Sì, ma siete in forma per uscire?

Liberi tutti, ok. Ma se vi sembra facile varcare la soglia di casa dopo settimane e settimane passate con la tuta da ginnastica, fate pure.

Di Laura (la Ficcanaso)

Pubblichiamo un contributo apparso in Ticino7, allegato del sabato nelle pagine de laRegione.

Anche se non avete mai indossato la tuta e avete sempre buttato la spazzatura con in testa il cerchietto delle grandi occasioni, quando le regole si allentano e i pantaloni stringono, l’aria tersa vi fa tremare le gambe. Dopo settimane in cui restare in casa è un obbligo, scegliere di non farlo diventa tutt’altro che semplice. I forzati dello smart working continuano a soffrire, ma in fondo al cuore coltivano il terrore per il giorno in cui verranno convocati alla scrivania, magari privati delle pause caffè e dei colleghi abbastanza vicini da darsi di gomito al momento giusto. 
Gli esperti, almeno quelli citati nei titoli degli articoli che leggiamo distrattamente per non stirare vagonate di panni, dicono che si chiama “sindrome della tana”. È certamente quella e non la pigrizia atavica aggravata dai chili presi a impedirci di andare a correre come vorremmo. Uscire fa paura perché non si sa dove andare né come comportarsi, certo. Uscire fa paura per tante ragioni più o meno razionali. Uscire fa paura perché, come nella fenomenologia delle storie d’amore che finiscono, si potrebbe incontrare qualcuno. La differenza, se la storia che ci portiamo dietro è una pandemia, è che non c’è una sola persona in grado di farci fermare il cuore e arrestare la salivazione.
Qualunque persona, per il fatto stesso di esistere e di trovarsi sul nostro stesso marciapiede, ci fa paura. I bambini devono imparare a tenere le distanze, protestano perché “come si fa a giocare senza toccarsi”, contestano questa moda di salutarsi con un buffetto sul gomito, ti rinfacciano che fino a ieri raccomandavi di starnutire proprio nell’incavo del gomito. Si ribellano a ogni forma di interazione sociale o di tentativo di apprendimento mediato dalla tecnologia. Con la fierezza e la protervia di un Barone Rampante (ci è rimasto nel cuore) dicono: meglio soli che su FaceTime, meglio in casa che per strada a girare in tondo senza potersi fermare nei giochi del parco.
Noi adulti dovremmo mediare e trovare una soluzione, aiutare le paure a emergere fino a dissolversi. Ma temiamo troppo di incontrare chi, mesi fa, ci aveva fatto i complimenti per i chili persi. Restiamo in casa, ancora un po’.

 

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