Donne vs uomini (in Grecia e a Roma)

La storia della donna nel passato classico (…) è una storia di sottomissione che si svolge all’interno di periodi storici per altri versi illuminanti

Di Marco Horat

Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, allegato a laRegione.

Omero fa dire queste parole a Telemaco, figlio di Ulisse, che si rivolge alla madre: ‘Orsù, torna alle tue stanze e pensa all’opere tue, telaio e fuso; all’arco penseran gli uomini, e io sopra tutti. Mio, qui in casa, è il comando’. E Penelope, docilmente, obbedisce, perché in assenza del padre è il figlio maschio il padrone di casa. ‘Zeus, perché hai dunque messo fra gli uomini un ambiguo malanno, portando le donne alla luce del sole?’, scrive Euripide nel V secolo a.C. E Seneca romano: ‘L’uomo saggio deve amare la moglie con giudizio, non con affetto. Nulla è più sbagliato che amare la propria moglie come se fosse un’adultera. Tre brevi passaggi per delineare un problema: la ’questione femminile’.

Il tema della parità di diritti tra i sessi è sempre di attualità, segno che la questione rimane aperta malgrado i cambiamenti e i progressi degli ultimi secoli a favore della condizione femminile. Sulla carta, in buona parte del mondo non ci sono più sostanziali differenze, tant’è che nella vita civile (politica, professionale, artistica, scientifica ecc.) troviamo donne in posizioni di vertice: a capo di regni, governi nazionali, di istituzioni internazionali e di grandi partiti politici, come successo in Italia recentemente. Poi certo nel mondo ci sono realtà sorprendenti ai nostri giorni e per la nostra sensibilità, che fanno sì che alle donne sia per esempio precluso l’accesso all’istruzione e perfino la guida di un’automobile; segni evidenti di ben più profonde diseguaglianze. Anche nella nostra vita quotidiana, le discriminazioni più o meno palesi continuano a sussistere, a livello materiale e di percezione sociale; un conto sono le regole un altro la loro applicazione e il fatto che vengano acquisite nella mentalità comune. Ma le leggi non dovrebbero precedere e anzi informare il sentire generale e le idee-guida, poiché è la società nel suo complesso che deve condividere certi valori, sentirli come essenziali, altrimenti le buone intenzioni rimangono parole vuote sulla carta?

Fari della cultura (ma maschile)

Recentemente e proprio su queste pagine, un contributo citava un libro che sono andato a riprendere, perché utile per tentare di capire le radici del problema: L’ambiguo malanno. Condizione e immagine della donna nell’antichità greca e romana (Feltrinelli) di Eva Cantarella (nell’immagine a destra). L’idea è che partendo da lontano si possono imparare nozioni utili per comprendere il presente, con la speranza (in verità piuttosto flebile) di non cadere negli errori fatti in passato, sempre tenendo presente che comunque la storia non si ripete, malgrado certe persistenze nel tempo e nello spazio. L’autrice è artefice di numerosi testi scientifici e divulgativi fondamentali sull’argomento, e anni fa ha aperto la strada a questo tipo di studi. Eva Cantarella ha insegnato Diritto greco e romano all’Università di Milano e negli Stati Uniti, e appunto in questa prospettiva giuridica tratta l’argomento della questione femminile; non limitandosi però alla teoria, bensì partendo da questa per allargare lo sguardo sulla società in generale e sulla vita quotidiana delle donne di allora. Lo fa analizzando principalmente due momenti ritenuti per molti versi fondamentali nello sviluppo della nostra civiltà: il mondo della Grecia classica e quello romano tra Repubblica e Impero; con puntuali citazioni di personaggi, documenti letterari e giuridici, fatti storici documentati o semplicemente tramandati dalla tradizione. Con qualche sorpresa negativa quando si riferisce ad autori illustri e filosofi, in genere considerati per l’Occidente ‘fari della nostra cultura’; che certo non vanno per questo gettati via come merce avariata, ma solo letti con attenzione critica, soprattutto quando affrontano temi oggi sensibili, in un quadro di riferimento il più possibile completo; senza con questo accettare in toto quel procedimento ambiguo di giudicare il passato con il metro del presente che usa talvolta in modo esasperato la cosiddetta cancel culture.


Eva Cantarella, classe 1936, è una storica, giurista e sociologa romana.

Le “funzioni” della donna

Lo scopo dell’analisi di Eva Cantarella, tutto sommato piuttosto pessimistica, è di rendere attento il lettore “confrontato con altre ricostruzioni che, dando per scontate le discriminazioni, tacendole o minimizzandole, si preoccupano di mettere in evidenza il ruolo della donna nella vita familiare, esaltandone l’importanza e la dignità”; non tacendo tuttavia i casi di donne emergenti, i momenti di apertura, i riconoscimenti e le conquiste giuridiche e sociali, soprattutto nel mondo romano. La storia della donna nel passato classico – teniamo conto che si parla di donne appartenenti alle classi privilegiate – è una storia di sottomissione che si svolge all’interno di periodi storici per altri versi illuminanti. Le conclusioni dell’autrice si soffermano su alcuni punti fondamentali: in Grecia “la funzione delle donne era quella di riprodurre cittadini, se libere, e di forza lavoro servile, se schiave”. Era il solo modo concesso di partecipazione, mediata, alla vita della polis. Gli schiavi e le schiave invece, come dappertutto, non erano persone, ma oggetti dei quali il padrone poteva disporre liberamente. Aristotele definiva la donna come ‘materia’, mentre attribuiva all’uomo ‘forma e spirito’, da cui il principio eterno della loro diversità ‘naturale’ e quindi della logica e necessaria esclusione della donna. L’educazione dei figli era quindi compito degli uomini, protagonisti del mondo della ragione e dell’intelletto, che dovevano iniziare i giovani alla vita da tutti i punti di vista, compreso quello affettivo. A Roma invece la donna, pur rimanendo sottomessa dapprima al padre, poi al marito ed eventualmente al figlio maschio, si occupava in prima persona dell’educazione dei figli, anche se questo “impediva alle donne romane di uscire dai confini di un ruolo rigorosamente codificato, e determinava inflessibilmente e inesorabilmente le linee della loro esistenza, divenendo lo strumento del loro annullamento come persone”. In epoca imperiale ci saranno grandi cambiamenti nel diritto e conquiste di libertà, spesso interpretate come licenza e dissolutezza da parte delle matrone romane. “Ma con la crisi dell’impero (che non a caso coincise col riemergere di una misoginia al cui recupero contribuì in modo tutt’altro che indifferente la predicazione dei Padri della Chiesa) il terreno guadagnato venne perduto e le donne furono sospinte di nuovo nei confini di un mondo caratterizzato come sempre dalla subalternità”.
Questo per rendere attenti sul fatto, conclude Eva Cantarella, che le conquiste in materia di diritti e di uguaglianza, non sono date una volta per tutte, ma vanno difese ogni giorno e ovunque, come la storia ci insegna, o dovrebbe insegnarci.

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