Ombretta Moccetti: a proposito di ricordi e di memoria

È la principale referente per il Ticino di Alzheimer CH. Un impegno che la porta a confrontarsi col dolore di chi vede genitori e familiari “spegnersi”

Di Natascia Bandecchi

Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, allegato del sabato a laRegione.

È nata il 7 giugno 1958, evento che coincide più o meno con lo stabilirsi della sua famiglia nella casa doganale di Figino. Suo padre Luigi faceva la guardia di confine. Sulla riva opposta del lago Ceresio – in territorio italiano – c’è Brusimpiano, località che le rimarrà indelebilmente nell’anima. Fin da bambina adora le bambole, ne colleziona 40, con cui inizierà ben presto a fare ‘il gioco della scuola’, lei maestra di tutte loro. Si presagiva già allora che l’insegnamento sarebbe stato la sua via. Conquista un diploma alla Scuola Magistrale ma in cuor suo sente che nella vita ci sarà anche altro a farla vibrare: dedicarsi a persone con difficoltà. Il suo sentire non viene smentito, con il tempo, oltre all’insegnamento diventerà infermiera psichiatrica e, dopo una serie di eventi che hanno il sapore di serendipità, vestirà i panni di responsabile del Centro competenze Alzheimer Ticino.

“Una persona altruista e compassionevole è in genere una donna o un uomo più felice, più sereno”. Così afferma il Dalai Lama che, se fosse qui con me davanti a Ombretta Moccetti, avvalorerebbe il suo pensiero. Mi avvolge una sensazione di calma e di benessere, come se incontrassi qualcuno che conosco da tempo. È tangibile la sua innata capacità di ascoltare, il suo essere vicina senza invadere. “Per me lavorare con dedizione significa lavorare con passione, è un ingrediente di cui le persone che abbisognano non possono prescindere. Per quel che mi riguarda credo sia un dono. Sono credente e sento di essere nata con questa peculiarità. Ho sempre lavorato con persone con dei limiti (psichici o cognitivi) e non ho mai enfatizzato le loro difficoltà, bensì ciò che erano in grado di fare. Questo filo rosso che mi univa – e mi unisce – ha sempre forgiato la mia empatia”.

Gina

Nel settembre del 1998 Ombretta pubblica A Brüsinpiàn gariva ul suu: una storia d’Alzheimer (edizioni Giornale del Popolo). Nella quarta di copertina la frase: “Una storia che potrebbe essere la tua”. In queste pagine Ombretta racconta l’esperienza di 12 anni vissuta con sua mamma Gina – che tanto amava il sole sulla riva opposta di Figino – e la malattia. “Adoravo mia mamma, ero legatissima a lei. Ricordo che quando mi accompagnava a piedi all’asilo – erano due chilometri di camminata – restavo alla finestra fino a quando svoltava la curva e non la vedevo più”. Le lacrime non la lasciavano finché i giochi e la pazienza dell’insegnante non la distraevano. “Per non parlare delle colonie estive che passavo a Rodi (Valle Leventina, ndr), un mese senza vedere la mamma: una tragedia. Con il tempo il distacco da mamma Gina è stato un processo naturale che mi ha portata a starle vicina e a supportarla fino alla fine”.


© Ti-Press / Pablo Gianinazzi

Senso di colpa

La figura del famigliare curante è una pedina fondamentale sulla scacchiera di una famiglia in cui c’è una persona bisognosa di cure. “Per molti è normale occuparsi di un proprio caro ma non è scontato. Per me è stato un atto di naturale riconoscenza nei confronti di mia mamma. I miei genitori mi hanno dato le basi per affrontare le difficoltà della vita e ho sentito l’impulso di restituirle un po’ di quello che mi ha saputo donare lei negli anni. Ho avuto la fortuna di integrare mia mamma nella vita mia, di mio marito e mio figlio Mirko”. Il senso di colpa è una sensazione che può affiorare sia nei panni di genitore che in quello di figlio. Ombretta lo sa bene, quando mamma Gina viene ricoverata in casa anziani, è la fine del 1996. Da allora si ritrova improvvisamente ad avere più tempo. La vita non tarderà a portarle un’occasione da cogliere al volo. “Fu una manna caduta dal cielo e un buon modo per non farmi divorare da pensieri belligeranti: accolsi la proposta di sostituire una collega al Centro diurno terapeutico di Lugano, struttura che fa parte delle prestazioni di Pro Senectute Ticino e Moesano e di prendere la responsabilità dell’Antenna Alzheimer. Da un primo impegno lavorativo ridotto, oggi Ombretta lavora full time per la consulenza e per l’organizzazione delle prestazioni nel campo della demenza ed è la principale referente per il Ticino di Alzheimer CH. “Era il momento giusto per cambiare, dopo 20 anni di lavoro diretto con le persone avevo voglia di passare alla consulenza per le famiglie”.

Diventare nessuno

Quando si parla di Alzheimer con i famigliari aleggia la paura del diventare “nessuno” agli occhi del proprio caro. “Gli si può perdonare che non si ricordino di determinati eventi – sorride mentre lo dice – ma quando si tratta di sentirsi dimenticati, e magari si è il partner, i figli o nipoti, quello molto spesso è motivo di destabilizzazione emotiva. A proposito di emozioni e parlando del mio intimo: è stato doloroso quando morì mio padre. La reazione di mia mamma fu gelida, sembrava che l’evento le scivolasse addosso e non la toccasse minimamente”.

Memoria del cuore

L’Alzheimer prende il cervello ma la memoria del cuore rimane intatta. “Nella sua essenza la persona affetta da questa malattia c’è. Tutto quello che ha vissuto nella sua esistenza rimane dentro di sé, nessuno potrà portarglielo via. Questa visione dona molta forza a chi vive da vicino una situazione simile”.


© Ti-Press / Pablo Gianinazzi

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