Le vite narrate di Roberta Lippi

La sua missione? Far sentire meno sole persone che, loro malgrado, hanno vissuto momenti di vita tortuosi e a tratti densi di sofferenza

Di Natascia Bandecchi

Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, allegato a laRegione.

È nata a Milano nel 1974 e la sua vita orbita intorno al mondo della scrittura. Ha scritto per la TV, la radio, il web (ha seguito la nascita del sito di ‘Vogue Italia’, di cui è stata caporedattrice), autrice di alcuni libri e da una manciata d’anni, giusto per non annoiarsi troppo, si è tuffata nel mondo del podcast. Con Storielibere.fm, piattaforma editoriale di podcast, ha pubblicato: “Soli, i bambini di Osho”, “Dragon Lady, l’ultima testimone” e “Love Bombing”.

Il segreto della gioia e Il segreto del tantra sono solo alcuni dei saggi di Osho – maestro spirituale indiano – in cui mi sono immersa quando, poco più che ventenne, cercavo spasmodicamente risposte esistenziali. Oggi, fortunatamente, ho qualche risposta in più, soprattutto grazie alle esperienze che ho vissuto, non tanto per le migliaia di pagine intrise di spiritualità e filosofia indagate, anche se, a dirla tutta, mi hanno sempre fatto del bene all’anima. A proposito di segreto, parola che deriva dal latino secretum – participio passato del verbo secernere – mettere da parte. Roberta Lippi, narratrice militante, ha aperto un sarcofago pieno di verità nascoste e dolorose. Come? Creando la serie audio “Soli” in cui ha raccolto le storie dei bambini che sono stati portati dai loro genitori nelle comuni di Osho tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta. Adulti – oggi – che hanno rivelato di non sapere chi sarebbero diventati senza quell’esperienza, perché i loro genitori, all’improvviso, decisero di lasciare tutto e metterli in comune, in tutti i sensi.

Ossessione

Roberta aveva già sentito parlare di Osho, ma la scintilla che l’ha portata a macinare ore di lavoro intorno a questa figura tanto controversa è scoccata dopo aver visto Wild Wild Country. Docu-serie targata Netflix in cui si raconta il periodo della comune di Rajneeshpuram in Oregon (USA). “Il mio interesse per Osho era pari a zero, scorgevo i suoi saggi in libreria nel settore new age e basta”. Sono però “caduta nella tana del bianconiglio” dopo aver guardato ossessivamente tutta la serie (che ho guardato consecutivamente due volte in due giorni). C’era qualcosa che richiamava la mia attenzione, come un sesto senso. Ho iniziato a fare ricerche e c’erano delle cose che non mi tornavano. La serie non rispondeva a una marea di quesiti. Più cercavo e più mi si aprivano delle finestre nella mente e più andavo avanti e più prendevo appunti. Da lì ho pubblicato un e-book che rispondeva a una serie di tasselli mancanti: Wild Wild Sheela. Le domande non si esauriscono nella testa di Roberta: ma dove sono i bambini nella comune di Osho? Perché non si vedono mai nella serie? Lì si è aperto un portone ed è nato il podcast “Soli”.


© Antonella CIvera

Rompere le catene

Personalmente ho sempre fatto tesoro degli insegnamenti che mi hanno portato determinate figure considerate spirituali: Osho, Mooji, Goenka. Ho praticato le loro meditazioni, cantato i loro mantra ma non mi sono mai identificata in loro. Per me sono sempre stati solo esseri umani, non li ho mai idolatrati fuori misura. Sono indubbiamente grata per quello che ho saputo cogliere sapendo definire i confini tra me e loro. Non posso negare che dopo aver ascoltato “Soli” e “Dragon Lady” un po’ mi sono sentita indignata e soprattutto dispiaciuta per le persone che hanno sofferto durante quegli apparenti anni d’oro. “È un po’ come se fosse stato distrutto il mito del patriarca. È stato toccante ricevere messaggi di persone che, dopo aver ascoltato le serie, hanno buttato via libri, fotografie, mala (collana formata da 108 palline di legno) con l’effigie di Osho. Non provo gioia, anzi. Deeksha – la protagonista di ‘Dragon Lady’ (molto vicina al guru tra gli anni Settanta e Ottanta) – ha deciso di parlare quando si è resa conto che tacere era più grave che non dire. Non parlare avrebbe significato per lei essere complice di reati criminali: abusi reiterati per anni e taciuti che stanno lentamente venendo a galla ora. Per me la frase biblica è: la verità rende liberi. Nessuno vuole portare fuori dal movimento di Osho i suoi sannyasin (seguaci) ma è importante sapere che ci sono persone che si stanno liberando da catene che per anni è stato faticoso rompere, proprio grazie all’ascolto dei podcast”.

Bambino interiore

Bindu De Stoppani, attrice e regista, è una delle protagoniste di “Soli”. Durante l’intimo dialogo con Roberta Lippi afferma: “Siamo tutti bimbi nel centro del nostro cuore ed è per questo che ci piacciono le storie”. Giro la domanda a Roberta chiedendole che rapporto aveva con le storie da bimba visto che oggi, raccontarle, è diventata una professione. “Sono sempre stata introversa e timida. Da piccola trovavo rifugio tra le pagine dei libri che leggevo a profusione. Era naturale perdermi in questi mondi e isolarmi nei racconti letti. Di riflesso ascoltavo molto volentieri le storie raccontate dagli altri. Sono sempre stata la migliore amica di tutti perché preferivo ascoltare che parlare di me. Parallelamente ho sviluppato la capacità di osservare e cogliere i particolari: uno sguardo, un gesto”. Roberta – sorridendo – si chiede come mai le persone si fidino così tanto di lei. “Spesso dopo le interviste che raccolgo le persone mi ringraziano per la sensibilità e la cura con cui ho trattato il tema ma, a dirla tutta, penso che così farebbe chiunque, non mi sento così speciale. Forse riesco a sintonizzarmi sulle frequenze dell’altro perché mi connetto con il loro bambino interiore”.

Vulnerabilità

Spesso è figo (e forse pure conveniente) apparire forti, performanti, infaticabili, ma quando ci permettiamo di mostrarci nella nostra vulnerabilità? Roberta Lippi nei suoi lavori dona spesso voce a quelle persone poco supereroi ma molto vulnerabili: “Vorrei che potessimo permetterci di dare spazio a quella vulnerabilità che è di ognuno di noi perché siamo esseri umani, non siamo robot”.

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