Sébastien Peter. Al crocevia di più discipline

Direttore dei Servizi culturali e musei di Locarno, ha interessi di ogni genere ed è in virtù di ciò che sente calzante la sua scelta professionale

Di Daniele Bernardi

Pubblichiamo un contributo apparso su ticino7, allegato a laRegione

Classe 1984, nato a Zurigo, ma cresciuto a Lugano, Sébastien Peter si è formato fra Losanna e Friburgo, studiando Storia, Storia dell’arte e Storia antica. Ripensando ai suoi anni da universitario, si rivede oggi come un vero e proprio ‘animale da biblioteca’, che trova la propria dimensione ideale nelle continue possibilità di scoperta che la ricerca concede. Ciò nonostante, la dimensione monacale in stile ‘Il nome della rosa’ non è quella che più gli si confà e, dopo un percorso da promotore culturale a Bienne e a Zurigo, da circa un anno è direttore dei Servizi culturali e musei di Locarno. Al di là degli aspetti specialistici del suo mestiere, Sébastien ha interessi di ogni genere ed è in virtù di ciò che sente calzante la sua scelta professionale. Amante della montagna come molti alle nostre latitudini, quando può non chiede altro che potersi ritirare in baita, con libri e famiglia, dove trascorre i suoi momenti di svago.

La prima volta che ho incontrato Sébastien è stato per confrontarmi su un progetto che non lo vedeva direttamente coinvolto. Immediatamente, dall’inizio della nostra conversazione, mi è stato chiaro che avevo di fronte qualcuno di grande sensibilità e attenzione, impegnato in una costante ricerca di senso in qualsiasi cosa lo chiamasse in causa. Lo risento a distanza di un anno, attraverso una chiamata WhatsApp, per fare una chiacchierata sul suo lavoro, che molto lo assorbe – dal 2023 dirige i Servizi culturali e musei di Locarno – e per sapere di più sulla sua persona, su cosa l’ha portato a essere un promotore-direttore piuttosto che un artista o un mero studioso.

Il seme dell’arte

«Non sono un figlio d’arte, ma nella mia famiglia sono sempre stato stimolato in questo senso. Il seme, quindi, è stato buttato lì e, per attitudine personale, il terreno è risultato essere fertile: infatti, fin da piccolo ho sempre letto moltissimo e ho avuto una grande curiosità. I miei genitori ci tenevano a farmi visitare musei e luoghi storici per far sì che la cultura fosse a portata di mano, che facesse parte della quotidianità», mi racconta quando gli chiedo se riesce a individuare, nel suo passato, l’insieme di eventi che ha determinato le sue scelte di vita. «Rispetto a quella dell’artista o del ricercatore», continua poi, «la posizione che occupo si sposa con una mia particolarità, che è quella di avere degli interessi estremamente disparati.

Un creatore, come pure un accademico, solitamente tende ad approfondire una strada, a privilegiare un cammino. Un direttore, al contrario, può lavorare al crocevia di più discipline, toccando aspetti sì culturali, ma estremamente diversi fra loro. Inoltre, ciò che soprattutto amo è lavorare con le persone, con gli artisti e le artiste, in prospettiva di un progresso morale, intellettuale, a servizio della comunità: la cultura è fondamentale da un punto di vista sociale, perché ci permette di destrutturare le narrazioni dominanti e di crearne di inedite».

Anche se oggi Sébastien pensa che la vera crescita di un individuo provenga dal confronto con la società, non è stato esattamente così ai suoi inizi, quando, mi confida sorridendo, dopo le superiori seguì una scuola di agricoltura che, per un biennio, lo costrinse al completo isolamento sui monti: «Da grande lettore di Kerouac, ero convinto che la prima fonte della formazione fosse l’esperienza diretta e che si dovesse uscire dai tracciati per acquisire una certa saggezza. Fu molto bello, ma presto mi resi conto – anche se credo ancora che i momenti di confronto con sé stessi siano determinanti – che per me era più importante la presenza degli altri rispetto alla solitudine».

Gli ‘altri’

E questi “altri” sono pure i primi a cui Sébastien accenna quando gli chiedo quali siano stati, nel suo percorso intellettuale, i riferimenti, gli autori o i libri determinanti. «La maggior parte di quello che so mi è stato insegnato dalle persone», mi dice subito. «Io ne ho incontrate molte e non voglio fare torto a nessuno, ma sono loro le prime a cui mi viene da pensare. Poi, sì, è stato fondamentale il pensiero di Gilles Deleuze, grazie al quale ho potuto mettere in luce come tutti i fenomeni artistici siano produttori di concetti filosofici. O il Saggio sul dono di Marcel Mauss, in cui si evince come nella creazione di un’opera ci sia sempre una sorta di sacrificio, di prezzo da pagare. O, ancora, Tracce di rossetto, il bellissimo libro in cui Greil Marcus crea un ponte fra la cultura storicizzata e quella non istituzionale. Ma, prima di tutto questo, ci sono gli incontri in carne e ossa, grazie ai quali ho potuto imparare tantissimo, e che non è possibile riassumere a parole».


© Ti-Press / Samuel Golay

Un’edizione straordinaria

E a proposito di possibili relazioni tra ufficialità e scena alternativa, quando viene il momento di parlare dei progetti che lo hanno visto partecipe e più gli hanno dato soddisfazione in questi anni, Sébastien menziona la realizzazione, in questo caso a Lugano, de La Straordinaria – la famosa Tour Vagabonde che, per tre mesi, a cavallo fra il 2022 e il 2023, ha campeggiato nello spiazzo della Gerra, proprio accanto allo stadio – e per la quale con altri si è battuto.

Poi, venendo invece al suo operato di direttore, eccolo raccontare dell’ultima mostra in corso al Museo Casa Rusca di Locarno. «Quando ho ricevuto il mio incarico nel 2023, riflettendo alla programmazione subito ho pensato che si sarebbe dovuto fare una mostra su Olga Fröbe-Kapteyn, artista, studiosa di spiritualità e religioni, amica di Carl Gustav Jung e fondatrice del Centro culturale Eranos di Ascona, dove ancora, con l’idea di creare un “luogo d’incontro per Oriente e Occidente”, hanno luogo conferenze e incontri multidisciplinari. Era come se ci fosse una sorta di urgenza nell’aria. Dedicare un’esposizione a questa figura mi ha permesso, ancora una volta, di approfondire materie differenti a me molto care – psicoanalisi, storia, arte figurativa eccetera – attraverso un unico punto di vista. Come sempre mi accade, è stata la molteplicità in gioco ad attrarre la mia indole».

Articoli simili