Il futuro visto da Matilde Peduzzi

“La forza è unirsi e andare nella stessa direzione, perché meglio di così, si può!”. Certo, sempre che si sia tutti d’accordo sulla “direzione”…

Di Natascia Bandecchi

Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, inserto allegato a laRegione

Vive a Pregassona da quandone ha memoria, ovvero almeno dal 22 maggio 2006, il giorno della sua nascita. Frequenta la terza liceo a Lugano, ama la libertà e non le piacciono i “NO!”. Determinata, quando si prefigge un obiettivo, segue il cuore e lo raggiunge. Adora l’estate, di sicuro per la bella energia che si percepisce, ma soprattutto perché è freddolosa. Ha imparato a cantare prima di parlare. Da allora (aveva 2 anni) le è rimasta una passione viscerale per la musica: scrive canzoni, canta e si arrangia con il pianoforte. La musica la aiuta a far fluire ciò che le orbita dentro e così esprimere quello che prova. Sì, vorrebbe fare la musicista… ma c’è un “piano B”: studiare Lettere a Bologna. È molto sensibile ai temi sociali… Il primo della lista? Il clima.

I piedi (neri) della principessa

Lo stesso anno e mese in cui lei veniva al mondo, un brano dal titolo “S.O.S.” svettava nelle classifiche dei singoli più venduti. A interpretarla una diciottenne dirompente che oggi è una delle artiste più acclamate del globo: Rihanna. Chissà se anche l’artista delle Barbados ha in comune con Matilde la “selvaggitudine” infantile? “Da piccola ero proprio una selvaggia. Di primo acchito risultavo carina e gentile con tutti ma, non era proprio così: mia mamma mi chiamava ‘la principessa dai piedi neri’. Avevo una repulsione per le scarpe, quando potevo scorrazzavo in ogni dove a piedi scalzi. Ero, e sono, una chiacchierona, ho imparato a parlare prima di gattonare. Dalle parole al cantare il passo è stato breve”.
Matilde sviluppa consapevolezza del mondo che la circonda già a sette anni. Rivelatoria è la scoperta dell’esistenza degli allevamenti intensivi e di altre problematiche relative allo sfruttamento poco attento degli animali che finiscono nel nostro piatto. “Sono diventata in qualche modo vegetariana a otto anni e mezzo; lì c’è stato un colpo di fulmine per prelibatezze che di solito a quell’età fanno storcere il naso, come lenticchie, fagioli e ceci. Forse da allora è iniziato il mio percorso di attivismo…”.


© Ti-Press / Pablo Gianinazzi

Genitori, iperconnessioni e sconnessioni

Essere giovani, figli – se sei adolescente la faccenda di solito si complica –, insomma sei in quella fase di scoperta di te dove onde tumultuose interne si possono accendere creando scintille esplosive. I genitori non sempre “sono sul pezzo” e, magari, non hanno gli strumenti per entrare in sintonia con il sangue del loro sangue: “Ho la fortuna di potermi sempre confrontare con i miei genitori. Mi hanno sempre appoggiata. Tutti meriterebbero dei genitori come i miei, a qualsiasi domanda – anche la più imbarazzante – mi hanno sempre risposto trattandomi come una loro pari, anche quando abbiamo opinioni divergenti”.
È vero che i ragazzi della “generazione Z” sono sempre appiccicati al cellulare e sconnessi da quello che li circonda? “In realtà questo pensiero potrebbe non essere un pregiudizio; io stessa, e me ne vergogno un po’, sto tre o quattro ore al giorno davanti allo smartphone… Ma credo che i social o i prodotti del web non siano da demonizzare tout court. Anzi, possono veicolare messaggi positivi. Ovvio bisogna sempre stare all’occhio e assumere un atteggiamento vigile e consapevole”. Il web si trasforma per Matilde in un mezzo comunicativo diretto dove esprimere le sue riflessioni, le sue idee e magari raggiungere persone che altrimenti non raggiungerebbe.

Attivismo

“Ho iniziato ad avvicinarmi al termine attivismo quando avevo 13 anni, mi iscrissi al Comitato Sciopero per il clima. All’epoca c’era una energia vulcanica in questo movimento, energia che purtroppo è un po’ scemata negli anni: stentiamo a portare avanti le nostre idee perché molti dei ragazzi che hanno creato il movimento oggi sono all’università e il loro tempo è diminuito; non abbiamo ‘formato’ ragazzi più giovani e poi è frustrante mandare avanti un gruppo quando le istituzioni non ti ascoltano. Prima del 2020 organizzavamo manifestazioni in piazza, sit-in, scrivevo articoli per la GISO Ticino…”. Per Matilde l’attivismo significa esprimere le proprie idee per creare un futuro migliore: “La forza è unirsi e andare nella stessa direzione, perché meglio di così, si può!”.


© Ti-Press / Pablo Gianinazzi

Educazione all’affettività e sessuale

La parola ansia fa parte del nostro oggi e anche i giovani non ne sono immuni. “Se penso agli ultimi avvenimenti riguardo a violenze sessuali perpetrate da giovani ragazzi mi vengono i brividi. Penso che non sia solo colpa dei giovani, ma anche del sistema, di una mancata istruzione, per esempio di educazione sessuale ma anche e soprattutto di educazione all’affettività”. Non basta conoscere le precauzioni da usare per proteggersi da gravidanze indesiderate o da malattie trasmissibili sessualmente, bisogna approfondire e non aver paura di parlare di un tema che oggi ci permette di esistere. “Ho avuto la fortuna di avere un docente alle scuole medie che ci ha introdotto e approfondito questi temi, senza tabù, prediligendo un approccio semplice ma autentico. Lo stesso atteggiamento che ho quando partecipo al podcast ‘Sex Box’ (RSI). Lì abbiamo l’opportunità di conoscere, chiedere, confrontarci, per conoscere e di riflesso conoscerci meglio”.

E poi arriva la musica…

Matilde, non solo cantava prima di camminare ma, a sette anni, è una delle voci bianche Clairière del Conservatorio della Svizzera italiana. Nota dopo nota compone brani suoi, l’ultimo uscito quest’anno è “Sguardi”. “Mi sono ispirata al naufragio di Cutro del febbraio del 2023 in cui sono morte 95 persone. Ho cercato di raccontare la vicenda da vari punti di vista, anche grazie ai racconti di amici che hanno intrapreso un viaggio in mare come quelle anime che ora non ci sono più. So che tutti non la pensano come me, ma trovo sia fondamentale avere una comunicazione limpida per trovare un punto di incontro e magari cambiare prospettiva”.


© Ti-Press / Pablo Gianinazzi

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