Vedersi vecchi

L’app e il sogno di essere anziani (un giorno, chissà…)

Di laRegione

Mentre leggete questo pezzo, probabilmente la moda di FaceApp sarà già passata. Una scusa buona per consegnare all’eterno oblio degli archivi quell’afosa settimana dell’estate 2019 nella quale tutti – o quasi – ci siamo divertiti a farci un selfie e lasciare che un’intelligenza artificiale ci facesse vedere come saremo da vecchi. Prima di stufare tutti – e ci saranno volute tra sì e no 48 ore, a dirla tutta – abbiamo potuto vedere sui social ritratti fra il comico e l’inquietante. Personalmente ho scoperto che a settant’anni, se ci arriverò, potrei somigliare a una specie di Babbo Natale sovietico, di quelli che nascondono una bottiglia di samogon al metanolo sotto il barbone ingiallito. FaceApp è un’applicazione russa, e subito si sono diffuse le paure circa l’uso che avrebbe fatto delle nostre immagini: in che server finiranno i miei scatti? (Ma soprattutto: cosa se ne faranno?).
Mentre cercavo senza successo di capirlo, ho scoperto che il Ceo di FaceApp si chiama Gončarov, come il romanziere che creò il personaggio di Oblomov, l’uomo pigro e irresoluto per eccellenza. Per qualche motivo la cosa mi rassicura e mi diverte: un Oblomov che appende sul suo divano un ritratto 2.0 di Dorian Gray, che idea. Resta da capire cosa ci spinga a sapere come saremo da vecchi. Forse l’illusione scaramantica che vedendoci anziani riusciremo davvero a diventarlo (è noto che la vecchiaia è piena di problemi, ma l’alternativa è anche peggio). Oppure il gusto di sentirci giovani a confronto con quel sé dal futuro. Oppure siamo semplicemente bravissimi a perdere tempo, e la psicologia non serve.

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