Elisa Beretta ha un grande cuore
Nel 2017 si è recata in Kenya a fare del volontariato: un’esperienza che l’ha fatta innamorare di quella terra e dove ha seminato sogni tutti da coltivare
Di Gino Driussi
Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, allegato del sabato a laRegione.
Classe 1999, è nata a Locarno e abita a Gordevio. Dopo una formazione alla Scuola specializzata per le professioni sanitarie e sociali (SSPSS) di Giubiasco, ha lavorato per un anno in un asilo nido e per un altro in una casa per anziani nella Svizzera tedesca. Attualmente sta studiando cure infermieristiche a Winterthur, dove ha completato il terzo di sei semestri. Cinque anni fa a Donduri (Kenya) ha scoperto un Paese e un’umanità che le sono restati nel cuore. Oggi, appena il tempo glielo permette, torna regolarmente a trascorrervi le sue vacanze. E una volta completati gli studi, spera di mettere a frutto il suo desiderio di aiutare concretamente gli altri.
© Ti-Press / Samuel Golay
Ci sono molte persone che fanno del bene, che si impegnano a favore del prossimo silenziosamente, quasi nell’anonimato, senza che si parli di loro. Una di queste è sicuramente la giovane ticinese Elisa Beretta, della cui storia e del cui progetto – che meritano di essere raccontati – sono venuto a conoscenza quasi per caso e che mi ha lasciato letteralmente a bocca aperta. “Tutto ha avuto inizio – mi racconta – quando ho conosciuto una suora keniana, Rose Wangui, una donna molto solare e dalle mille risorse che prestava servizio nella casa anziani Cottolengo di Gordevio. Successivamente si è trasferita a Torino, dove vive attualmente, ma siamo rimaste regolarmente in contatto e così nel 2017 mi ha fatto sapere che nella sua parrocchia di Donduri cercavano dei volontari per dare una mano. Io sin da bambina mi ero interessata al Kenya, in quanto la mia famiglia aveva adottato a distanza una bambina di quel Paese e mi ero ripromessa di andare un giorno a incontrarla. Questa sarebbe stata la grande occasione, ma i miei genitori erano molto reticenti perché ero ancora minorenne e c’erano non pochi ostacoli burocratici da affrontare. Comunque, vista la mia determinazione hanno finito per accettare. Nel giro di poche settimane abbiamo organizzato tutto ed eccomi, nel luglio 2017, partire da sola e un po’ impaurita sia per il viaggio sia perché non sapevo bene cosa mi aspettasse”. E questa prima esperienza, durata tre settimane, ha letteralmente entusiasmato Elisa. “Ho prestato servizio in una parrocchia, da cui dipendeva una scuola con più di 400 bambini, il cui grado andava dall’asilo all’ottava classe. La prima volta il maestro di una classe mi ha colto di sorpresa: dopo avermi presentata, mi ha detto di fare pure la lezione (in inglese). Ero un po’ stupita perché non ero per niente preparata e non sapevo né cosa dire né cosa fare. Allora ho fatto appello a tutta la mia creatività e ho insegnato agli allievi alcune canzoni in italiano. È stato molto divertente! Ne sono rimasta talmente affascinata che non avrei più voluto rientrare, ma siccome non era possibile, mi sono ripromessa di ritornare in Kenya al più presto”. Ah, il mal d’Africa!
© berryschool.ch
Povertà estrema
E così, due anni dopo, la nostra interlocutrice riparte per quel Paese, questa volta per un mese, per fare del volontariato in due scuole diverse. “La prima era dove mi ero già recata, mentre nella seconda c’erano condizioni di povertà estrema: non c’era quasi nulla. Mi sono trovata in difficoltà, ma questa situazione mi ha fatto riflettere sulla situazione privilegiata in cui viviamo qui in Europa, dove diamo quasi tutto per scontato”. Nel frattempo – era il 2018 – succede una catastrofe. Crolla una diga nel villaggio della provincia di Donduri dove Elisa Beretta era già stata e tanti bambini perdono i loro genitori e rimangono orfani. Profondamente colpita da questa tragedia, la ragazza ticinese, insieme a suor Rose, si dà da fare. Non solo aiuta a finanziare alcuni lavori in diverse scuole e la costruzione di serbatoi per l’acqua piovana, ma nasce in lei una grande idea, quella della Berry School (Berry è il soprannome che davano a Elisa quando andava in colonia e l’idea di chiamarla così – ci dice – le è venuta in sogno). Ma di che cosa si tratta? “Il progetto è di costruire una scuola per dare ai bambini la possibilità di istruirsi, di crescere e poi di trovare un lavoro. A questo proposito, con l’aiuto dei miei genitori e di suor Rose ho acquistato un terreno di due ettari in un villaggio vicino a Nakuru, appunto con l’intento di edificarvi una scuola, con tanto di dormitori, bagni e cucina”. Un’impresa gigantesca, nella quale Elisa si getta anima e corpo e in cui crede fermamente. “Il preventivo si aggira attorno ai 50mila franchi. La cifra è alta, per il momento (oltre all’acquisto del terreno) abbiamo raccolto circa ottomila franchi. La posa della prima pietra è prevista per quest’estate e naturalmente sarò presente a un momento così significativo. Poi procederemo con la costruzione delle prime due aule”.
Verso un’associazione
Naturalmente, la giovane ticinese non può fare tutto da sola. “Abbiamo costituito un piccolo team, formato da 4-5 persone, con l’idea di preparare uno statuto e di creare un’associazione, chiamata CIEL (acronimo di condivisione, impronta, educazione e luce). Per il momento allestiamo delle bancarelle, generalmente sui sagrati delle chiese, dove vendiamo dei prodotti artigianali preparati da noi. Abbiamo tante idee, per esempio cene di beneficenza o serate di cinema, ma a causa del Covid ci siamo trovati molto limitati. Abbiamo anche un sito (berryschool.ch) e un profilo Instagram (@future_berry_school), dove chi lo desidera potrà trovare tutte le informazioni sul nostro progetto”. Completare gli studi, diventare infermiera e magari esercitare la sua attività in Kenya. Parlando di queste prospettive, a Elisa Beretta brillano gli occhi. E, vedendo il suo entusiasmo, non si può che augurarle che un progetto umanitario così bello e così nobile diventi presto realtà.
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© Ti-Press / Samuel Golay