Gabriel Stöckli e l’età dell’incertezza

La durezza e la semplicità delle forme coinvolte nelle sue creazioni sono anche la metafora della precarietà della sua generazione

Di Keri Gonzato

Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, allegato a laRegione

Nato a Mendrisio nel 1991, dopo aver frequentato il liceo artistico allo CSIA di Lugano, ha proseguito gli studi in arti visive e studi curatoriali presso la NABA (Milano). Lavora tra Chiasso e Milano, e codirige ‘Sonnenstube’, un off-space con base a Lugano che offre una programmazione artistica variegata e vivace. Come artista espone regolarmente in Svizzera e all’estero, in istituzioni e spazi non profit.

Le nuove generazioni sono nate in un’epoca incerta, instabile e frammentaria. Le opere che costituiscono la pratica artistica di Gabriel Stöckli vengono realizzate con materiali semplici e adottando un’attitudine sperimentale in linea col tempo e l’approccio del do-it-yourself. Offrono nuove visioni di questa realtà labile, talvolta dissociandosi dai modelli “classici” cui si viene abituati, contemplando errori e immaginari poco definiti.

I frammenti del nuovo millennio

Nel passaggio al nuovo (traballante) millennio, Gabriel aveva 9 anni: “La mia fortuna è stata avere una famiglia unita che ha sempre sostenuto le mie scelte”, racconta. “Un contesto che mi ha influenzato anche a livello artistico, seppur inconscio; in casa infatti arte e design erano sempre presenti”. Stöckli ricorda l’adolescenza come un periodo stimolante e pieno di vita, dove la scelta di dedicarsi all’arte avviene senza dilemmi, in modo del tutto naturale. Durante il liceo artistico matura la volontà di proseguire gli studi e specializzarsi alla NABA (Milano), dedicandosi prima a pittura e arti visive e in seguito a un biennio specialistico in arti visive e studi curatoriali. “Sono stati anni molto stimolanti e fondamentali per me, sia a livello formativo con compagni e professori, con cui ancora oggi sono in contatto, sia con la città vasta di proposte”. Attualmente vive tra Chiasso e Milano dove condivide un atelier con altri creativi: “Non sono solo colleghi ma si tratta di amici, la stima reciproca è molta”, mi dice. “Milano è una città che frequento molto e dove conduco piacevolmente parte del mio quotidiano”.


“Seven layers” (2020)

Un’arte, molti registri

“L’ispirazione è un carburante instabile, può portare grandi gioie e risultati come problematizzare il proprio operato, penso che questa dualità sia proficua, così da poter restare critici ed entusiasti”. Al momento, Gabriel sta lavorando ad alcune idee che includono discipline differenti, è tutto in fase embrionale ma il carburante sta fluendo in abbondanza… La sua ricerca ha una forte componente sperimentale, in cui la curiosità è fondamentale e integra più tecniche. “Mi piace seguire la produzione dell’opera in prima persona senza delegare a terzi, così facendo mi trovo spesso a confrontarmi con materiali e strumentazioni diversi”. Il risultato sono opere che integrano elementi di riflessione politica, poesia e gioco. “Mi piace fruire l’arte insieme al contesto, le personalità, i dettagli, le mode eccetera. Motivo per cui mi risulta parecchio difficile scegliere solo un registro”, spiega. “Difficilmente nelle mie opere troverai messaggi chiari e diretti, generalmente parto da suggestioni personali perlopiù semplici, che reputo significative da rappresentare in svariati modi sono visioni e oggetti che appartengono a un immaginario collettivo e che vorrebbero attivare nell’altro un ricordo, una narrazione personale eccetera”. La scelta di esprimersi con composizioni di frammenti, una tendenza artistica che si è affermata con la beat generation, è particolarmente affine a raccontare il quotidiano caleidoscopico che caratterizza questo momento storico: “Gli anni Sessanta e la tendenza di cui parli sono effettivamente un riferimento importante per me, nello specifico vorrei citare Joan Jonas, artista americana che ha scritto la storia della performance. Mi interessa la struttura non lineare bensì circolare della sua opera che è colma di risonanze e riflessi, ritorni e riferimenti, ed esprime un punto di vista composito, rizomatico”.


© G. Tosi
“Hey” (2021)

Presto a Parigi

Sebbene passi parecchio tempo in Italia, Gabriel conosce bene la realtà artistica locale, sia come artista sia come operatore culturale. Infatti, da diversi anni codirige l’associazione non profit ‘Sonnenstube’… “Si tratta di uno spazio espositivo itinerante attivo a Lugano e ben riconosciuto in Svizzera. In Ticino c’è una scena attiva ed energica, c’è un buon sostegno anche se sono dell’idea che si potrebbe fare qualcosa di più. Dico questo in riferimento a esempi reali che conosco Oltralpe”. Oltre a occuparsi di ‘Sonnenstube’, Gabriel si divide tra la preparazione di progetti, concorsi, per ottenere i finanziamenti necessari per realizzarli. Non avendo un’entrata economica fissa, esegue inoltre diversi lavori, non solo in ambito culturale: “Attraverso programmi di residenza per artisti, borse di studio e iniziative culturali penso che la Svizzera abbia una buona offerta, non è sempre facile essere selezionati e questo può sconfortare, la perseveranza e la serietà sono sicuramente componenti necessarie per raggiungere dei risultati, senza bruciare le tappe”.
A breve Gabriel Stöckli partirà proprio per una residenza artistica a Parigi, che lo terrà occupato per diversi mesi: “Questa occasione mi permetterà di dedicarmi quasi esclusivamente alla mia pratica artistica. Inoltre, la residenza è spesso un ottimo contesto dove conoscere nuove persone e coltivare nuovi legami. Penso che in qualsiasi settore avere la possibilità di fare esperienze altrove sia arricchente a prescindere”. Oggi è felice del percorso che sta facendo, su misura rispetto alla sua sensibilità e al suo interesse per gli ambiti artistici non profit e indipendenti. L’anno scorso, in uscita dalla pandemia, ha pubblicato un’edizione in tiratura limitata del catalogo Hey per ComplicePress (Lugano) e inaugurato una mostra personale alla Gelateria sogni di ghiaccio (Bologna), due progetti recenti dei quali è molto felice. Quando gli chiedo come si vede nel futuro, mi risponde che non ha una visione precisa; preferisce focalizzarsi sul presente, ma col desiderio di continuare a crescere. Approdando un giorno, in quest’universo d’incertezze, a delle isolette (possibilmente) sicure.


“Cuori” (2021)


“Dancing” (2022)

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