Gian Paolo Minelli, fotografo chiassese in Argentina
Da 21 anni in Sudamerica, il ticinese si può considerare un vero “ambasciatore dell’arte” tra il Ticino e l’Argentina
Di Emiliano Guanella
Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, allegato del sabato a laRegione.
Gian Paolo Minelli nasce nel 1968 a Ginevra, la sua infanzia e adolescenza è a Chiasso. Inizia ad appassionarsi alla fotografia già alle scuole superiori. Dopo gli studi vince una borsa federale per una residenza artistica a Roma, esperienza che ripeterà anche a Berlino e Parigi. È a Buenos Aires che incontra la sua dimensione completa; artista, esploratore urbano, partecipa a progetti culturali e sociali. È tra i coordinatori della casa svizzera per artisti, che da anni riceve, a rotazione, borsisti da tutti i cantoni della Confederazione. Senza mai dimenticare la famiglia; la moglie Elisabeth e i suoi tre figli Hugo, Dante e Pietro.
Da 21 anni in Sudamerica, l’artista di Chiasso Gian Paolo Minelli si può considerare un vero “ambasciatore dell’arte” tra il Ticino e l’Argentina. Dopo aver trascorso una residenza artistica a Roma e aver vinto il premio federale delle arti applicate nel 1999 è partito alla volta di Buenos Aires, una città che aveva già conosciuto e che lo affascinava particolarmente. Si avvicina fin da subito a Villa Lugano, nella periferia sud della città, un quartiere fondato da immigrati ticinesi alla fine dell’Ottocento. La Lugano argentina è profondamente diversa da quella “originale”, inserita in un contesto urbano difficile di marginalità e povertà. “Ho capito che per poter fare un lavoro serio su una realtà così complessa dovevo rimanere più tempo”.
La sua storia diventa così simile a quella di molti emigrati che trovano, lontano da casa, un nuovo luogo per vivere. “Ho iniziato a rimandare il ritorno più volte. Alla fine, ti rendi conto che hai costruito una nuova vita e decidi di restare”. A Buenos Aires, che con la sua sterminata periferia ha quasi il doppio degli abitanti della Svizzera e radici sempre molto profonde con il Vecchio Continente, Minelli vive l’esperienza del default, la bancarotta argentina del 2002, poi la ripresa e infine la nuova crisi economica, che continua ancora oggi. Un Paese dove si vive costantemente sulle montagne russe, ma nel quale ha creato vincoli affettivi e professionali profondi. “Buenos Aires rimane per me molto affascinante. C’è il lato europeo, retaggio della grande emigrazione del secolo scorso, ma anche i contrasti tipici di una grande metropoli sudamericana. Sono tante città in una e non si finisce mai di scoprirla”.
Case popolari
Fotografo, artista, esploratore urbano, Minelli ha lavorato negli ultimi anni con l’Istituto delle abitazioni popolari, in un progetto per dare nuove case alle famiglie poverissime che vivono sul bordo del Riachuelo, un fiume inquinatissimo che i politici promettono da anni di ripulire. Il suo lavoro centrato su una di queste Villas miserias, la numero 26, è stato esposto recentemente alla Casa Pessina di Ligornetto. “In questo tipo di progetti ritrovo appieno il senso e la funzione sociale della fotografia artistica, sento di poter dare il mio contributo per migliorare le vite delle persone”. Il legame con la Svizzera e il Ticino in particolare non si è mai interrotto. Coordina una casa svizzera per artisti nel quartiere della Boca, che riceve ogni sei mesi tre borsisti da diversi cantoni. E poi ci sono i viaggi. “Torno almeno due volte all’anno per periodi mai inferiori a un mese. Questo mi permette di mantenere contatti professionali, di realizzare progetti, mostre ed esposizioni”. Collabora anche come docente invitato presso la New York University e l’Università di Princeton.
Reinvenzioni pandemiche
La pandemia ha rivoluzionato, anche in Argentina, la vita di tutti. “Il 2020 è stato molto duro, quando in Svizzera le cose miglioravano noi abbiamo affrontato una delle quarantene più lunghe al mondo. Adesso regna l’incertezza”. Minelli ha tre figli, uno è studente universitario, gli altri due sono molto più piccoli. “L’assenza dell’asilo e della scuola è stata molto pesante, ci siamo dovuti reinventare, facendo sempre molta attenzione a non contagiarci”. Professionalmente è stato un periodo per reinventarsi. “Per la prima volta in 21 anni sono fermo a Buenos Aires da tantissimi mesi. Ho imparato ad essere più presente sui ‘social media’, a lavorare a distanza; qualcosa che rimarrà in futuro, anche se il contatto umano per un artista è essenziale”. Il futuro è pieno di interrogativi. “In Argentina si sta registrando un aumento della povertà vertiginoso, il clima politico non è dei migliori. Anche se mi sono abituato ai continui cambi di scenario, devo confessare che questa volta i timori per il futuro sono maggiori, anche perché non siamo ancora usciti del tutto dalla pandemia”.
Minelli non ha invece dubbi riguardo alla prima cosa che farà quando finirà la pandemia. “Voglio viaggiare e riprendere progetti che sono rimasti nel cassetto. La prima destinazione sarà sicuramente la Svizzera e il Ticino; lì ci sono i miei genitori, mio fratello e mia sorella ed è il posto dove riesco davvero a ricaricare le batterie”. Voglia, come tutti, di ripartire, più forte di prima.