La Scarabattola: Napoli e l’arte del presepe

Quando l’Italia non si scaldava ancora alle idee progressiste dei geniali fratelli Scuotto, l’estero li riconosceva come artisti liberi e visionari

Di Alessio Pizzicannella

Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, allegato a laRegione

La fortuna può arrivare come in una scena di un film. Siamo nell’estate del 2001. Un’auto inchioda pochi metri dopo il civico 50 di Via dei Tribunali. Le ruote indietreggiano lentamente per allinearsi con la vetrina della Scarabattola. Il rappresentante della casa reale spagnola scende dall’auto, si avvicina al vetro e vede delle sculture. Frutto di seria ricerca e non i soliti calchi riperpetuati a noia. I fratelli Scuotto sbaragliano la concorrenza e si catapultano nel mondo. Prima fermata il Palazzo reale di Madrid. In valigia la loro idea di presepe, con un diavolo come non si era mai visto e Giacomino, un pezzo di centro storico. Un essere fragile. Un bambino di settant’anni, coccolato e protetto dal quartiere, trova vita eterna a casa del Re di Spagna.


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‘Nascita di Pulcinella’.

Tornasse a Napoli, magari a ridosso del Natale, l’emissario della casa reale troverebbe una scena diversa. Via San Gregorio Armeno, la strada conosciuta da tutti come quella dei presepi, nel periodo natalizio somiglia più a una penitenza che a una passeggiata nell’antica arte del presepe. Districandosi tra la folla e le dozzine di botteghe che si susseguono in entrambi i lati dell’antico vicolo napoletano, discernendo l’artigianato storico dalle trappole per turisti, riprenderebbe fiato solo una volta raggiunta la cima della salita, alzando gli occhi sulle imponenti colonne romane, unica traccia dell’antico tempio romano prima ancora Agorà della città greca. Uno sguardo a sinistra e ritroverebbe facilmente la luce calda della Scarabattola, il laboratorio d’arte oggi meta di clienti internazionali e crocevia vitale per gli abitanti del centro storico. Oggi più che mai valvola di sfogo di una creatività proiettata in una continua ricerca, dove l’artigianato diventa arte.


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‘Pulcinella, voglia di leggerezza’.


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Raffaele Scuotto.

Audentes fortuna iuvat

“La grande libertà di non avere neanche l’impianto generazionale ci ha permesso di essere al di fuori dei dogmi affrontando temi come omosessualità, immigrazione, mafia e nudità” , ci spiega Raffaele, la mente imprenditoriale e figura di riferimento della Scarabattola. Posizionarsi, anche fisicamente, appena fuori da San Gregorio Armeno si mostrò una mossa vincente e sincera, sia da un punto di vista ideologico che logistico. Vicini alle tradizioni ma abbastanza fuori da poter mantenere una libertà creativa. Mentre poco distante il presepe veniva reinterpretato in modo dozzinale e a volte cafone con personaggi dello spettacolo e dello sport inseriti senza criterio all’interno della natività, la Scarabattola lo evolveva proponendo una reinterpretazione artistica profondamente ricercata.
“Il presepe napoletano nasce lontano dai bambini. Nelle cantine. Illuminato con delle candele proprio per sfruttarne la luce tremula e renderlo spaventoso”. Nasce con San Francesco ma si evolve grazie ai movimenti dell’arte. Caravaggio umanizza l’atto divino e questo non può che riverberare fin giù nelle cantine del Settecento e vibrare fino agli Scuotto che chiudono il cerchio traslando una delle più grandi opere del maestro, Le sette opere di misericordia in un presepe esposto a New York. Il successo fu tale da spingere non poche persone a comprare un biglietto aereo per Napoli così da poter vedere da vicino la tela, esposta nella stessa via della Scarabattola, e a pochi vicoli da dove il latitante, in fuga da Roma per un’accusa di omicidio, fu pestato a sangue all’uscita di una bettola. Vicoli del centro storico che Emanuele e Salvatore, i due scultori, percorrono tutti i giorni per trasportare le loro creazioni dal laboratorio alla vetrina della loro bottega.


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Emanuele Scuotto.


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Anna Scuotto.

ʼNu poc ’e storia

Sotto lo sguardo grave delle loro creature, Emanuele ci spiega che nel Settecento i personaggi erano alti pochi centimetri, fu poi Carlo I di Borbone a commissionare il presepe reale, invitando a corte i grandi scultori dell’epoca, incluso il Giuseppe San Martino del Cristo velato. Le figure si fecero più grandi e il presepe non rappresentò più lo strazio e la povertà del popolo concentrandosi invece sullo sfarzo dei magi, diventando così esercizio estetico. Nasceva così il presepe aulico. Testa, mani e piedi in terracotta, gli occhi in vetro e il resto del corpo realizzato con fil di ferro per poi essere vestito con i costumi realizzati da Anna e Susi, le sorelle del quintetto. I vestiti dei magi, i più raffinati e pregiati, sono delle opere di alta sartoria. I gioielli e le corone sono vera e propria oreficeria, realizzati in argento da orafi locali. Un presepe prevede infatti la collaborazione di una miriade di artigiani specializzati nelle miniature.
Gli Scuotto, non paghi di aver traslato opere magnifiche da dentro le chiese e i musei di Napoli, ai presepi in giro per il mondo, collaborano con il maestro Roberto De Simone per integrare nel loro mondo, favole e tradizioni del Sud. A una mostra presso la Reggia di Caserta estetizzano personaggi come Mafalda, i dodici monaci e tanti altri, narrati e mai rappresentati nell’arte visiva, sollecitando la curiosità dei collezionisti, esportando la loro arte fin Gerusalemme e conquistando finalmente il cuore della loro città. Serviva questa commistione, abitudine millenaria di Napoli che da secoli raccoglie credi e scaramanzie, per essere riconosciuti in patria. È una città dove nulla viene disperso e tutto viene mantenuto, consapevoli che può tornare utile, una volta digerito, metabolizzato e reimmaginato. Napoli ha fatto della città greca e poi romana le fondamenta, inglobando mura sulle quali costruire tutto quel che è seguito e fagocitando la cultura di tutto quel che precedeva.
Nei secoli Napoli ha raccolto e trattenuto credi religiosi e pagani, rigurgitato superstizioni antiche dando ogni volta origine a nuove. Napoli da sempre crea cultura. È una città che sfugge a logiche applicabili altrove. Difficile trovarvi la linea tra fattuale e mito, tra fantasia e realtà, perché Napoli non sa sognare. È una città che non può permettersi illusioni. Ancorata alla durezza della vita, ha trovato un suo modo di evadere la realtà, trascinandosi dietro il peso necessario per tenere i piedi in terra anche nell’incanto.


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Susi Scuotto.


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Salvatore Scuotto.

Il presepe favoloso

Gli Scuotto arricchiscono il presepe aulico con i personaggi della cultura millenaria popolare, creando così una versione nuova, libera da dogmi e che, in piena filosofia napoletana, accoglie entrambe le dottrine. Una terza via che non è una mediazione ma una proposta artistica. L’arte si differenzia dall’artigianato proprio per la sua spinta innovativa e non per asservire una richiesta di mercato. Gli Scuotto percorrono una strada certamente più lunga e tortuosa rispetto a chi si accontenta di rappresentare la miseria dell’uomo con il simbolismo rassicurante e di facile interpretazione del pastore e il suo gregge. “Noi non lavoriamo sul soggetto ma sulla simbologia, colmando così i vuoti del presepe. Bisogna contestualizzare il nascituro in un mondo complesso. Raccontare il peccato per suscitare il bisogno di divino”. L’apoteosi di questo loro percorso si manifesta nel presepe favoloso. Un desiderio, apparentemente irrealizzabile, espresso da Don Antonio Loffredo, il parroco visionario, coraggioso, vulcanico del Rione Sanità, dove oggi l’opera è custodita. Impossibile da realizzare se non durante un anno eccezionale come quello pandemico, quando tutto si ferma, e diventa possibile dedicare un anno intero alla realizzazione di un’opera così imponente. Uno sforzo collettivo fuori dall’ordinario per costruire una scenografia labirintica che permette di viverlo e leggerlo a trecentosessanta gradi, capace di ospitare in modo armonico oltre centotrenta figure e tante suggestioni.

Pulcinella velato

Gli Scuotto sono artisti contemporanei e come tali necessitano forme espressive libere da schemi e tradizioni, arricchendo la sempre più caleidoscopica Scarabattola di opere che esulano dal presepe. Le radici affondano sempre più alla ricerca di linfa essenziale per saziare l’anima artistica, e a conferma che a Napoli nulla si distrugge e tutto si trasforma per creare, nessun’opera è più rappresentativa del loro Pulcinella velato. Chiaro omaggio al Cristo velato, opera lungamente bistrattata perché ritenuta un inutile virtuosismo e oggi incredibilmente celebrata. Sostituendolo con Pulcinella rappresentano divinamente una città martoriata che, come Cristo, ha la capacità di risollevarsi. Sintetizzando perfettamente una Napoli dura che premia gli audaci.


© Francesco Rinaldi
‘Pulcinella Velato’.

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