Marisa Casellini e la responsabilità dell’arte

“Come stai?”. La mia chiacchierata inizia dalla domanda più semplice e complessa. La risposta sarà tutto meno che banale; d’altronde la creatività a lei non manca

Di Keri Gonzato

Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, allegato a laRegione.

Nata a Mendrisio nel 1951, si è diplomata in pittura nel 1988 presso l’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, allieva di Luciano Fabro. Continua gli studi coi Corsi di stampa calcografica proposti da Pierre Lindner. Il suo percorso artistico è colorato di collaborazioni, mostre e pubblicazioni. Membro di associazioni artistiche, cofondatrice del gruppo ‘Ugualeuno’, è socia di Visarte. Dal 2008 è membro della Sottocommissione Arti visive del canton Ticino. Ha collaborato con Officinaarte di Magliaso, AARDT, USI e diversi istituti scolastici. Le sue opere si trovano in musei, centri culturali, collezioni pubbliche e private in Svizzera e all’estero.

“Come sto? Al presente sto bene, ovviamente si tratta di uno stato transitorio. Da un momento all’altro le cose possono cambiare, questo vale per tutti, qui e altrove. Il ‘presente’ è una materia di studio per i filosofi ma anche per gli artisti: è un soggetto di riflessione per ogni essere umano, specie in questi mesi di pandemia mondiale, dove forzatamente si rimane con sé stessi. Nonostante le importanti ricerche e gli sviluppi scientifici del secolo attuale, siamo stati portati a confrontarci con la grande fragilità della natura e dell’uomo. Il mondo necessita di pulizia, occorre togliere là dove c’è troppo e lasciare alla natura il proprio posto”, riflette Marisa Casellini. “Certamente anche l’arte ha una grande responsabilità e deve fare la propria parte per evitare il propagarsi della confusione e della superficialità. Credo che molti sentano il desiderio di un cambio radicale nella conduzione del pianeta, il desiderio di passare dall’attuale controllo dei grandi signori della finanza che tirano le redini del mondo ad avere un riscatto reale e sincero con un ritorno a una sensibilità reale, a dei valori profondi, a una vera umanità per superare la grande superficialità che impera”.


© Nadine Casellini

Bruciare, bruciare

Per cambiare servono azioni rivoluzionarie e soluzioni creative. L’etimologia della parola creare è da ricondursi alla radice sanscrita far (fare), kar-tr è il creatore cioè colui che fa dal nulla. In greco kraino significa fare, compiere, realizzare… Parlando di creatività Marisa ricorda la lezione di Harald Szeemann all’Accademia di Architettura di Mendrisio dove Niki de Saint Phalle, invitata speciale, disse: “La creatività è una malattia, uno ce l’ha o non ce l’ha, per chi la contrae di certo è incurabile, non si guarisce più, lo diceva Tinguely, marito di Niki (e noto scultore svizzero, nda)”. Tutto muta e, nel tempo, anche l’idea di creatività di Marisa Casellini si è trasformata. Se prima pensavo a un mondo creativo esclusivo, ora riconosco l’essenza della creatività in un modo di essere. Penso si possa fare tutto in modo creativo, perciò una mamma (il mestiere più difficile del mondo) può curare bimbi in modo creativo, fare le pulizie, preparare pranzi e cene, cucire, leggere e scrivere ecc. A fare la differenza è il modo di ‘essere’ al mondo. Ho conosciuto artisti professionisti dell’arte con scarsa creatività che, con attitudini manageriali, suppliscono la mancanza, arrivando a un riconoscimento a mio giudizio discutibile”. Marisa viene dalla storica Accademia d’arte di Brera a Milano e i suoi anni di formazione, che termina nel 1988, sono marcati a fuoco dal Maestro e artista Luciano Fabro, con cui nel tempo intesse una relazione di ammirazione e amicizia. “I discorsi con Fabro erano molto complessi, in aula c’erano spesso giornalisti anche esteri i quali seguivano le lezioni e lo intervistavano. È stato esponente dell’Arte Povera e suscitava molto interesse. Gli allievi dovevano essere sempre pronti, INCUTEVA UN CERTO TIMORE. La sua parola preferita e ricorrente era BRUCIARE, BRUCIARE, lo ripeteva con enfasi come dire, ricomincia daccapo. Per quanto riguarda il disegno, bisognava secondo lui, farlo duecento volte e poi presentare la duecentesima”.


© Nadine Casellini

La noia, cos’è?

L’arte è sulla bocca di tutti oggi ma, a pensarci bene, rimane un soggetto sfuggente. “Io lavoro senza intenzioni particolari ma per passione e ossessione. Attualmente realizzo piccoli progetti con attenzione alle piccole cose, sempre in dubbio sul fare o non fare: l’arte del fare è anche il non fare. Mi chiedo se ricominciare daccapo “con la mano sinistra” – citando Fabro a proposito di serietà/capacità – o passare il testimone, ossia dedicarmi solo ai giovani e ai bambini, con loro ho lavorato in passato, collaborando con diverse scuole. Se prima avevo l’esigenza di perfezione e di approvazione ora non mi interessa né l’una né l’altra. Faccio ciò che trovo sia giusto fare, purché il mio fare non inquini, non invada spazi già troppo danneggiati da elementi scandalosamente abbaglianti. Le sue giornate scorrono al ritmo delle nipotine, Leila e Rhea di 5 e 3 anni che considera le sue maestre: “Amo immergerle in un mondo di materiali e lasciarmi sorprendere dalle loro proposte”, racconta. All’inizio della pandemia, con le nipoti e in accordo con Barbara Fontana, responsabile Cultura del Comune di Melano, ha organizzato la mostra per bimbi delle Elementari Orientiamo le vele. Il titolo della mostra è stato “rubato” al celebre filosofo Seneca e ha offerto lo spunto per parlare ai bambini della pandemia (la mostra è visibile sul sito del comune). “Non lavoro tutti i giorni in atelier ma tutti i giorni mi occupo di arte, in un modo o nell’altro. La noia non so cosa sia, anzi mi manca il tempo, mi accorgo di essere diventata più lenta e meno forte anche dal punto di vista fisico” , riflette. Le idee nascono tra casa e l’ampio atelier che si trova di fronte a casa sua, un locale di circa 90 mq ubicato in una ex filanda di inizio secolo scorso. Pittura, matite colorate, cotoni e tessuti, si alternano a seconda delle esigenze. Nel corso del 2020-21, realizza una serie di piccoli oggetti in cera dipinta di azzurro-blu e una croce con il Cristo a cera, prova a ricordare la Via Crucis con i tanti Cristi dal titolo Via Crucis – Siamo tutti sotto lo stesso cielo, in croce?


© Nadine Casellini

Vita, gioie e tragedie

Marisa Casellini crede nell’arte con un perché, con una responsabilità e una verità: “L’arte deve prendere le distanze da comportamenti inadeguati e distruttivi: dichiaratamente! Proporre al pubblico, mostrare, significa ‘insegnare’ e ‘dire’ con le maiuscole, essere al servizio di… Se la comunicazione non è del tutto sincera, viene meno il dovere morale nei confronti del fruitore, creando confusione, deviazione, anche nei confronti di sé stessi. Prima di essere artista occorrere essere individuo presumibilmente pensante e responsabile, poi eventualmente artista”. La prima lezione del maestro Luciano Fabro, impressa per sempre nel cuore e nelle mani creatrici di Marisa, è “essere sé stessi”: “Il che è già molto, sosteneva Fabro, troppo per qualcuno”. La seconda lezione di Fabro era “la gioia di vivere nella tragedia della vita”.


© Nadine Casellini

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