transfrontaliero tra la Svizzera e l’Italia, concentrandomi sul paesaggio e sulle storie di contrabbando che hanno avuto luogo qui”.
Chiudiamo quest’incontro nutriente con due domande semplici e importanti. Per cosa ti senti grato oggi? “I miei bambini, mia moglie e la mia famiglia”. Cosa desideri per il tuo futuro? “Di continuare a fotografare i paesaggi e il territorio locale… desidero continuare a imparare e cercare di comprendere meglio questo luogo che ora chiamo casa”.
© SK
Una parte dell’allestimento a Casa Azul di Gordola
La sua mostra ‘In the shadows of the mountains’ dedicata alla storia del contrabbando transfrontaliero alla Casa Azul di Gordola è visitabile fino al 10 dicembre. Per approfondimenti: www.stephenkellystudio.com; Instagram @mrstephenkelly.