Céline: 21 anni e il sogno di pilotare elicotteri
La storia di una ragazza che vuole librarsi in volo. Dopo l’esperienza come assistente di volo, ora sta svolgendo la formazione pratica.
Di Prisca Bognuda
Pubblichiamo un contributo apparso in Ticino7, allegato del sabato a laRegione.
Terza di quattro figli, Céline Bartoloni nasce a Firenze da mamma svizzera-tedesca e papà toscano. All’età di 16 anni, mentre frequenta il liceo, si trasferisce a Friborgo con la famiglia. Le Alpi svizzere le conosce già molto bene, perché spesso trascorre le vacanze scolastiche dai nonni a Wengen (BE). Ma soprattutto è consapevole del fatto che lì, le possibilità di coltivare la sua passione sono maggiori.
Tutto comincia nell’estate del 2014, quando mossa dal desiderio di capire quale direzione prendere per raggiungere il suo obiettivo, Céline Bartoloni decide di iscriversi al campo giovanile dell’aviazione JULA a S-chanf. Lì le si apre un mondo, ma soprattutto si rende conto di potercela fare. Improvvisamente, tutto le appare più chiaro e finalmente vede definirsi davanti a lei la strada da percorrere. Così, dopo aver concluso la maturità, inizia a mettere da parte qualche risparmio, visto l’importante investimento finanziario che comporta l’ottenimento di un brevetto di pilota. La somma supera di gran lunga i sei zeri, perciò Céline non perde tempo e si rimbocca subito le maniche. D’inverno lavora come maestra di sci nell’affascinante Oberland bernese, nei fine settimana veste i panni di un’assistente telefonica per un call center, e talvolta si mette anche a disposizione come cameriera al Kursaal di Berna. Un viavai d’impegni che riempiono le sue settimane, ma più il tempo passa e più si avvicina anche il suo obiettivo. Quel grande progetto si è ormai consolidato con forza nella sua mente e con lui anche la tenacia necessaria per far fronte a qualsiasi ostacolo.
La prima (s)volta
Nell’estate 2018, qualcosa inizia a smuoversi. Grazie all’amico Nicola, uno degli organizzatori del campo JULA, Céline riesce a contattare la Heli Rezia SA, che accetta di assumerla per la stagione estiva come assistente di volo. Come le sarà subito spiegato, il suo compito è quello di vigilare sulle operazioni di volo. Gli assistenti infatti sono gli occhi del pilota a terra, supportano l’esecuzione dei lavori, controllano la sicurezza dei carichi, e gestiscono il contatto con i clienti. Ecco che da quel momento quel mondo, fino ad allora così lontano, inizia a farsi un po’ più vicino.
La incontro proprio in base, a San Vittore, dopo una lunga giornata di lavoro. È già il secondo anno che d’estate scende in Ticino per lavorare come assistente di volo per Heli Rezia. Avevamo appuntamento alle 18, ma tra un elicottero da ripulire e il materiale da sistemare riesce a raggiungermi solo un’ora più tardi. Ancora con il fiatone, mentre si scusa per il ritardo con il suo inconfondibile accento toscano, mi spiega che in questo lavoro non ci sono orari e non si possono fare programmi: «Questa sera, per esempio, volevo andare ad arrampicare con una mia amica, ma ho dovuto annullare l’impegno».
La passione per gli elicotteri
Quando poco dopo ci accomodiamo nella sala riunioni, le chiedo perché proprio gli elicotteri e i suoi occhi mi rispondono per lei. «Mi hanno sempre affascinata. Non c’è un momento preciso in cui mi sono detta che avrei voluto fare la pilota. È stata una passione che è cresciuta dentro di me poco a poco. Ne rimanevo incantata quando li vedevo atterrare davanti allo chalet dei nonni a Wengen. La prima volta che sono salita su un elicottero avevo 13 anni e dalla base di Gsteigwiler siamo volati fino in Val Bavona; è stato meraviglioso! Le sensazioni che si provano in volo sono difficili da descrivere, c’è qualcosa di magico nel vedere il mondo dall’alto. Quando sono in elicottero tutti i pensieri rimangono a terra e la mia mente è concentrata unicamente sul volo». Tuttavia la mia curiosità preme sul fatto che Céline sia l’unica donna in Ticino a lavorare come assistente di volo e non posso non chiederle che cosa significa per lei. «Bè è un bel traguardo» mi dice sorridendo. «Scherzi a parte, essere l’unica donna in un team di uomini forse all’inizio può destare qualche timore, ma sono una persona molto determinata. Mi hanno sempre trattata con grande rispetto e non ho mai avvertito alcun senso di discriminazione, né dai colleghi né tantomeno dai clienti. All’inizio forse qualche pregiudizio c’è stato, ma se sei in grado di dimostrare che con l’ingegno puoi arrivare allo stesso risultato che con la “forza bruta”, allora è lì che ti guadagni la loro stima. L’intraprendenza e la voglia di fare sono sicuramente delle carte vincenti. Sono riuscita a farmi apprezzare, ora i colleghi si fidano e sanno di poter contare su di me. Questo mi gratifica e mi dà tanta motivazione. Grazie a quest’esperienza oggi sono ancora più convinta della mia scelta». È bello osservarla mentre con entusiasmo mi racconta di aneddoti ed esperienze fatte negli ultimi mesi, gesticola e sorride, perfettamente a suo agio in quei vestiti da lavoro ad alta visibilità, che trasudano di così tanto orgoglio. Essere una donna non significa non sapersi sporcare le mani e per questo, mentre la ascolto, percepisco quanto sia importante per lei calarsi nei panni di un’assistente di volo, prima di raggiungere i comandi. «Sono convinta che imparare a fare l’assistente di volo sia fondamentale per diventare un pilota. Ti aiuta a sviluppare la giusta sensibilità e la coscienza necessaria a comprendere le situazioni e le difficoltà che ci sono “a terra”. Hai una visione più ampia e completa del lavoro. Certo è molto dura e non solo fisicamente, ma ho voluto intenzionalmente entrare in questo mondo in punta di piedi, perché penso che l’umiltà sia una delle virtù fondamentali per un pilota».
L’importanza di un piano B
Un mestiere quello del pilota, che si dice abbia un equilibrio piuttosto delicato, perché anche il più piccolo problema di salute potrebbe compromettere lo svolgimento dell’attività. Facendo tutti gli scongiuri del caso, penso al “se dovesse essere” e al fatto di dover mettere in atto un piano B. La sua risposta conferma la mia riflessione: «Bisogna assolutamente pensarci! Perché si può dire che le condizioni adatte a fare il pilota sono abbastanza “fragili”. Per questo dopo aver fatto un periodo come stagista in una ditta di polimeccanica, mi sono iscritta alla Haute école d’ingénierie et d’architecture di Friborgo, perché una formazione scolastica mi permetterà di avere un diploma e procurarmi una certa sicurezza. Ora sono al secondo semestre di scuola, i corsi mi piacciono molto e sto imparando a conoscere a fondo le macchine che un giorno vorrei far volare. Penso sia una buona combinazione tra studio di ingegneria e aviazione. Nel frattempo ho anche iniziato la formazione pratica sull’elicottero, per la licenza di pilota privato (PPL) alla scuola di volo Heli Rezia. Tante nozioni le ho già imparate lavorando come assistente e questo mi facilita. Ora mi manca qualche esame teorico, che farò quest’estate dopo quelli universitari. Poi proseguirò con la pratica di volo».
Prima di congedarci le chiedo di svelarmi quali siano i progetti per il suo futuro da pilota. «Mi piacerebbe sicuramente viaggiare, conoscere altri paesi come la Norvegia, il Canada, la Nuova Zelanda, altri piloti e altri modi di volare, ma spero anche di poter lavorare come pilota di trasporto nella Svizzera italiana, ora che conosco molto bene il territorio. Il mio obiettivo più grande rimane quello di arrivare ad essere un pilota di elisoccorso, perché ho sempre voluto fare del mio lavoro qualcosa di utile agli altri, e penso che questo possa davvero coronare tutte le mie aspirazioni. È un traguardo molto ambizioso e lontano nel tempo, ma bisogna sempre puntare in alto». Non mi resta che augurarle buona fortuna! E chissà, forse tra qualche anno, la vedremo sorvolare i nostri cieli seduta ai comandi della grande macchina rossa a croce bianca.