Chiara, per esempio
Poi ci sono quelli che per farsi valere devono correre il doppio di noi
Di laRegione
Chiara corre veloce. Vince un sacco di medaglie. Ha anche la dote di un’ironia che fa saltare tutte le ipocrisie. Però ha la sindrome di Down, e quindi deve correre il doppio di noialtri «normali» per farsi valere (se ne parla negli “Incontri” a pagina 8 dell’edizione in edicola oggi, 11 ottobre). Penso anche che Chiara Zeni riderebbe di me – senza cattiveria, ma con un po’ di inevitabile compassione – se adesso scrivessi che la disabilità è un dono, che in fondo siamo tutti uguali, e altre sciocchezze di quelle che a noi giornalisti piacciono tanto: «campionessa in pista e nella vita», e via malscrivendo.
Il punto è che non è tanto facile essere “mongoloidi”, come si diceva quando il rispetto per la diversità era considerato un optional (adesso si torna a chiamarlo buonismo, perché la mamma dei cretini è sempre incinta). È inutile girarci attorno: le capacità fisiche e intellettuali di Chiara sono difficili da sistemare negli schemi di una società così diversa da lei. Però dispiace sapere che in Svizzera non si riesca a trovarle uno spazio. Tanto che per studiare – cosa che fa con profitto – Chiara è dovuta andare in Italia. Dove le persone con sindrome di Down sono inserite nel normale percorso scolastico dagli anni Settanta (Enrico, amico mio “trisomico” delle elementari: ti ricordi quanti bomboloni ci siamo scofanati?). Qui in Svizzera le era stato prospettato un percorso nelle scuole speciali, troppo limitante per la famiglia. Nella Costituzione svizzera c’è una frase bellissima: «La forza di un popolo si commisura al benessere dei più deboli dei suoi membri».
Chiara non è debole, in realtà, ma questa dichiarazione d’intenti dovrebbe riguardare anche lei.