Il senso dell’albero
A buttali giù si fa in fretta. Vederli crescere un po’ meno…
Di laRegione
Quello di Bellinzona è solo l’ultimo, ma bizzarri e incomprensibili progetti d’abbattimento di piante ad alto fusto nei tessuti urbani del cantone non sono mai mancati. Il tema appare assai «spinoso», non solo nei consigli comunali e in seno alle amministrazioni. Guardate al privato: quante costruzioni recenti conoscete – dalle case monofamiliari alle proprietà per piani – dove il verde è stato considerato come un elemento essenziale per la vivibilità del manufatto? E quante piante (escludete le siepi e gli arbusti) avete visto mettere a dimora nel vostro quartiere o paese? Quante invece sono state abbattute?
Pochi giorni fa mi reco presso un conoscente che ha un’attività commerciale in Leventina: vuole avere «più spazio» davanti all’entrata dello stabile, dominata da un notevole abete rosso. «E qui come fai?», chiedo ingenuamente toccando la corteccia che profuma di resina. «Lo tiro giù!», mi risponde senza esitare: «Chi potrà mai dire che non era malato…». Già, chi? Sempre nel Sopraceneri, un impresario deve riattare una casa nel nucleo. Vista la vicinanza tra edifici, sorge il solito problema: «Dove metti la gru?», chiedo. «Taglio questo, tanto adesso è mio», mi risponde indicando un rigoglioso fico alto almeno 7 metri. E carico di frutti. Lo guardo. Peccato, gli faccio notare, è bellissimo: «Non hai un’altra soluzione?». Mi guarda a sua volta, come se non capisse. Per lui quella pianta è un fastidio: della sua funzione, e del fatto che quell’albero sia su questa terra da prima che noi nascessimo non importa granché. E nemmeno dei sereni pomeriggi che potrebbe trascorrere sotto i suoi rami in compagnia di famiglia e amici.