Cibi ultraprocessati: se li conosci, li eviti. O almeno ci provi

Quando quello che mangiamo non è cibo vero e provoca dipendenza, agendo sul nostro sistema cerebrale e ormonale
Di Mirko Sebastiani
Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, allegato a laRegione
Definiti da Van Tulleken (medico, ricercatore e giornalista) ‘insospettabili nemici della nostra salute’, i cibi ultraprocessati – su cui ha pubblicato il libro di cui si parla qui – hanno scatenato nei consumatori diversi problemi di salute; uno su tutti l’obesità. Gli studi nel campo dell’alimentazione ci dicono che laddove presenti, questi cibi, figli dell’industrializzazione alimentare, creano dipendenza, influenzando cervello e ormoni. Sulla falsariga del ‘Veganuary’, per un mese ho cercato di evitarli. Ecco come è andata.
Leggere fa bene, perché spesso e volentieri si finisce con l’imparare qualcosa. Talvolta, però, si imparano cose che magari avremmo preferito non sapere. Nel mio caso, leggendo il libro Cibi ultraprocessati: Come riconoscere ed evitare gli insospettabili nemici della nostra salute (Vallardi, 2024) di Chris van Tulleken, ho imparato che in molti degli alimenti che consumiamo ci sono un sacco di schifezze. Una notizia che non sorprenderà nessuno, ma vedere spiegato ad esempio come la gomma di xantano – noto additivo presente in diversi alimenti – sia in realtà la melma che alcuni batteri producono per aderire alle superfici, fa comunque un certo effetto. L’autore, un medico, ricercatore e giornalista con un dottorato di ricerca in virologia molecolare, spiega in maniera dettagliata, ma scorrevole, come l’industrializzazione del cibo sia alla causa di diversi problemi di salute che attanagliano il mondo moderno. Primo fra tutti: l’obesità.
Ma in maniera ancora più sorprendente, questo libro mi ha convinto a tal punto da tentare la sfida con me stesso e cercare di evitare cibi ultraprocessati (da qui in poi chiamati UPF, da ultraprocessed foods) per un intero mese. D’altronde, ho letto questo libro tra dicembre e gennaio e, si sa, l’unico scopo del primo mese dell’anno è quello di iniziare o smettere di fare cose che poi a febbraio si smetterà o ricomincerà a fare.
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L’autore Chris van Tulleken
Cosa sono gli UPF?
Il sottotitolo originale del libro (Persone ultraprocessate: cosa ci fa mangiare cose che non sono cibo) rende maggiormente l’idea del genere di alimenti di cui stiamo parlando. In pratica, Van Tulleken sostiene che a un certo punto della storia recente l’umanità abbia iniziato a cibarsi di molecole e sostanze che di fatto cibo non sono. Sostanze come sapori e odori artificiali, addensanti, agenti texturizzanti, conservanti e antiossidanti sono entrate di prepotenza nelle nostre diete, cambiando drasticamente il nostro rapporto con il cibo e l’effetto che questo ha sui nostri corpi.
Bisogna prima fare un distinguo tra cibi non processati, quelli processati e gli UPF. I cibi non processati sono sostanzialmente tutti quelli che non hanno subito nessun intervento umano, come può essere un frutto o un pezzo di carne appena macellato. Tutti gli altri cibi sono di fatto processati: burro, pasta, yogurt, passata di pomodoro, purè di patate, pane, carne macinata, salumi e via dicendo, non esisterebbero senza l’intervento umano, che utilizza diverse tecniche (alcune delle quali molto antiche) per trasformare un alimento in un altro.
Gli UPF sono invece formulazioni di ingredienti, ottenute attraverso una serie di processi industriali, molti dei quali richiedono attrezzature e tecnologie sofisticate. Colture come il mais e la soia vengono trasformate in olio, proteine e amido. Gli oli vengono raffinati, sbiancati, deodorizzati e idrogenati, le proteine possono essere idrolizzate e l’amido modificato. Insomma tutti processi che sarebbero impossibili da svolgere nella vostra cucina.
Quali sono gli effetti sulla salute?
Nel libro l’autore non solo presenta diversi studi scientifici che dimostrano come il consumo di questi cibi industriali sia nefasto per la nostra salute, ma ha pure seguito una dieta apposita – composta all’80% da UPF – per vedere cosa sarebbe successo. Oltre al prevedibile aumento del peso – 6 chili in un mese –, ha riscontrato anche un impatto sugli ormoni dell’appetito: l’ormone della sazietà risultava inefficace, mentre quello della fame era costantemente elevato. I livelli di leptina e infiammazione nel corpo sono aumentati. La dieta ha influenzato anche il cervello, alterando le aree legate al controllo dell’assunzione di cibo e al desiderio. Emotivamente, si è sentito più stanco, infelice e irritabile, trovando paradossalmente conforto proprio negli UPF. I meccanismi per i quali questo accade sono molti e complessi, per questo invito caldamente alla lettura del libro.
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La mia esperienza
Nonostante questo libro tratti principalmente della situazione nei Paesi anglosassoni, ossia dove la presenza di UPF è molto più marcata, cercare di evitare ogni tipo di additivo non è stata un’impresa scontata. Dopo solo pochi giorni mi sono ritrovato ad affrontare effetti inaspettati, come lo svegliarmi al mattino con una voglia matta di Coca-Cola zero (curiosamente, anche nel libro viene indicato come questa causi più dipendenza di quella tradizionale). Anche cibi che ero convinto fossero del tutto naturali contenevano prodotti chimici, quindi fare la spesa è diventata una sorta di caccia al tesoro. Mozzarella? Acido lattico, acido citrico e gluconodeltalattone. Cetrioli sottaceto? Cloruro di calcio. Una normale piadina? Difosfati, aromi artificiali, carbonati di sodio. Crackers? Solfito di sodio. Immaginate dunque cosa contengono i dolci, i cibi congelati, quelli precotti da scaldare al microonde. Questo non per dire che tutte queste sostanze facciano male, ma che è impressionante quanto sia difficile mangiare cibo senza ingredienti usciti da un laboratorio.
Se per me che seguo già di mio una dieta equilibrata è stato così complesso, immagino che per persone con un rapporto già conflittuale con il cibo (o magari che si trovano in difficoltà economiche), cedere a cibi sempre più artificiali sia la cosa più conveniente. Anche cibi venduti come sani e proteici spesso sono progettati in modo da essere estremamente appetitosi, con la conseguenza che ci ritroviamo a mangiarne così tanti da farci del male. Mangiare davvero sano è difficile, e la società non fa nulla per agevolare il compito. Le multinazionali fanno di tutto per progettare cibi che siano i più gustosi e saporiti possibile, bypassando i nostri normali meccanismi di autoregolazione e creando una forte dipendenza. Attribuire i problemi di peso alla pigrizia individuale non fa altro che creare un senso di colpa nella mente di chi ne soffre, e deresponsabilizzare i veri fautori di questa epidemia di obesità, ossia le multinazionali il cui unico interesse è il profitto, e non di certo la nostra salute.