Dennis Caprara e quel Sogno americano

Questa è una storia di emigrazione e di successo, di duro lavoro e di attaccamento alla propria terra. Ce la racconta il cugino Aquilino Caprara, da Biasca

Di Cristina Pinho

Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, allegato del sabato a laRegione.

Si stima che a cavallo tra Otto e Novecento circa 27mila ticinesi siano emigrati in California per lavorare come mandriani o mungitori di mucche. Vittorio Caprara, originario di Biasca, è stato uno di loro. Da quando si è trasferito nella contea di Monterey ha svolto lo stesso mestiere, per pochi soldi, fin quasi alla pensione. Suo figlio Dennis, nato nel 1946 e venuto a mancare il 12 aprile scorso, nonostante le umili origini ha invece fatto fortuna – molta fortuna – riuscendo a realizzare il tanto ambito Sogno americano. Una conquista a cui è arrivato lavorando alacremente, senza però mai mettere in secondo piano i rapporti umani e serbando un forte attaccamento alle sue radici ticinesi. Lo ricordiamo con le parole del cugino Aquilino Caprara.

Tra i luoghi della geografia circostante che più legavano Dennis Caprara alle sue origini ticinesi c’era la cantina nella vecchia casa di Gonzales – contea di Monterey, catena costiera a sud di San Francisco – in cui il papà Vittorio custodiva come un tesoro i ricordi della sua vita oltreoceano: fotografie della Biasca di una volta, cartoline dai parenti, fiaschetti di vino, bottiglie di grappa. Dal papà, emigrato nel 1929 dal borgo rivierasco, Dennis ha ereditato due caratteristiche a cui ha tenuto fede fino al suo ultimo giorno di vita: la pratica del dialetto di Biasca e la dedizione per il lavoro. Ed è proprio quest’ultima, unita a una grande caparbietà, ad averlo fatto diventare uno dei più grandi imprenditori della California. In una terra sulla cui redditività nessuno avrebbe puntato un dollaro è riuscito a costruire un impero miliardario coltivando ortaggi. Dal cuore delle Tre Valli, a raccontare questa storia fuori dall’ordinario è suo cugino Aquilino Caprara.

Dalle stalle alle stelle

“Mio zio Vittorio era impiegato a Biasca presso la fabbrica Walder per la torcitura del cotone – esordisce Aquilino –. A 23 anni ha deciso di andare a cercare fortuna negli Stati Uniti. Giunto a Gonzales ha trovato lavoro come mungitore di mucche presso un ranch di ticinesi, e ha conosciuto e poi sposato Anne, una signorina figlia di emigrati verzaschesi. Hanno avuto due bambine e poi è nato Dennis”. Confrontata con uno stipendio esiguo e i tempi bui della Grande depressione, la famiglia doveva arrangiarsi con i pochi mezzi a disposizione: “Spesso in tavola c’erano solo riso e latte o pancotto, una zuppa fatta di pane e acqua. Tuttavia, nonostante le ristrettezze, Dennis ha concluso gli studi ordinari e si è diplomato alla scuola agricola, trasformando in mestiere quella che fin da bambino era una sua grande passione”.
A quell’epoca la pianura della California, a differenza delle colline più fertili, era una terra dura adibita unicamente al pascolo. Così quando Dennis è andato a chiedere un prestito in banca con l’idea di iniziare a coltivarla, questo gli è stato seccamente rifiutato. “La consideravano un’impresa impossibile. Ma lui non si è perso d’animo e si è messo in società con un amico, Sonny Rianda, anche lui di origini ticinesi”. E così, insieme, hanno iniziato la loro scalata nell’imprenditoria agricola. “Dopo qualche anno, di comune accordo, hanno deciso di separare le loro strade, mantenendo però sempre dei buoni rapporti. Sonny si è dedicato al commercio di trattori mentre Dennis ha proseguito con la coltivazione della verdura”. Per dare un’idea della vastità raggiunta dalla sua azienda, nel momento in cui è venuto a mancare possedeva oltre 36 milioni di metri quadrati di terra e impiegava circa 500 lavoratori.


© Ti-Press
Luglio 2011: Dennis Caprara con i familiari, ripresi nel parco di un albergo di Minusio in uno dei suoi rientri in Ticino.

Affari e affetti

“Sono andato a trovarlo diverse volte in America – ricorda Aquilino –. Passavo intere giornate con lui accompagnandolo al lavoro. Era instancabile, iniziava il giro dei campi con il suo veicolo alle quattro del mattino, e quando doveva raggiungere quelli che si trovavano in una vallata differente, prendeva il suo piccolo aeroplano. I dipendenti avevano molta stima nei suoi confronti. Sapeva farsi valere ma era anche molto affabile, rideva e scherzava con tutti. Di ritorno dal giro si fermava dagli anziani che conosceva e lasciava loro dei sacchetti di verdure fresche. Erano sempre tutti molto contenti di vederlo”. Verso le 9 c’era poi l’incontro con i fornitori – molti di origini svizzere – in una casa in centro al paese di Gonzales. “Mentre Dennis cucinava il bacon per la colazione, discutevano di affari, di politica e dei più disparati argomenti e ogni tanto giocavano pure a carte. C’era un’atmosfera molto conviviale, era davvero bello stare lì. Poi continuava il lavoro fin verso le 16”. Ad aiutarlo a condurre l’azienda c’erano la moglie Janice e i loro tre figli, rimasti ancora attualmente a condurre tutta l’attività. “La sua famiglia era ciò di cui andava più orgoglioso in assoluto”. Per il suo operato ha ricevuto numerosi premi, per esempio quale miglior coltivatore dell’anno della California. “Era pure molto impegnato nella società: faceva parte di diverse associazioni benefiche, sosteneva molte scuole, presiedeva vari club. Era una persona conosciutissima, tanto che al suo funerale era presente un membro del Congresso che ha tenuto un discorso”.

‘Semm ammò viv…’

Tra le attività che amava particolarmente c’erano anche le vacanze in Ticino. “Quando era qua ci teneva a riunire tutti i suoi parenti, a cui era strettamente legato, spesso organizzando delle cene al grotto. Gli piaceva pure far visita ai tanti ticinesi passati da casa sua, che era diventata un punto di riferimento per molti che andavano in California”. I due cugini, fra di loro, parlavano dialetto, “l’italiano lui non lo conosceva. Eravamo molto uniti, ci telefonavamo quasi tutti i mesi per scambiarci le ultime notizie e chiacchierare. L’ultima volta che l’ho sentito – racconta Aquilino con voce spezzata dalla commozione – era nei campi di insalata, quando gli ho chiesto come stava mi ha risposto con la sua solita allegria ‘semm ammò viv’. Circa un’ora dopo la nostra conversazione un attacco di cuore se l’è portato via… Ha lasciato un grande senso di vuoto in tutti quelli che l’hanno conosciuto. A me diceva sempre ‘se hai bisogno non esitare, chiamami’. A interessargli sopra ogni cosa erano i legami con le persone. Benché si fosse fatto una posizione importante, non ha mai messo davanti il suo potere, i suoi soldi e non ha mai dimenticato da dove veniva”.


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Dennis Caprara, morto lo scorso 12 aprile.

 

 

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