Sofia Santori e una storia d’amore #atypical

Mamma di due meravigliose bambine, ci parla dell’autismo di sua figlia, della pagina #chihapauradellospettro e di molto altro

Di Natascia Bandecchi

Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, allegato del sabato a laRegione.

Il personaggio

Sofia Santori è nata sotto il segno dell’acquario uno storico lunedì di neve. Voleva fare la fotografa, ma va bene così. Onnivora musicale, legge solo saggi e libri di vita vera. Per lei diventare mamma – di due meravigliose bimbe (Viola e Viki) – è stata un’esperienza metafisica e diventarlo di un “folletto spettro” è una continua esperienza mistica. In passato Sofia si rivede alla ricerca disperata di una meta interiore che non serviva cercare. In futuro, si vede nel silenzio di un bosco con la mente sgombra.

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L’incontro con Sofia mi ha mosso varie onde interne facendomi venire in mente “Io sono l’altro”, canzone di Niccolò Fabi che inneggia all’empatia, al mettersi nei panni dell’altro e a non temere di chi – pare – sia diverso da noi. Diversità che sin dall’adolescenza ha fatto breccia nell’anima di Sofia. “Frequentavo l’ultimo anno di liceo artistico con indirizzo pittorico. Come lavoro di maturità ci venne assegnato il tema della diversità. In tempi – allora – non sospetti portai il tema dell’autismo (e chi si immaginava che sarei poi diventata mamma di Viki?). Sofia era profondamente incuriosita dall’autismo, a quell’epoca faceva la volontaria in una piscina con bambini disabili. Tra di loro c’erano due gemelle con disturbi dello spettro autistico. “Mi preparai infinitamente per redigere il lavoro di fine anno scolastico, sfogliando libri su libri. Leggendo le testimonianze dei genitori mi dicevo: sono veramente degli eroi”. Sofia ripensa a quando venne diagnosticato l’autismo a sua figlia e sorride: “In quel momento ho ripensato ai tempi del liceo e ho avuto la sensazione che, da qualche parte dentro di me, mi fossi preparata a vivere l’esperienza dello spettro… da vicino, anzi, dentro. Non mi sento un’eroina ma una sopravvissuta” (ride, ndr).

#chihapauradellospettro

“Storia di un amore #atypical nell’abbraccio della natura svizzera”. Questo è il sottotitolo della pagina Instagram che Sofia ha creato per raccontare la vita dalla prospettiva “spettrale” di sua figlia Viki. “Ho iniziato a scrivere grovigli di pensieri quando abbiamo ricevuto la diagnosi sull’autismo. Elucubrazioni mentali che spesso toccavano picchi di depressione in cui mi dicevo che non sarei mai uscita da questa situazione”. Lì, non era il tempo di trasformare pensieri in parole, e Sofia si è detta che era il momento di conoscere e studiare più approfonditamente lo spettro. “Ho letto un sacco di racconti scritti da autistici e ho parlato con persone Asperger. In questa fase di vita, conoscere le loro testimonianze mi è stato enormemente utile. Attraverso la loro esperienza ho trovato tutto, compresa la difficoltà di starci dentro e fuori”. Viki cresce e sempre più attira la curiosità di persone che incrociano il suo cammino. “Mi si è accesa la lampadina e ho aperto un profilo Instagram attraverso cui racconto in maniera reale ma astratta l’autismo di mia figlia”.

Nessuna commiserazione

Il tema della diversità ritorna sovente nella vita di Sofia. “Uno degli obiettivi che dà forza alla mia visione sulla diversità è quello di togliere il velo di pietismo e di scontatezza che avvolge la disabilità”. Per Sofia l’autismo non è da combattere ma da accogliere e farci pace, anche nei momenti più difficili. “Credo che con questa attitudine si possa acquisire una visione reale, e non più stereotipata, di una condizione di vita diversa dal ‘normale’”. “Non sono bambini con bisogni speciali, sono bambini con diritti speciali”, così affermano dei pedagogisti che Sofia ha studiato negli anni. “Penso che questo pensiero riassuma benissimo il concetto di inclusione. Tutti abbiamo gli stessi bisogni. Le persone con disabilità hanno semplicemente diritti speciali che si possono manifestare in forme diverse. Il Centro Sfera Bianca di Cadempino è un satellite che fa parte del microcosmo di Sofia ed è l’ennesimo gesto inclusivo che si è generato da una manciata di anni. “Quello che mi piace del centro è che si raggiunge il tema dell’inclusione da tante direzioni diverse. Ci sono persone che arrivano da noi senza sapere cosa troveranno e poi c’è la sala Snoezelen che conquista tutti indistintamente”. Quando si scopre che questa stanza magica è stata importata dal mondo della disabilità al mondo dei neurotipici, la gente rimane spiazzata. “È un contenuto importante sapere che da quel ‘mondo’ è arrivato qualcosa che funziona per tutti. In genere pensiamo che dal ‘pianeta’ dei neurotipici ci sarà qualcosa che va verso la disabilità, ma in questo caso il percorso è inverso”.

Il Germoglio

L’Associazione Il Germoglio è nata da un gruppo di mamme con figli (bambini e adolescenti) nello spettro autistico. “L’associazione è nata con l’intento di fornire strumenti in più ai professionisti, ma dare la possibilità anche alle mamme e ai papà di seguire delle formazioni importanti”. Nessun genitore ha il manuale delle istruzioni, e alla voce paura ci si può imbattere in moltitudini di aspetti che, se trasformati, possono donare un nuovo modo di vivere la genitorialità. “Da quando sono diventata mamma non sono più fatalista come una volta. Soprattutto pensando a Viki che vive nello spettro. Mi spaventa lasciare un giorno qualcuno che dipende da me ma ci sto lavorando”.
“Quando si mangia?”. Così concluderebbe Viki questo incontro. Sì, perché lei ha sempre fame e “direbbe” che i neurotipici sono dei noiosi blateranti.

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