Sei forte, papà! Anche quando nessuno ti festeggia

Il 19 marzo non è solo un giorno per celebrare i padri, ma dovrebbe essere un’opportunità per riflettere sulle condizioni delle figure maschili paterne

Di Palma Grano

Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, allegato a laRegione.

Essere papà: un ruolo che, allo stesso modo di quello delle mamme, è mutato ed evolve coi cambiamenti della società. Soprattutto gli anni Sessanta e Settanta sono stati cruciali per rivedere il ruolo dei padri all’interno dei nuovi modelli di familiari che stavano nascendo. E al quale si guarda sempre con crescente interesse, nuove richieste e aspettative (a volte) disattese.

Se in Paesi come Italia, Svizzera e Belgio la ricorrenza coincide con quella di San Giuseppe, in altre nazioni la Festa del Papà cade la terza domenica di giugno. In Francia, per esempio, che già nel 1952 fu svincolata da ogni riferimento con la religione. L’idea era di ricreare una giornata che desse uguali “diritti” di festeggiamento a tutti i padri e non solo a quelli che culturalmente facessero riferimento al cristianesimo. La giornata, pensate un po’, fu ideata dalla ditta di accendini francese Flaminaire, ritenendo che proprio questi strumenti tascabili sarebbero stati un regalo perfetto per festeggiare i papà. Evidentemente, eravamo ben lontani dalla lotta contro il fumo. Come tante altre feste portate in Europa a fini strettamente commerciali, anche quella del papà (in “modalità” laica) proviene dagli Stati Uniti. Dobbiamo ringraziare Sonora Smart Dodd (1882-1978), figlia di un veterano della Guerra civile americana, che a partire dal 1908 volle dedicare un giorno speciale sul calendario a suo padre, così come avveniva per le mamme. La causa era molto nobile: il papà di Sonora, William Smart, si occupò infatti di lei e cinque fratelli dopo che la loro madre morì durante il parto.


Sonora Smart Dodd (1882-1978). Un gesto d’affetto verso un padre amorevole: eravamo agli inizi del Novecento quando tutto ebbe inizio…

‘Paternare’

Aneddoti a parte, certamente nessuna società può astenersi dal celebrare i papà, o coloro che esercitano la paternità. Precisazione rilevante, poiché ci troviamo di fronte a dei cambiamenti nella società non da poco e riflettere su chiunque si trovi, oggi, a paternare è fondamentale. “Paternare”, un neologismo che pare bizzarro; ma se l’espressione maternare inizia a prender piede in altre lingue neolatine come lo spagnolo e il portoghese – “maternare” significa prendersi cura e stabilire un legame affettivo profondo, anche accettare che la vita di un individuo dipenda interamente dalla nostra –, utilizzare la parola “paternare” permette di svincolarsi dall’origine latina di pater, ovvero capofamiglia, patrono, difensore e protettore. Un ruolo che sia i padri sia le madri dovrebbero sempre avere rispetto ai loro figli. E in questa accezione di “protezione” maternare e paternare hanno il vantaggio di equivalersi.

Il ruolo dei papà: tra storia e società

In un mondo in cui i ruoli paterni di breadwinner (capofamiglia) e childrearer (educatore) non sono sempre chiari, i padri di oggi devono affrontare sfide mutevoli. Secondo la professoressa di storia dell’Università del Michigan, Regina Morantz-Sanchez, ciò non è una novità. Il ruolo del padre sta cambiando da molto prima dei tempi moderni. Secondo Morantz-Sanchez, oggi il ruolo del padre sta lottando con nuove nozioni di virilità. Il ‘padre ideale’ di oggi è più gentile, più orientato al bambino, e stiamo riconoscendo quanto sia essenziale il padre per un’infanzia sana. Secondo questa docente la situazione è quasi ironica: questo ideale di ‘padre modello’ sarebbe in competizione con il desiderio di successo materiale. Il discorso ovviamente non si applica ovunque ed è interessante osservare come chi si svincola da dinamiche neoliberali, per esempio, sembra riuscire a svolgere il suo ruolo paterno in modo più completo. Il filosofo coreano Byung Chul Han nel suo Psicopolitica. Il neoliberismo e le nuove tecniche del potere (2016), sostiene che nel regime neoliberale votato all’auto-sfruttamento si tende a dirigere lati dell’aggressività verso sé stessi; uno di questi è la mancanza di tempo per ciò che conta e il rapporto padre-figlio sarebbe uno di questi. Fu l’industrializzazione nel XIX secolo che cambiò il ruolo del padre, quando la nuova struttura economica separò la casa e il posto di lavoro, il che portò a un nuovo ideale paterno: gli uomini divennero i capifamiglia e le donne tendenzialmente avevano il ruolo di rimanere a casa.


Accendini – Negli anni Cinquanta in Francia era il regalo ‘perfetto’ per i papà.

Il tempo, un ottimo alleato ma non solo

Della figura del papà abbiamo parlato con Roberto Corradi di Rete Operativa – un’organizzazione di professionisti nel ramo psico-sociale e medico-psicologico; reteoperativa.ch –, il quale ci ricorda quanto il ruolo del padre sia fondamentale nello sviluppo psicofisico di ognuno di noi. Una presenza del papà – naturalmente se positiva – ha come naturale conseguenza una maggiore qualità di vita e una fonte di serenità. E bisogna sfatare lo stereotipo che l’impegno del papà si misuri nella sua capacità di rappresentare una sorta di copia della figura materna. Tutt’altro: il “paternare” ha qualità proprie sia nell’educazione sia nella cura della prole. Corradi ci spiega che “una paternità attiva si riflette sulla fiducia del bambino in sé stesso e verso gli altri nei momenti in cui si sente oppresso e in situazioni nuove. Inoltre, la paternità attiva influisce sulla costruzione delle amicizie e in seguito nella vita di coppia. Il bambino trae vantaggio anche nei suoi progressi educativi e nel rendimento scolastico”.
Ma come dovrebbe essere questa paternità attiva? “Innanzitutto dovremmo intenderla come il non demandare ad altri quelli che sono gli aspetti relazionali che competono a tutti e due gli attori della coppia”, afferma Corradi. “Quindi non essere semplicemente il papà che va al lavoro, torna a casa ed è stanco; che si interessa meno alla quotidianità del figlio; che non partecipa a essa per problemi di tempo e/o per mancata voglia. Significa interessarsi alla quotidianità e dare il proprio contributo. Per esempio, può decidere di prendere un giorno di ferie per i figli oppure spostare gli impegni per accompagnare i figli, ma soprattutto essere presente dal punto di vista relazionale. Nel rapporto bisogna interessarsi e interagire con tutte le componenti della famiglia”. Il papà dovrebbe essere molto presente anche nel gioco, nei compiti, nelle amicizie, seguire lo stato di salute dei figli, cercare di sviluppare gli interessi dei figli e non solo i propri. Allo stesso tempo, però, bisogna dare spazio alle esigenze della moglie/compagna, fungendo da pilone di supporto. Insomma, proattività è la parola chiave.
Quando ciò non avviene, possono essere molti i problemi a togliere, soprattutto psicologici, che ne derivano, tanto per le figlie che per i figli. Corradi lo conferma: “Tanto più le relazioni sono imprevedibili e conflittuali, non protettive verso i figli, quanto più generano tutta una serie di patologie. Tutte le situazioni in cui gli aspetti relazionali sono carenti generano disagio. Questo avviene proprio perché vengono a mancare le basi degli insegnamenti che la famiglia deve dare. La famiglia è la palestra del mondo; quindi cattive relazioni ci portano ad avere un modello relazionale carente in un momento in cui ci muoviamo nel mondo. Dunque, situazioni conflittuali generano ansia e un accumulo di microtraumi. Provocano insicurezza e un sentimento di incapacità”. Corradi mette in guardia anche rispetto alle situazioni d’indifferenza (o il dare per scontato delle cose quando non lo sono) che a volte si sottovalutano ma che, se ripetute, possono creare una ridotta spinta all’autostima e alla crescita, mancando proprio i gesti di fiducia nei figli. “Quindi sono fondamentali, per esempio, il saper scherzare e manifestare concretamente la propria presenza. Queste azioni creano un ambiente di ‘holding’, il sentirsi protetti”. In un mondo in cui il narcisismo dei genitori appare essere sempre più presente, essi devono essere coscienti che l’arrivo di un figlio comporta dei profondi cambiamenti. Non solo dopo la nascita ma soprattutto quando i ragazzi crescono. Anche “attraverso un rapporto equilibrato tra i genitori, indipendentemente che siano uniti o separati”, sottolinea Corradi.

Lasciamo parlare la scienza

Patrimonio genetico a parte, i papà entrano in gioco già nel momento del parto. In un saggio sulla paternità del 1997 (Constructing fatherhood: Discourses and experiences), Deborah Lupton e Lesley Barclay constatavano che i padri che sono attivamente coinvolti nel parto stanno effettivamente già sviluppando relazioni con i loro figli. Studi successivi hanno suggerito che questo conduce a un più forte attaccamento precoce al bambino. Ciò non vuol dire che i padri abbiano un ruolo critico nello sviluppo dei feti; dopo il loro “contributo genetico” iniziale sono fuori gioco fino al momento del parto. Ma la gravidanza e il travaglio sono il momento in cui iniziano le basi per l’”effetto padre”, e la sua importanza non può essere sottovalutata. Anche le statistiche parlano chiaro. Uno studio americano del 2006 (The Importance of Fathers in the Healthy Development of Children di J. Bradford e W. Rosenberg) pare mostrare come la paternità coinvolta sia legata a risultati migliori in quasi tutte le misure del benessere del bambino, dallo sviluppo cognitivo e dai risultati scolastici all’autostima e al comportamento pro-sociale. I bambini che crescono con padri coinvolti hanno il 39% in più di probabilità di avere delle ottime note a scuola, il 45% in meno di ripetere una classe, il 60% in meno di essere sospesi o espulsi dalla scuola, il doppio di probabilità di andare all’università e trovare un lavoro stabile dopo la scuola superiore, il 75% in meno di avere un parto adolescenziale e l’80% in meno di passare del tempo in prigione.

Saper affrontare i conflitti: tra affetto e dialogo

Ma come si può capire se si è pronti per svolgere il ruolo di papà con successo? Secondo Corradi “si tratta di competenze soprattutto affettive che sono trasversali a tutta la società. Per primo, bisogna rendersi conto che vedere i bambini come qualcosa di bello non è sufficiente. Acquisire una paternità significa acquisire dei cambiamenti e se questi non si assumono si creano delle situazioni infelici per la prole”. Insomma, bisogna saper cedere e aver chiare le priorità. Il pedagogista Mario Polito parla nel suo blog di un aspetto che riguarda mamme e papà. Egli sostiene che va bene essere affettuosi coi figli, ma ciò non significa evitare il conflitto per il bene del quieto vivere. Infatti, spesso i genitori scaricano le responsabilità ai docenti. Sono quindi preziosi i consigli di Polito, che offre alcune regole d’oro per l’accompagnamento dei figli, per esempio negli studi:
1. Convincere i figli a scoprire i propri talenti e a coltivarli nella maniera più disciplinata ed esperta (“Diventa ancora più bravo in questo settore, perché il mondo aspetta il tuo contributo”).
2. Monitorarli continuamente sul loro impegno a formarsi bene e ad acquisire una bella mente, un buon cuore e un bel carattere. Tutto questo si ottiene con lo studio. Quando non studiano chiedere loro le ragioni e presentare loro la lista dei loro impegni. Non fare sconti formativi. Ognuno ha il dovere di sviluppare le proprie competenze per la soddisfazione personale e per il contributo da dare al mondo.
3. Dialogare quanto più si può. Curare la comunicazione, per creare uno scambio, per il passaggio del testimone alle nuove generazioni (“Questo è quello che abbiamo fatto noi finora. Adesso continuate voi e buona fortuna”).

Papà, babbo, padre, papi, papino. Chiamiamolo come vogliamo, ma festeggiamolo: tanti auguri!

CINQUE FILM DEDICATI ALLAFIGURA DEL PADRE


Big Fish (2003) – Will decide di conoscere il padre malato partendo dagli incredibili e bizzarri racconti che l’uomo ostinatamente crede di ricordare. Una delle opere più poetiche e toccanti di Tim Burton.


Il Ritorno (2003) – Due giovani fratelli, molto attaccati l’uno all’altro (forse per sopperire alle difficoltà di un’infanzia vissuta senza padre), assistono all’improvviso ritorno del genitore dopo 12 anni di assenza, scuotendone l’esistenza.


Father and Son (2013) – Un giorno Ryota e sua moglie Midori ricevono una telefonata dall’ospedale nel quale sei anni prima nacque il loro figlio Keita. I coniugi scoprono che il bambino fu scambiato alla nascita con un altro neonato.


Captain Fantastic (2017) – Un padre fuori dagli schemi vive in isolamento con la sua famiglia per oltre un decennio, lontano dalla moderna società consumistica. Ma un tragico evento stravolge i suoi piani.


Fatherhood (2021) – Basato su una storia vera, narra la storia di un padre che si ritrova vedovo subito dopo la nascita della figlia e che deve affrontare quindi la crescita della bambina da solo.

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