Due cuori e una connessione… internet

Una storia d’amore nata online con lieto fine: vent’anni di matrimonio

Di Moreno Invernizzi

Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, allegato a laRegione.

Tra megabit e microchip, a volte, si cela l’amore vero. Come quello nato tra Franco Bariffi e Gladys – natia del Perù –, sposatisi (nel 2004) dopo due anni di frequentazione online. Questo mese, la coppia festeggia le nozze di porcellana, che corrispondono a vent’anni di matrimonio. Ci racconta la loro storia l’ex operaio Ffs, al beneficio della pensione, che da tempo si è trasferito nel Paese sudamericano. Per una storia a lieto fine, però, ce ne sono molte altre che si scoprono truffe amorose online, che non si contraddistinguono per un mezzo più efficace di un altro atto all’inganno, ma, piuttosto, dalle modalità che si ripetono.

A volte, per fortuna, c’è anche un lieto fine. Anche nella rete, da dove spesso, sempre più spesso, rimbalzano notizie di truffe e tentativi di raggiri (a volte solo tentati, altre volte purtroppo effettivamente andati in porto). Una della serie, balzata agli onori delle cronache a ridosso di San Valentino, racconta di un 39enne friburghese ritrovatosi alleggerito di 600’000 franchi dopo aver intrattenuto una relazione virtuale con una fantomatica donna per 8 anni. Ma, come detto nell’incipit, a volte, e per fortuna, c’è un lieto fine. Anche per chi cerca Cupido affidandosi alla tastiera e a internet. Come nel caso di Franco Bariffi, che il 20 agosto festeggerà i vent’anni di matrimonio con Gladys, conosciuta in rete e con cui ora vive, assieme ai due figli di lei, a Ventanilla, distretto della provincia costituzionale peruviana di Callao, non distante dalla capitale Lima. “Dove ci siamo trasferiti in pianta stabile tre anni fa”, ci spiega Franco, rigorosamente in dialetto, dall’altro capo del telefono quando lo raggiungiamo di buon mattino in Perù per farci raccontare la sua storia, quella di un amore sbocciato in una chat, ma poi divenuto vero e concreto a tutti gli effetti.

“Ho conosciuto Gladys, di 5 anni più giovane di me, in virtuale, nel 2002 – attacca l’oggi 68enne ex impiegato delle Ffs –. A quei tempi le chat non erano così diffuse. E, per dirla tutta, nemmeno le fregature lo erano. Beninteso, c’erano già a quei tempi i personaggi ‘loschi’ che andavano oltre le righe o che cercavano di sfruttare queste piattaforme virtuali per mettere in atto i loro secondi fini, ma sicuramente erano molte meno. Ci siamo trovati sulla chat di Yahoo, che a quei tempi era divisa per ‘stanze’: ce n’era una dedicata in particolare agli utenti della Svizzera italiana, in cui talvolta nei miei ritagli di tempo entravo per fare qualche chiacchiera e stringere nuove amicizie. Non per forza di cose, e nemmeno espressamente, per cercare una partner, pur essendo a quei tempi single dopo il precedente matrimonio. A volte capitava anche di ritrovarsi a bere qualcosa in amicizia con alcune persone conosciute in rete, come quel gruppo di italiani che cercava online qualche informazione sul Ticino prima di venirci fisicamente per una vacanza”.

L’incontro con Gladys

Finché un giorno… “Finché un giorno, un bel giorno, in questa ‘stanza’ è entrata Gladys”. Direttamente… dal Perù. “Conosceva già la Svizzera perché per due anni aveva lavorato per una famiglia di un medico di Zurigo. E conosceva già il Ticino per averlo visitato durante quel periodo: le era rimasto nel cuore, per cui in quella stanza cercava qualcuno che la aiutasse a ritornarci, in un modo o nell’altro. Ecco, la nostra storia è iniziata così…”. Trascorrono i mesi, e le conversazioni virtuali proseguono, passando dagli aspetti puramente pratici o legati alla particolarità del nostro cantone, a quelli un po’ più personali, fino a raggiungere una certa intimità di coppia. “L’ultimo anno e mezzo in Svizzera Gladys l’aveva trascorso non in perfetta regola con i permessi di soggiorno, cosa che le precludeva di farci ritorno, se non a una precisa condizione: quella di una promessa di matrimonio da parte di un cittadino svizzero. A quel punto però la nostra relazione virtuale aveva già raggiunto basi ben solide: erano ormai un paio di anni abbondanti che ci sentivamo regolarmente, parlando anche di cose personali, o intime. In passato mi era già capitato di incontrare in quelle ‘stanze’ virtuali gente dalla condotta dubbia, a cui spesso e volentieri, dopo un paio di settimane di frequentazione virtuale, moriva un parente o si ammalava gravemente, e puntuale arrivava una richiesta di aiuto in termini finanziari. Ma, appunto, quel genere di persone, una volta individuato il loro obiettivo, ci impiegava poco a gettare la maschera e a passare alla fase B del suo piano. Certo, anche a Gladys, nei mesi in cui ci siamo scritti, è capitato di vivere situazioni non belle a livello familiare, ma da parte sua non è mai arrivata alcuna richiesta di aiuto. Ciò mi ha rassicurato sulla sincerità del rapporto che avevamo costruito in rete io e lei… Persuaso della sua bontà d’animo e di sentimenti, abbiamo così deciso di fare il primo grande passo: quello di sottoscrivere quella promessa di matrimonio che le permettesse di tornare in Svizzera, e in particolare in Ticino, per tre mesi. Entrambi eravamo decisi a fare questo tentativo”.

Se son rose fioriranno

È il mese di giugno del 2004 quando Gladys torna in Svizzera. Ma soprattutto quando i suoi occhi incontrano quelli di Franco per la prima volta, senza ‘intermediari’ fatti di microchip. Per loro inizia così una sorta di ‘Novanta giorni per innamorarsi’ citando l’omonimo format di una trasmissione televisiva che dal 2014 viene pure diffuso da una emittente privata italiana. “Sì, mi è capitato di vederla qualche volta, quando sono tornato in Ticino; effettivamente io e Gladys possiamo ritenerci due testimonial di quel programma, pur non avendoci mai partecipato”, scherza Franco. Da cosa nasce cosa, e così, allo scadere dei tre mesi dall’arrivo di lei in Svizzera, Gladys e Franco il 20 agosto 2004 fanno il secondo grande passo, trasformando la loro promessa in matrimonio. “Tre mesi non sono moltissimi per conoscere una persona, ma ogni giorno che passava la convinzione di entrambi che poteva nascerne una relazione solida e duratura prendeva sempre più corpo. Sentivamo che il feeling era quello giusto, per cui abbiamo preso la decisione di andare avanti assieme. E se vent’anni dopo siamo ancora qui, vuol dire che non ci sbagliavamo!”.

La traversata atlantica

Oltre ad approfondire la reciproca conoscenza e a dedicarsi all’enorme quantità di aspetti burocratici che una situazione come la loro comporta, nei suoi tre mesi di soggiorno in Svizzera, Gladys si dà da fare per cercarsi un impiego. “Mi ha colpito molto la sua volontà di non dipendere, finanziariamente, da nessuno. Lavorare è sempre stata una sua indole: in Perù la stragrande maggioranza della popolazione lavora come venditore ambulante. Anche Gladys, prima di conoscermi, aveva lavorato come venditrice ambulante, viaggiando un po’ in tutta l’America Latina. Appena arrivata in Svizzera si è subito rimboccata le maniche: pur parlando solo spagnolo, in quattro e quattr’otto ha ottenuto la patente di guida, poi si è trovata diversi impieghi come donna delle pulizie. Per i primi anni abbiamo vissuto in Ticino, recandoci però in Perù a scadenze regolari, principalmente per occuparci della ristrutturazione della casa che già aveva qui Gladys e per vedere i suoi due figli, avuti dal precedente matrimonio”. Ultimati i lavori di ristrutturazione, Gladys e Franco (passato al beneficio della pensione tre anni prima) nel 2021 decidono di trasferirsi in pianta stabile dall’altra parte dell’Atlantico. “Una volta perfezionata la vendita dell’appartamento che avevo comperato qualche anno prima a Cadenazzo, abbiamo salutato la Svizzera. Ora abitiamo in quella casa tutti assieme: i figli di Gladys vivono uno al secondo piano e uno al primo, mentre noi, che siamo ‘vecchietti’, al pianterreno. Mio figlio, quest’anno 44enne, è invece rimasto in Ticino, per cui almeno una volta all’anno, generalmente in autunno, vi facciamo una rimpatriata per rinsaldare i nostri rapporti. Un anno siamo arrivati in piena estate, ma la calura era davvero troppa, specie se per spostarti devi fare capo ai mezzi pubblici. Tra una visita e l’altra, mi tengo informato, in particolare sfogliando l’e-paper (sì, sono un fedele abbonato de laRegione). Fuso orario permettendo, sarebbe anche bello poter guardare un po’ la televisione svizzera, se non fosse che l’applicazione che ti consentirebbe di farlo all’estero è bloccata…”.

Come va con la lingua? “Qualche rudimento di spagnolo (la lingua ufficiale più diffusa in Perù, ndr) l’ho imparato; quanto basta per farmi capire e fare la spesa. L’essenziale, insomma, anche perché girare per strada, senza qualcosa di specifico da fare, con l’escalation di criminalità che c’è stata negli ultimi anni, non è molto consigliato. E considerando che qui, diversamente da quando abitavo in Ticino, non ho un orto o un giardino da curare, spesso me ne sto in casa. Addirittura, per le strade del centro, a Lima c’è il concreto rischio di farsi sparare per un banale telefono cellulare”.

IL SOCIOLOGO

‘Mutano mezzi e tempi, ma la storia si ripete’

Cosa spinge una persona a servirsi di una chat per relazionarsi con altre persone? “Sintentizzando, sono tre i motivi per cui si sceglie una chat: quello della mediazione di un monitor tra partner e partner, che aiuta a superare la timidezza iniziale, il brivido di interagire il più delle volte con sconosciuti e, specie nelle prime chat (quelle cioè non capaci di ‘scremare’ gli utenti geograficamente), la relativizzazione della distanza fisica tra un interlocutore e l’altro”, spiega Gabriele Balbi, sociologo e professore alla Facoltà di comunicazione, cultura e società dell’Università della Svizzera italiana.

Come sono mutati nel tempo social media e app per socializzare? “Una delle pietre angolari di questi social media è la nascita di Facebook, nel 2004. Col suo avvento, tale modo di socializzare ha definitivamente compiuto il grande passo, divenendo parte integrante della nostra cultura. Facebook e simili hanno fatto cadere diversi muri, a cominciare da quello dell’anonimato che ancora caratterizzava molte conversazioni in rete. Altri miti sgretolatisi col tempo sono quelli della convinzione che queste ‘piazze’ fossero essenzialmente luoghi di discussione e quello secondo cui in breve tempo il web sarebbe radicalmente cambiato, alimentato sempre più da contenuti portati ‘dal basso’, ossia dagli utenti. Al contrario, in generale, oggi sono diventati vetrine per la visione di contenuti anziché luoghi in cui socializzare con altre persone o per creare, assomigliando sempre più drammaticamente alle tv d’un tempo. Per tacere delle questioni di privacy e sicurezza dei dati”.

Franco e Gladys, i protagonisti della nostra storia, si sono conosciuti nella chat di Yahoo, sorta di antenato di Facebook e di altri social network più moderni… “Quella chat ti dava il brivido, forse più genuino, di scrivere ‘segretamente’ a qualcuno, una sorta di… telefonata scritta a persone che il più delle volte non si conoscevano. Con Facebook (e Messenger), per contro, è possibile riallacciare i rapporti con vecchi conoscenti (o fiamme), cercandoli per nome. A cambiare, logicamente, è però pure il numero di contatti. Di pari passo, l’incremento delle relazioni sociali a distanza accresce il rischio di malintesi. Si pensi ad esempio ai silenzi e al cosiddetto Ghosting: anche queste sono forme di comunicazione, pure potentissime”.

Realtà versus virtualità

Chat e mondo reale, due realtà distinte? “Il confine tra le due cose è labile. Anzi, oggi come oggi, l’una è complementare all’altra. Una relazione reale si alimenta (pure) da quella virtuale. Usiamo ad esempio tali strumenti per tenerci in contatto durante la giornata, oppure fungono da spunto per una discussione o un’attività nella vita reale. Allo stesso modo, è difficile, se non impossibile, mantenere una relazione, specie se sentimentale, unicamente virtuale. Prima o poi la voglia (e la necessità) di incontrarsi ha il sopravvento. Capitava già negli anni 80 e 90 nelle chat create per discutere di videogame e oggetto di studio di un libro della psicologa Sherry Turkle.

Non c’è però solo la rete ad alimentare la voglia di mettersi in gioco con partner ancora tutti da scoprire. Il programma televisivo ‘90 giorni per innamorarsi’ ne è l’esempio… “La premessa, d’obbligo, benché immagino palese, è che trasmissioni come questa non sono ovviamente state ideate con fini istruttivi, ma di puro intrattenimento. Può essere un programma divertente da guardare, per renderci conto che per conoscere un potenziale partner distante magari migliaia di chilometri non esiste solo la modalità online. Ma con un ‘conto alla rovescia’ che dà un’altra dimensione temporale ai rapporti privati, accelerando il corso naturale degli eventi. L’amore mediatizzato, un po’ come era capitato con lo sport, assoggettato ai ritmi della televisione (si pensi ad anticipi o posticipi di incontri, o, nell’hockey, ai ‘powerbreak’)”.

Cosa non bisogna perdere di vista per usare i social network in modo corretto? “Non scordarsi che questi sono e restano uno strumento per comunicare con qualcuno che spesso sta a migliaia di chilometri da noi. E, non da ultimo, il tempo trascorso in questo ‘mondo’ deve essere ragionevole. D’altro canto, cambiano i tempi e mutano i mezzi, ma la storia si ripete: in passato c’era chi suonava il campanello d’allarme per le ore passate davanti alla tv o, ancora prima, ad ascoltare la radio o leggere romanzi, ora lo si fa per il tempo trascorso in rete. Domani chissà…”.

LA POLIZIA

Le ‘Romance scam’

Ventisei sono le truffe amorose (‘Romance scam’) recensite negli ultimi tre anni dal servizio preposto della Polizia cantonale: 9 nel 2021, 10 nel 2022 e 7 nel 2023. “Un trend altalenante e, per fortuna, su cifre contenute, che non sembrerebbero indicare una recrudescenza di simili reati”, spiega Renato Pizolli, responsabile del Servizio comunicazione, media e prevenzione della Polcantonale.

C’è un social più usato dai malintenzionati? “Più che il mezzo, sembrerebbe essere la modalità a far cadere nell’inganno le vittime”.

Come prevenire simili truffe? “Da alcuni anni c’è una campagna coordinata dalla Prevenzione svizzera della criminalità. I consigli sono: non accettare domande di amicizia su social o app dedicate da persone sconosciute nella vita reale; diffidare di una persona conosciuta in rete che parla del grande amore ancora prima del primo incontro; mai inviare foto intime o compromettenti che neppure voi pubblichereste.

Qualora si fosse già caduti nella truffa, i consigli sono: interrompere subito e definitivamente i contatti col truffatore e bloccarlo su tutti i canali; segnalare il caso alla polizia; parlare con una persona di fiducia e, se del caso, chiedere un aiuto psicologico”.

Per informazioni: www.skppsc.ch.

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