Quella sua maglietta fina

I tatuaggi vs. Re Lucertola

Di laRegione

Luglio. In spiaggia la calura è dantesca e verso le 11.30 i più sensibili migrano verso un tetto dove proteggere pelle, neuroni e salute. I coraggiosi (diciamo così) chiamano invece a sé i torridi raggi solari del clima che cambia, forse convinti che la differenza la faccia il colore della pelle e non quello che sta sotto. Tra polpacci scolpiti, sederi cadenti, teste incolte e piedi scottati ecco l’ABC del tatuaggio post-galeoni (e galeotti): rose, farfalle, rune, cuori infranti, nomi, fili spinati, lacrime & sangue, arabeschi e delfini. Non manca nulla, «solo non si vedono i due liocorni», sempre in ritardo sull’arca del buon Noè.
Se la misura del buon gusto si legge sulla pelle, siamo messi male; ma il corpo è tuo e «facci quello che ti pare» (influencer permettendo). D’improvviso ecco salire all’orizzonte il cinquantenne che non ti aspetti: stanco della vita (e forse della moglie), trascina la sua borsa di paglia verso la passerella. Lento, Ray-Ban cadenti, in dolorante attesa della prole che non arriva… Si gira, guarda il resto del suo branco, scuote la testa. Sconsolato. Poi l’occhio gli cade sul seno abbondante della ventenne giusto lì a tiro, inerme, «a ore 9». È un attimo. Lui è stretto in una maglietta bianca, sdrucita, protetto da una figura scura con le braccia aperte e collanina al collo: il Re Lucertola è proprio lì, a coprire la panza abbondante. «Riders on the Storm…» ti viene da canticchiare mentre quel Jim Morrison d’annata ti passa a sinistra, incarnatosi nell’inedito corpo. Tatuaggi, capelli scolpiti, ribellione da social e profili Instagram? Sarà, ma a volte basta la maglietta giusta per aprire nuove speranze a quest’umanità confusa.

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