Dalla polvere d’oro al pangrattato, i segreti della Milanese

La cotoletta impanata mette tutti d’accordo a tavola, mentre sui banchi di storia le sue origini sono un po’ fumose…

Di Roberto Roveda

Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, allegato a laRegione

Rivendicata con forza dal capoluogo meneghino, la cotoletta impanata è fra i piatti più conosciuti e diffusi, che ha visto negli anni tantissime variazioni e nella preparazione e nei contorni. C’è chi la fa risalire a un banchetto medievale, quando si usava impanare la carne, ma è solo nell’Ottocento che viene citata per la prima volta nei ricettari con la denominazione ‘alla milanese’.
La primogenitorialità è anche dibattuta: è venuta prima ‘la Milanese’ o la Wiener Schnitzel?

La cotoletta impanata mette tutti d’accordo a tavola. Ma quali sono le origini di un piatto che il grande Gualtiero Marchesi avrebbe voluto fosse di sua invenzione? “Amo moltissimo la costoletta, ma avrei voluto inventarla io!”. In queste parole di Gualtiero Marchesi sta tutto il fascino di un piatto, la cotoletta impanata, che negli ultimi decenni è diventato di moda e soggetto quindi ai gusti momentanei. Facile trovarla guarnita di pomodorini e rucola o ancora ricoperta di formaggio. Per i puristi però non è accettabile neppure che la carne sia battuta fino a creare la modaiola orecchia d’elefante e c’è anche chi contesta l’uso del limone, che sicuramente ha ben poco a che spartire con la Milano dei tempi andati.

‘Cum panitio’

Il capoluogo meneghino, infatti, rivendica con forza (e probabilmente a ragione) la paternità della cotoletta impanata. L’illuminista del Settecento Pietro Verri, nel suo volume Storia di Milano, parla di un episodio avvenuto il 17 settembre 1134 nella basilica meneghina di Sant’Ambrogio. In quel giorno si celebrava la ricorrenza di San Satiro, santo di rilievo nel Medioevo, e nella basilica venne imbandito un banchetto in cui era incluso un piatto denominato lombolos cum panitio, cioè una fetta di carne con impanatura. Secondo gli esperti di cucina è probabile che più della nostra cotoletta si trattasse di scaloppina. È però accertato che già in epoca medievale si usasse spesso la panatura per la carne. Si deve, infatti, pensare che nelle famiglie nobili era diffusa l’usanza di ricoprire i cibi con polvere d’oro. I poveri invece ottenevano la doratura mescolando pane grattugiato, tuorlo d’uovo e friggendo il tutto con il burro. Sia come sia, il documento che rievoca il banchetto del 1134 è, dal 2013, esposto nella basilica di Sant’Ambrogio, a certificare la secolare milanesità della cotoletta.


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La basilica di Sant’Ambrogio

La prima citazione della cutelèta in un ricettario è invece molto più tarda. Si trova nel dizionario milanese-italiano dato alle stampe nel 1814 da Francesco Cherubini. La prima ricetta della cotoletta definita “alla milanese” è nell’opera di Giuseppe Sorbiatti ‘Gastronomia Moderna’, pubblicata a Milano nel 1855. Vi si parla di costoline di vitello preparate secondo precisi criteri: “Allestite sottilmente sei costoline con garbo, immergetele nell’uovo battuto, indi imborraggiatele di pane, fatele soffriggere a fuoco lento da una parte a calor biondo, rivolgetele, salatele, e dopo due minuti servitele sul piatto aperse del loro burro, con del limone a parte”.

Prima la Milanese o l’austriaca Wiener Schnitzel?

Sempre a metà Ottocento, nel periodo in cui la Lombardia voleva diventare indipendente dall’Impero austriaco, si accese la disfida tra la cotoletta alla milanese e l’omologa viennese, la Wiener Schnitzel. Per sostenere la primogenitura italica si diffuse un racconto, probabilmente partigiano, su una lettera scritta dal conte Attems, aiutante di campo dell’imperatore d’Austria Francesco Giuseppe. Dopo una cena nella residenza milanese del famoso generale Radetzky, Attems magnificò per iscritto uno straordinario piatto “a base di vitello impanato nell’uovo e fritto nel burro”.

Le lodi sarebbero giunte all’orecchio dell’imperatore, spingendolo a importare la delizia alla corte viennese. Leggende, naturalmente, dato che piatti simili alla Wiener Schnitzel sono citati in ricettari austriaci del Settecento. Inoltre, Milanese e Viennese sono molto diverse. La prima prevede l’uso del vitello, è spessa, con l’osso e viene fritta nel burro. La seconda è sempre sottile, di maiale e veniva originariamente cotta nello strutto.

Altre ipotesi storiche

E se fosse francese?

Anche sul nome della nostra “bistecca” si dibatte molto. Chi dice cotoletta, chi sostiene invece il termine costoletta (come fanno i maggiori chef). Quasi sicuramente la parola “cotoletta” deriva dal dialetto milanese cutelèta, a sua volta mutuato dal francese côtelette, che vuol dire “costoletta”. E costoletta è il termine usato nel 2008 quando al nostro piatto venne attribuito dal Comune di Milano il Riconoscimento “De.Co.” (Denominazione Comunale) riservato ai prodotti gastronomici tradizionali meneghini. La Milanese era quindi una “Francese”? Sicuramente già nella Francia del Settecento si usavano le costine panate che vennero introdotte in Italia agli inizi dell’Ottocento. Venivano denominate “costolette della Rivoluzione Francese” e secondo alcuni esperti vennero importate da cuochi al seguito degli eserciti napoleonici, oppure da Maria Luisa d’Austria, moglie di Napoleone e poi duchessa di Parma.
In realtà queste “costolette” transalpine venivano marinate nel burro fuso mescolato con erbe, sale, pepe e chiodi di garofano e poi passate nella farina e nell’uovo sbattuto prima di essere fritte. Erano quindi solo lontane parenti della classica Milanese.

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