Il Natale, il virus e la prostituta di Tom Waits

Un bilancio delle feste, tra dubbi esistenziali e una ‘cartolina da una battona di Minneapolis’

Di Lorenzo Erroi

“Come hai passato le feste?” “Mah!”. Stavolta sono state un “mah” anche le vacanze di Natale, come tutto il resto. “Mah” è la risposta ricorrente quando chiediamo com’è andata ad amici e parenti. A sciogliere il senso d’incertezza non sono bastate neanche certe tradizioni: le casette illuminate alle finestre, la replica della commedia dialettale, i gin & tonic carichi come bombe a mano. Situazione ancor più dura per chi da sempre soffre di spleen natalizio, quello di chi si sente inadeguato quando tutto e tutti esigono allegria. Anche se in fondo a questo giro non ci si è nemmeno provato più di tanto: pochi gli aforismi edificanti spediti in copiaincolla all’intera rubrica telefonica; sottotono anche i messaggi iperglicemici da social, al netto di qualche lezioncina mielosa sulla gratitudine “nonostante tutto”.

C’era un po’ ovunque il senso di fare finta, perfino più del solito: come la prostituta di Tom Waits nella Christmas Card from a Hooker in Minneapolis, quando racconta all’amico Charley di come vada tutto per il meglio, di come sia felice ora che ha smesso col whisky e ha trovato un uomo che l’ama e suona il trombone; salvo ammettere all’ultima strofa che non è vero nulla, e che dovrà restare in galera fino a San Valentino. Per carità, non è che noialtri si stia tutti così male: si sta solo “mah”.

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