Un bianco infinito

“Tutto scompare. La musica, anche il mondo. Sono ubriaco di bianco. Tutto è bianco. Fatico a capire dove sia il sotto e dove sia il sopra” (F. Stroppini)

Di Red.Ticino7

Pubblichiamo l’editoriale apparso su Ticino7, allegato a laRegione

“Non c’è molto da vedere in questa valle
qualche linea, molto bianco
siamo alla fine del mondo, o al suo inizio
forse il ghiaccio del Quaternario si è appena ritirato
finora

nessun segno, nessun suono di vita
nemmeno un uccello, nemmeno una lepre
nulla
oltre al gemito del vento

eppure qui la mente si muove a suo agio
avanza nel vuoto

respira

e linea dopo linea
qualcosa di simile a un universo
appare

senza fare nomi
senza spezzare l’immensità del silenzio discretamente, segretamente
qualcuno sta dicendo io qui sono, io qui
inizio”.

“Valle bianca (White Valley)” di Kenneth White; da Open World – The Collected Poems 1960-2000 (Polygon Books, 2003)


© Flavio Stroppini

“Quando vi è alta densità di ghiaccio galleggiante arenato, che sia ghiaccio marino (banchisa) o proveniente dallo sfaldamento dei ghiacciai che scendono in mare, le condizioni sono ideali per la caccia alle foche da parte dell’orso polare. Senza questo ghiaccio l’orso polare non riesce a nutrirsi della sua preda preferita, motivo per cui l’attuale diminuzione del ghiaccio marino dà parecchio filo da torcere all’orso. Nel 1975 però, le condizioni erano ancora molto diverse da quelle attuali: la visita dell’orso alla finestra della nostra capanna era dovuta più alla sua grande curiosità che alla fame. Ciononostante, potevamo permetterci di lavorare solo con un fucile carico sempre appresso, perché in caso di scontro con l’orso polare sarebbe stata l’unica possibilità di salvezza per noi. Da parte mia, ho semplicemente fatto di tutto per evitare ogni possibile contatto con l’orso che potesse risultare pericoloso, perché era mia ferma intenzione non uccidere il re dell’Artico. Questo ha significato per me lunghe sessioni quotidiane di osservazione, per essere certo di conoscere gli spostamenti dell’orso sempre con sufficiente anticipo per evitarlo. In fondo gli intrusi eravamo noi, non lui. In ogni caso, le lunghe osservazioni della natura artica sono state per me un ottimo allenamento dei sensi. Purtroppo, non tutti gli Homo sapiens sulla Terra la pensano allo stesso modo e oggi l’Artico è la regione che subisce maggiormente il riscaldamento climatico causato dalle emissioni umane”.

da Gli iceberg del Gerenpass. Poetica del ghiaccio – Diario di un glaciologo di Giovanni Kappenberger (SalvioniEdizioni, 2021)

Articoli simili